È trascorso un mese dall’annuncio della non-candidatura del sindaco di Belpasso Carlo Caputo per le prossime elezioni amministrative (giugno 2018) e ancora il primo cittadino non spiega i motivi di una rinuncia che per molti ha del clamoroso, non foss’altro per l’ambizione che ha sempre contraddistinto l’attuale primo cittadino. Possibile che dopo trenta giorni, quel messaggio stia ancora annegando in un mare di silenzio, mentre in città i pettegolezzi si rincorrono e ognuno fa le ipotesi più disparate?

Nell’articolo redatto alcuni giorni dopo l’annuncio, abbiamo scritto che se le cause sono personali abbiamo il dovere di rispettarle, ma in quel caso il sindaco ha il dovere di dichiararlo espressamente (“Signori scusate, ma si tratta di ragioni esclusivamente private su cui non sono tenuto a fornire spiegazioni”), ma se sono politiche, Caputo stesso, anche se non è obbligato, dovrebbe sentire il dovere morale di renderle note, quantomeno per una questione di rispetto nei confronti dei cittadini.

LE “RAGIONI PERSONALI”. Per “ragioni personali” intendiamo la salute, il lavoro, lo studio, la stanchezza, la mancanza di entusiasmo nel portare avanti un eventuale secondo mandato, o magari qualcos’altro che in questo momento ci sfugge, ma in ogni caso situazioni su cui nessuno può permettersi di sindacare.

Ma siccome vediamo un sindaco pimpante (al quale auguriamo cento anni di ottima salute), pieno di motivazioni, che si fotografa e si fa fotografare a ogni piè sospinto, l’ipotesi del “motivo personale” francamente non ci sembra la più plausibile, ma forse ci sbagliamo.

LE “RAGIONI POLITICHE”. Per “ragioni politiche” intendiamo invece eventuali rotture o dissapori sorti fra lui e la sua coalizione; future candidature extra comunali come le elezioni politiche che si svolgeranno a marzo (in tal caso il sindaco avrebbe dovuto dimettersi sei mesi prima); nomine in posti di sottogoverno cui Caputo potrebbe essere stato destinato da personaggi politici sopra di lui, o altre ipotesi che non sappiamo. Se si tratta di “ragioni politiche” dunque crediamo che il sindaco dovrebbe dire qualcosa.

Il primo caso investe la privacy, il secondo la polis. La privacy è il luogo in cui una vicenda è giusto che resti avvolta nella riservatezza o nella segretezza. La polis è il luogo del dibattito, della discussione e della chiarezza, dove è giusto parlare pubblicamente.

Più alta è la carica ricoperta, più gli interessati dovrebbero cercare di essere trasparenti. Pensiamo dunque che – in caso di ragioni pubbliche – sarebbe giusto se venissimo informati. Quantomeno per compensare altri misteri sui quali il sindaco non ha mai ritenuto di fare chiarezza. Gli esempi non mancano: dalla mancata costituzione al Consiglio di giustizia amministrativa sulla mega cementificazione di contrada Peschiera alla perdita della Farmacia comunale (anche in questo caso da registrare una mancata costituzione in appello); dal “parcheggio d’oro” di Borrello alla mancata costituzione di parte civile in un processo per usura ed estorsione, come richiesto dalla vittima e da una associazione anti racket.

Luciano Mirone