Che una ricomposizione dell’Ulivo fosse negli auspici del suo ex leader Romano Prodi era trapelato nei giorni scorsi, ma che ci fosse un’accelerazione così rapida tra il Pd nazionale e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, nessuno se lo aspettava, E invece, dopo anni di polemiche, di accuse e di contro accuse scoppia la pace in vista delle elezioni amministrative di primavera che si svolgeranno nel capoluogo siciliano.
Ieri a Roma tra l’ex fondatore della Rete (accompagnato dal suo braccio destro, l’ex senatore Fabio Giambrone) e il numero due del Pd Lorenzo Guerini si è parlato di elezioni comunali, ma non solo. Il discorso si à allargato alle prossime competizioni regionali e nazionali. Perché? Per “marciare tutti insieme”. Una frase che trapela dall’incontro e che va interpretata nel giusto modo, perché potrebbe essere indicativa del nuovo corso del Pd targato Matteo Renzi, dopo le dimissioni di quest’ultimo dalla presidenza del Consiglio.
Se il Partito democratico ha deciso di dialogare con un personaggio che fino a ieri vedeva come il fumo negli occhi, evidentemente potrebbe esserci qualcosa in più rispetto al messaggio implicito di rifare l’Ulivo lanciato da Prodi. Anzi, non si esclude che lo sponsor del nuovo corso del Pd sia lo stesso Prodi, con la supervisione indiretta e discreta perfino del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che alla fine degli anni Ottanta, con lo stesso Orlando, fu uno dei promotori del rinnovamento della Dc palermitana e della Primavera (sindaco Leoluca per la prima volta).
Si badi bene: l’incontro di ieri non si è svolto a Palermo, ma a Roma, dove non si è parlato solo di Palermo. Evidentemente, in questo momento, fra Orlando e la segreteria del Pd esiste una sintonia che non sappiamo quanto durerà e fin dove arriverà, nel senso che potrebbe fermarsi a Palazzo delle Aquile (sede del municipio di Palermo), o proseguire a Palazzo d’Orleans (sede della presidenza della giunta regionale).
Del resto non va dimenticato che il sindaco di Palermo, quando era leader della Rete, fu il primo – nel momento in cui l’esperienza dell’Ulivo volgeva al termine e Romano Prodi si accingeva a sloggiare da Palazzo Chigi, disarcionato da Fausto Bertinotti per motivazioni che ancora oggi appaiono poco chiare – a teorizzare la formazione del Partito democratico. Che fu fondato successivamente, ma senza Orlando, che nel frattempo aveva consumato una rottura con i vertici del Partito democratico della sinistra (in primis Massimo D’Alema) e del Partito popolare, che confluirono nella nuova formazione.
Adesso non si sa come andrà a finire. Quel che è certo è che il Pd ha capito che Orlando ha ottime chance di ridiventare sindaco, e Renzi non può permettersi di restare ancora al palo col suo partito in una delle città più importanti d’Italia, specie se si tiene conto che l’arcipelago del centrosinistra rischia di disgregarsi ulteriormente per un progetto teorizzato da tempo dallo stesso Orlando e dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: la costituzione di un movimento nazionale di sindaci slegati dalle appartenenze partitiche che possa diventare “alternativo al sistema”.
Luciano Mirone
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