Un sit in, quello di ieri, per dire “basta” ai gravissimi rapporti fra mafia e politica, a causa dei quali il Consiglio dei ministri – su relazione del prefetto di Catania, Maria Carmela Libbrizzi – ha sciolto il Consiglio comunale di Randazzo (Catania), attualmente retto dai commissari prefettizi. Quello che segue l’intervento del dott. Domenico Palermo,  presidente dell’Associazione “Civitas”, che ha organizzato l’evento.   

L’intervento di Domenico Palermo davanti al municipio di Randazzo (Catania). Sopra: un momento della manifestazione 

1.   Randazzo è una città ferita, colpita mortalmente al cuore della sua istituzione più rappresentativa: il Comune o, come si diceva una volta, “la Comune” per indicare la casa di tutti. È un fatto innegabile, oggettivo. Chi, ostinatamente, continua a far finta di niente, assomiglia a colui che non ha la forza di reagire al dolore che provocano i grandi lutti. Ma tutti sanno che fino a quando permane la negazione della perdita non si sarà capaci di reinvestire le proprie energie su nuovi obiettivi.

Di chi la colpa? Non sta a noi accusare chicchessia. Nello stato di diritto in cui viviamo, e in cui crediamo, spetta alla magistratura stabilire chi è colpevole e chi innocente. Sul piano politico, però, non v’è dubbio che la responsabilità dello scioglimento per mafia del Comune va ai partiti che hanno amministrato il Comune negli ultimi anni, e soprattutto negli ultimi cinque anni. Certamente in misura diversificata, a seconda dei ruoli ricoperti, ma senza eccezioni. Ci spettiamo, perciò, una seria riflessione dai vertici di quei partiti, sperando che, prima o poi, essi sentano il dovere di rompere questo assordante silenzio.

Uno dei tanti cartelli esposti durante l’esibizione di uno dei gruppi musicali

2.   Quello che più interessa noi, però, – e crediamo di interpretare il pensiero della maggioranza della popolazione – è il piano sociale di questa vicenda traumatica, sul quale tutti – ma proprio tutti – siamo chiamati ad interrogarci. Siamo tutti coinvolti, nessuno può sentirsi assolto: le generazioni future chi chiederanno conto, infatti, del paese che stiamo loro consegnando. Un paese che, stando a quanto si legge nella relazione prefettizia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, è gravemente esposto:

–          alla violenza e alle intimidazioni mafiose;

–          alle estorsioni e al pizzo nei confronti di chi fa impresa;

–          al traffico e allo spaccio di droga;

–          al traffico di armi;

–          ad una crescente microcriminalità;

–          ad una illegalità diffusa;

–          allo sperpero del patrimonio pubblico;

–          alla compressione della partecipazione democratica.

3.   Siamo grati, perciò, al Presidente Mattarella, alla Presidente Meloni, al Ministro Piantedosi, al Prefetto Librizzi, alla Commissione d’indagine e ai Carabinieri per avere messo fine all’uso privatistico della cosa pubblica. E diamo il benvenuto alla Commissione Prefettizia (Dott.ssa Caliò, Dott. Gambadauro, Isabella Giusto) con la quale dobbiamo e vogliamo avere un rapporto di assidua collaborazione per il ripristino della legalità. Ma alla quale chiediamo, nel contempo, una chiara discontinuità nell’azione amministrativa del Comune che si espliciti innanzitutto. Se questo paese è inquinato da forze e interessi mafiosi, questo paese va liberato dalla mafia e dagli interessi mafiosi. E devono iniziare a farlo i Commissari, indicandoci loro, che conoscono gli atti, la strada da percorrere, dando un segnale chiaro di rinnovamento negli uomini e nelle donne che governano il Comune, perché se questi sono quelli indicati nella relazione prefettizia, quegli uomini e quelle donne vanno rimossi dai loro incarichi.

Un altro momento dell’eventi di ieri 

Quanto a noi, chiediamo:

–          che vengano revocati tutti gli atti amministrativi che hanno compresso la partecipazione popolare, a partire dalla famigerata Delibera di Giunta n. 34/2019, peraltro illegittima per incompetenza;

–          che nel momento in cui il paese ha visto azzerati tutti gli organi di rappresentanza politica, si proceda almeno alla costituzione delle Consulte previste dallo Statuto del Comune e, in primo luogo, di quella per i “Giovani e lo Sport” e di quella delle “Associazioni”;

–          la valorizzazione del patrimonio immobiliare comunale, a partire dall’ex Collegio “S. Basilio” (che, è bene ricordarlo, è di proprietà del Comune), dell’ex collegio di S. Caterina e dell’ex Cinema Moderno, esempi scandalosi di abbandono all’incuria e a privati di beni pubblici;

–          l’adozione di un Regolamento sull’amministrazione condivisa: avevamo anni fa, insieme ad altre Associazioni, presentato una proposta che mai l’Amministrazione disciolta ha degnato di considerazione.

4.   Randazzo è una città ferita, ma solo curando in profondità queste ferite essa può risollevarsi: non servono pannicelli caldi, né cure palliative. E non bastano, da soli, neanche i Commissari. È necessario che tutti noi, insieme, rifondiamo la nostra comunità, diventandone parte attiva, senza deleghe in bianco a nessuno. Possiamo farcela se saremo capaci di ritrovare il senso dell’appartenenza a questo paese.

104 anni fa – era il 25 luglio 1920 – in questa piazza, i baroni del tempo ordinarono di far fuoco sulla folla che reclamava da mangiare. Fu una strage: 7 morti e 14 feriti. Ma il paese si riprese, lentamente e nonostante il fascismo.

80 anni fa il paese fu raso al suolo dai bombardamenti anglo americani, con la distruzione dell’80% dell’habitat. 

Ma anche questa volta, i randazzesi trovarono la forza di ricominciare.

Anche oggi, di fronte a questo disastro, di fronte al crollo della nostra casa comune, se ritroviamo le ragioni dell’unità e dei legami verso il nostro paese, avremo la forza e le risorse per salvare Randazzo da chi vuole asservirla, per interessi di parte, alla mafia.

Redazione