Lei è immobile in quella bara di vetro che, dopo essere arrivata a Belpasso, proveniente da Siracusa, viene portata fino alla chiesa Madre ed esposta dapprima sul sagrato e poi sull’altare. Le mani, i piedi e le caviglie affusolate di una ragazzina di ventun anni, raggrinziti e scuri, le vene appena accennate; a croce e adagiate sul petto le une, piegati verso l’interno gli altri.
Il resto del Sacro corpo di santa Lucia è coperto. Coperto il capo con una montatura voluta negli anni Sessanta da Papa Giovanni XXIII (la “maschera d’argento”, come viene definita, con la fronte, il naso, le labbra, le orecchie e i capelli finti). Coperto il resto da un indumento rosso con disegni dorati.
Ma adesso – per la prima volta nella storia di questa comunità distrutta nel XVII secolo, prima dall’eruzione e poi dal terremoto – sul sagrato e sull’altare della Matrice non c’è la statua della Patrona, con quel volto angelico, la preziosa corona in testa e l’oro che le copre il petto.
Adesso c’è il Corpo minuto, minuscolo e piagato di una ventunenne che millesettecentoventi anni orsono (304 dopo Cristo) fu martirizzata con le sevizie più atroci durante l’impero di Diocleziano per ordine del prefetto Pascasio. Era colpevole di essere “cristiana”, di avere sposato il pensiero di un rivoluzionario, Gesù Cristo, che predicava l’amore e la pace come alternativa alla guerra e alla violenza dell’esercito romano.
Un Corpo che squassa l’anima e fa vibrare la terra, più di quelle bombe sparate all’impazzata ogni 13 dicembre, quando la patrona, dopo essere stata issata sul fercolo d’argento, viene posta davanti alla chiesa per iniziare la festa.
Stavolta c’è una solennità, un misticismo e una religiosità che si possono esprimere solo col silenzio. Una solennità, un misticismo e una religiosità che vanno oltre il silenzio e non si possono spiegare, mentre il tramonto si perde dietro le montagne, il venticello accarezza le nevi dell’Etna e arriva fino a noi, il tocco possente della campana ‘ranni, discretamente, ogni tanto, si espande fino alla Piana di Catania, mentre l’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, celebra la messa, la gente ascolta civilmente, i carabinieri in alta uniforme vigilano sulla santa, gli scout e l’azione cattolica sfilano disciplinatamente, i cori di tutte le parrocchie del paese intonano inni bellissimi in onore di Lucia.
Mentre l’umanità è “in cammino” quel Corpo è sempre lì, muto, al centro, osservato da tutti, ma la sensazione e che stia molto, ma molto più in alto e che sia Lui ad osservare tutti. Sensazioni…
Come quelle che ti esplodono dentro quando, dopo esserti distratto, ti soffermi ancora su quelle mani, su quei piedi e su quelle caviglie, che vedi e che ti fanno tenerezza perché ti fanno vedere gli indicibili supplizi dei carnefici e le ore successive, la pena dei poveri e degli ammalati cui Lucia aveva sacrificato la vita dopo la conversione, la pena dei cristiani. E che fierezza quell’animo di donna dolce e rivoluzionaria, determinata ed emancipata.
Il mondo continua a girare e Lei, in quella bara, sembra ancora osservare tutti, mentre le luci dell’imbrunire prendono il posto del tramonto. Poi la sera e la notte, la veglia, la preghiera e la luce dell’alba.
Nella foto: il Sacro corpo di santa Lucia esposto nella chiesa Madre di Belpasso (Catania). Immagine tratta dalla pagina facebook del Circolo Santissima Immacolata di Belpasso
Luciano Mirone
Bella!!! Una descrizione profonda, mistica emozionante, descrive pienamente i sentimenti del belpassese che, nel cuore suo, vive S. Lucia.
Complimenti e grazie.
❤️
Sei un grande