Perché il centrodestra non vuole candidare l’attuale presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, alle prossime elezioni regionali del 2020?

Musumeci è in seria difficoltà con la sua stessa coalizione. Attualmente nel centrodestra sono in pochi – almeno così dicono – a volerlo ricandidare. Motivo? “Il governatore non riesce a garantire tutti i partiti dell’alleanza”. Perché? Qui le nostre fonti divergono sulle ragioni: c’è chi parla di incomprensioni, di divergenze, di vere e proprie rotture, e c’è chi dice e non dice, giochetto tipicamente siculo per non esporsi troppo, specie quando si parla di soldi e di persone legate ai soldi.

Tanti soldi. Quali? Ad esempio quelli del Recovery fund. Che fanno gola a tanti. Ecco allora che scattano i distinguo, le frasi lasciate a metà, il detto e non detto.

Traduciamo: all’interno del centrodestra c’è agitazione per diverse ragioni. Il Recovery è una di queste, forse la prima, perché – va ricordato – quei soldi fanno gola. E siccome, secondo fonti interne, Musumeci non viene visto come un “accontentatore” di tutti, non godrebbe i favori del pronostico. Ma ancora c’è un anno. E lui ha dimostrato di avere molte risorse per recuperare. Anche un centrodestra con due candidati, offrirebbe alla coalizione avversaria un vantaggio straordinario. 

Attualmente nel centrodestra siciliano c’è un asse di ferro costituito dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè (commissario di Forza Italia in Sicilia, che quattro anni fa ha dovuto ingoiare il rospo Musumeci, che lui non voleva assolutamente) e dal ragusano (di Modica) Antonino Minando detto Nino, potente figura di imprenditore emergente, deputato nazionale, transitato da Berlusconi al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, per approdare infine, nel 2019, alla Lega di Matteo Salvini, di cui è diventato commissario nell’Isola, malgrado una condanna definitiva (2014) a otto mesi per abuso d’ufficio (pena sospesa) per una vicenda legata al ruolo di presidente del Consorzio Autostrade Siciliane, che l’esponente politico ricoprì nel 2007.  

Possibile che Salvini (col quale Musumeci aveva saldato un’alleanza di ferro un paio di anni fa, al punto da considerare l’”amico Nello” come ospite d’onore a Pontida, dove quest’ultimo ha perorato la “sicilianità della Lega”) abbia girato le spalle al governatore siciliano? Nel centrodestra dicono di sì. Anzi, dicono pure che Musumeci si stia avvicinando a Fratelli d’Italia per tentare di rompere l’isolamento.

L’asse Miccichè-Minardo potrebbe diventare un “triangolo” per la presenza, sempre più intensa, del sempiterno Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l’autonomia (Mpa), attualmente sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Scriviamo “potrebbe” per la politica double face dell’ex presidente della Regione, abituato ad allearsi indifferentemente sia col centrodestra che col centrosinistra. Non va dimenticato che l’attuale segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, proveniente dalle fila dell’Mpa, non risulta che abbia rotto i ponti (politicamente parlando) col suo ex leader: anzi, in certe realtà locali, risulta esattamente il contrario.

Il nome che, come candidato del centrodestra, finora è emerso da certe indiscrezioni  giornalistiche è quello del sindaco di Messina Cateno De Luca, ma francamente sembra più una notizia destinata ad alimentare il gossip, che ad essere considerata attendibile, non fosse altro che per l’eccentricità del personaggio.

Una figura che attualmente viene vista di buon occhio (“rinsalda certi equilibri ormai rotti”) per la prossima candidatura a governatore del centrodestra è l’ex sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, oggi parlamentare europeo di Fratelli d’Italia (oltre 30mila preferenze), dopo essere stato tra i fondatori di Diventerà bellissima, il movimento siciliano di cui Nello Musumeci è il leader.

Non è la prima volta che Musumeci e Stancanelli – pur facendo parte dello stesso ceppo culturale: entrambi provengono dal Movimento sociale italiano – a un certo punto si dividono: basta vedere cosa avvenne alle elezioni amministrative di Catania del 2008, quando Stancanelli – appoggiato da tutto il centrodestra – fu eletto sindaco al primo turno  con il 59,59  per cento dei voti, surclassando Musumeci – presentatosi da solo – che ottenne il 25,16.

Altre epoche, altre storie, certo. Nel frattempo l’attuale governatore, presagendo future sconfitte, ha capito che l’alleanza è l’unico modo per vincere. E quattro anni fa si è alleato perfino con quegli “impresentabili” di cui, fino a poco tempo prima, aveva detto peste e corna, diventando presidente della Regione.

In questo quadriennio è stato lui a dover ingoiare i rospi più amari: dai franchi tiratori agli attacchi provenienti dalla sua stessa maggioranza. Musumeci ha cercato di mantenere il consueto aplomb, ma due sciagure che negli ultimi tempi si sono abbattute sull’Isola, lo hanno certamente indebolito: la prima è stata la pandemia, la seconda gli incendi. Sciagure planetarie, ovvio, ma il primato italiano (in negativo) dei contagiati, dei vaccinati  (cui, per restare in tema, si aggiunge l’”incidente” dello “spalma morti” del suo assessore alla Salute Ruggero Razza), e dei roghi che hanno devastato l’Isola, hanno portato i suoi avversari interni a prendere come pretesto queste vicissitudini per disarcionarlo. E a dire: “Ma non era stato Musumeci, ad inizio di legislatura,  a dire che non si sarebbe ricandidato? Il patto riguardava solo gli ultimi cinque anni, non il resto”.

Lui continua a governare e a tessere la sua tela. Apparentemente si mostra imperturbabile, in privato non sappiamo. Certo, quella foto che lo ritrae a una cena in quel di Castel di Iudica con una ventina di commensali senza mascherina, non ha rafforzato la sua immagine: basti pensare che il sindaco del paesino della Piana di Catania gli ha sferrato un attacco senza precedenti, accusandolo di essere incoerente con le ordinanze anti Covid che lo stesso Musumeci aveva emanato.

Chi dice di voler stare al di sopra delle parti (“né col centrodestra, né col centrosinistra”) è l’ex governatore Totò Cuffaro, che con la sua Democrazia cristiana sta lavorando per le amministrative che si svolgeranno  nel prossimo autunno (in Sicilia sono in ballo diversi comuni importanti: solo nel catanese Misterbianco, Caltagirone e Adrano) cercando di piazzare qualche sindaco importante, in modo da trattare per le regionali da una posizione di forza.

Incertezza anche nel centrosinistra, dove, al momento, a godere i favori del pronostico è il presidente della Commissione antimafia regionale Claudio Fava, anche se si fa il nome dell’ex ministro per il Sud e la coesione territoriale (governo Conte due) Vincenzo Provenzano, vicesegretario del Partito Democratico dal marzo scorso. Ma di questo avremo modo di parlare in futuro.

Nella foto: il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci

Luciano Mirone