“Un mostro”. Così Silvia Ferrante definisce l’elettrodotto che Terna – l’ente nazionale preposto al trasporto dell’energia elettrica – ha realizzato davanti alla sua casa in Abruzzo. “Un mostro capace, col tempo, di creare effetti micidiali a chi vive anche a cinquecento metri di distanza per la produzione di campi magnetici”. Silvia ha portato avanti delle battaglie memorabili per scongiurare questo rischio. Alla fine “il mostro” è stato costruito lo stesso, ma Silvia non si dà per vinta: “Metto la mia esperienza a disposizione di tutti, in modo che altrove non si ripeta uno scempio del genere”.

Silvia Ferrante, l’attivista che in Abruzzo ha fatto una battaglia per scongiurare il pericolo che l’elettrodotto fosse costruito a ridosso della sua casa

Il nostro “altrove” è Belpasso (Catania), dove si prevede il passaggio di un elettrodotto realizzato da Terna. Silvia, nelle carte si parla di una energia pari a 380 Kv. Che vuol dire?

“E’ la potenza massima (si tratta di 380mila Volt) del trasporto dell’energia elettrica: parliamo di altissima tensione. Insomma, un’autostrada di energia elettrica”.

Nella prima puntata hai detto che secondo autorevoli scienziati la nocività causata dai campi elettromagnetici mette a rischio chi si trova anche a 500 metri di distanza.

“Nel 2011 l’Istituto di ricerca sul cancro (Iarc) ha inserito i campi elettromagnetici come fonte cancerogena. Nel 2016 il Ramazzini, un istituto di Bologna che da anni segue questi fenomeni, ha confermato che l’esposizione ai campi elettromagnetici generata dai grandi elettrodotti può avere la sua influenza fino a 500 metri”.

Si parla anche di un periodo di esposizione?

“Chiaramente si tratta di lunghe esposizioni. Non è che se vado per un minuto vicino a un elettrodotto mi ammalo. È bene, su questa materia, non fare del terrorismo ambientale”.

Lunga esposizione che vuol dire?

“Vivere per diversi anni in un posto influenzato da queste onde. A casa mia stiamo almeno otto ore al giorno a contatto con i ‘campi’: una esposizione lunga. Ovviamente non possiamo calcolare gli anni: tutto cambia da soggetto a soggetto”.

Come è stata motivata, in Abruzzo, la realizzazione dell’elettrodotto?

“Con il fatto che il nuovo impianto doveva sopperire ad eventuali black out che l’Abruzzo avrebbe potuto subire a causa della poca energia di cui dispone. Nel gennaio 2017 nella mia regione si registrò un freddo record, con grandi nevicate, il crollo di diversi tralicci della rete elettrica e una valanga che travolse l’albergo di Rigopiano (29 vittime). Allora alcuni punti della regione rimasero senza energia elettrica per quindici giorni”.

Cosa avete proposto?

“Intanto di rivedere il fabbisogno reale. Quello dell’elettrodotto è un progetto del 2005: dieci anni dopo deve essere adeguato. Nel frattempo l’Abruzzo dispone di parecchie fonti alternative. E poi, siccome esiste già una linea dell’alta tensione che passa parallela a quella nuova (addirittura in alcuni punti si incrociano) è giusto che si potenzi quella che c’è e che in parallelo si faccia manutenzione sulle linee a bassa tensione (tuttora fatiscenti) che portano l’energia nelle case. Che senso ha fare l’elettrodotto ad altissima tensione se l’impianto a bassa tensione è obsoleto?”.

La struttura comunale di Belpasso (Catania) che dovrebbe essere completata grazie al “contributo compensativo” di Terna per la costruzione dell’elettrodotto nel territorio

Nel comune di Belpasso (Catania), per il passaggio dell’elettrodotto è stato previsto un “contributo” a titolo “compensativo”. Si tratta di un risarcimento per un danno prodotto? Quale danno? In Abruzzo è successa la stessa cosa?

“Alcuni comuni hanno trattato proprio su questo: noi facciamo passare l’elettrodotto, ma tu (Terna) mi dai un bel po’ di soldi. Per alcuni piccoli paesi si è parlato di 400, 500, addirittura 900mila Euro. Risultato: su sedici comuni, soltanto tre hanno fatto ricorso, gli altri si sono piegati in nome di questa compensazione. Si sono rifatte certe piazze, certi marciapiedi, certe fioriere. Ma quando sono state chieste le centraline di monitoraggio per il danno causato dall’elettromagnetismo, non sono state date neanche delle risposte”.

Il passaggio di un elettrodotto, oltre a causare danni alla salute (come affermato da autorevoli studi sull’argomento), causa danni ambientali?

“Enormi. Abbiamo visto cose allucinanti. Questi maledetti soldi di risarcimento servono a non farti pensare e a non farti vedere”.

Il termine “compensazione” è riduttivo o si dovrebbe parlare di “risarcimento”. E se c’è un risarcimento, vuol dire che c’è un danno?

“Certo”.

Ma si tratta di un danno alla salute, all’ambiente o a entrambe le cose?

“A tutto”.

Un’altra corrente di pensiero sostiene che se non vogliamo tornare alla candela, questo è il prezzo da pagare.

“Oggi per fortuna abbiamo tante tecnologie che permettono l’utilizzo in loco dell’energia prodotta. Secondo i più grandi scienziati del mondo, bisogna rivedere il nostro stile di vita: non possiamo andare avanti consumando suolo, risorse e vite umane in nome del dio danaro”.

Silvia Ferrante e famiglia

Nella prima puntata hai detto che si tratta di un progetto “strategico”. Puoi spiegare meglio?

“L’elettrodotto è un’opera di carattere europeo che ha origine nel Montenegro (dove ci risulta che non erano state ottenute neanche tutte le autorizzazioni:in compenso hanno bucato il mare) e si collega all’Italia attraverso un cavo sottomarino che passa nell’Adriatico. Quello costruito in Abruzzo passa dalla Puglia, dove con ingenti finanziamenti europei hanno realizzato dei parchi eolici che hanno devastato alcune parti bellissime di quella regione”.

Scusa Silvia, a questo punto rischiamo di non capire: in Puglia hanno fatto i parchi eolici per produrre la stessa energia che importiamo dal Montenegro?

“Certo”.

La stessa energia trasportata dall’elettrodotto?

“Il punto è proprio questo. Ci sono intere regioni devastate dalle pale eoliche, che comunque, sul piano energetico, possono essere auto sufficienti. Perché creare un surplus di energia che giustifichi la costruzione di un grande elettrodotto per trasportarlo chissà dove? Nessuno risponde, ma intanto continuano a devastare tutti questi territori”.

Sono passati oltre due anni da quando, dopo molte battaglie, hanno installato l’elettrodotto accanto a casa tua. Con quale stato d’animo vivi questa cosa?

“Non penso. Non ci voglio pensare e non ci posso pensare. La cosa più semplice che ho pensato è stata quella di andare via, ho un figlio piccolo, come posso farlo vivere qui sotto? Dopodiché bisogna fare i conti con la propria vita: sono una persona di bassissimo reddito, anzi spesso nemmeno ce l’ho: dove vado a prendere un’altra casa? E poi: perché me ne devo andare? C’è un insieme di emozioni che va dalla rabbia alla depressione. Il bel giardino adesso ha acquisito l’ombra sinistra di un mostro. Ma nello stesso tempo coltivo la speranza di lanciare un messaggio ad altri: che la nostra storia sia di esempio a chi non ha ancora vissuto questo incubo. Per rimediare”.

Hai ancora un contenzioso con Terna Spa?

“Dopo tutte quelle incredibili richieste risarcitorie per le quali ho accettato di andare davanti al giudice, improvvisamente Terna non si è presentata in Tribunale facendo decadere ogni accusa. Evidentemente c’era la strategia di sfiancarti sul piano psicologico e poi addivenire a patti. Io non sono scesa a patti con nessuno. In ogni caso, resta la consolazione che avevo ragione”.

Cosa risponde Terna?

“Che non si corre alcun pericolo e che le tecnologie utilizzate sono all’avanguardia”.

Quindi indirettamente dicono che i risultati degli esperti dell’Airc e dell’Istituto Ramazzini di Bologna sono infondati?

“Evidentemente hanno altri studi che dicono il contrario”.

Quali sono le alternative?

“Gli studiosi che si occupano della salute si limitano a dire che non bisogna esporre le persone ad un contatto frequente con le onde elettromagnetiche. Noi invece che con questo problema ci conviviamo diciamo che si potrebbe pensare all’auto produzione e all’auto consumo di energia: è importante che tutti, a cominciare dalle zone industriali, si dotino di pannelli fotovoltaici sui tetti. È un tema che oggi, pensando ai cambiamenti climatici in atto, è di grande attualità. Dobbiamo ripensare il mondo. Non c’è tempo”.

Luciano Mirone

2^ puntata. Continua