Istrionico, coinvolgente, affascinante, camaleontico. Gli aggettivi si possono pure sprecare per definire la performance di Jacopo Cavallaro nel suo monologo “Il cielo di Asterione” (scritto e interpretato da lui per la regia di Francesco Russo, con le musiche di Mattia Cavallaro) messo in scena in prima nazionale nella suggestiva location della palazzina liberty del Parco Comunale di Zafferana Etnea, nell’ambito della rassegna di manifestazioni estive “Etna in scena”.
E’ un teatro innovativo, di sperimentazione, quello proposto da Jacopo Cavallaro, che, partendo da miti e storie antiche punta dritto sull’indagine sulla mente umana, risvegliando le nostre capacità di riflessione e di critica.
Jacopo Cavallaro, chi è Asterione?
“Il famoso minotauro, quell’essere orribile per metà toro e per metà uomo nato dall’unione adulterina di Parsife, moglie del re Minosse, con un toro bianco bellissimo mandato al re per essere immolato agli dei. Parlare di Asterione significa parlare di miti, di storia antica. Ma se ne vuole parlare in una chiave diversa, strumentale, che faccia riflettere. Il mio Asterione non è più la temibile creatura divoratrice di fanciulli ma viene rappresentato con una natura umana, meno bestiale, che vuole entrare in contatto con il mondo e condividere il suo dramma con gli spettatori”.
Perché questa prima nazionale a Zafferana, prima di una lunga tournée in giro per l’Italia?
“Zafferana è il mio paese, il luogo dove sono nato e cresciuto, dove ho frequentato le scuole e dove ho incontrato i miei compagni di classe che ancora oggi sono miei amici. Amo la mia terra, l’Etna e la Sicilia ed anche se ora sono spesso fuori per ragioni di lavoro, il mio cuore è sempre rimasto qui. Quindi non potevo non cominciare che da qui, da dove io sono venuto fuori e dove ritorno tutte le volte che voglio. Zafferana Etnea è la mia casa”.
Asterione cosa può insegnarci?
“Può metterci in condizione di scegliere una via, una direzione da seguire sempre all’interno di quel labirinto della mente. Ma soprattutto ci insegna ad amare la diversità. La diversità da intendersi come valore aggiunto e non come qualcosa da combattere. Asterione è un essere diverso. La diversità ci rende unici, non omologati, e diventa un modo per coinvolgere l’altro al di fuori di noi e quindi di vedere le sfumature dei colori del mondo. Asterione riesce finalmente ad uscire dal tunnel dell’ignoranza e del male per immergersi nella luce della verità”.
Rosalba Mazza
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