“Randazzo non appartiene a chi gravita nel malaffare. Un paese con una storia e una cultura millenarie come il nostro, che ha sempre difeso con orgoglio le proprie singolari bellezze, il proprio patrimonio urbanistico e architettonico, le proprie impareggiabili tradizioni artigianali ed economiche, non può assistere inerme alla sua lenta distruzione per opera di pochi individui”.

Un grido di dolore, ma anche un forte segnale di riscatto e di denuncia della Società civile, dopo lo scioglimento del Comune di Randazzo (Catania) per gravi infiltrazioni mafiose. Per questo l’Associazione Civitas organizza per Venerdì 19 aprile 2024 un sit in in piazza Municipio, dove sarà chiesto a gran voce “che sia ripresa in mano la gestione della cosa pubblica in modo trasparente e giusto”.

“Da parte nostra – dice il presidente di Civitas, Domenico Palermo -, invitiamo tutta la cittadinanza a promuovere la legalità come fondamento della nostra convivenza civile. Uniti vinceremo anche questa sfida”.

“Lungo e circostanziato – si legge nella nota dell’Associazione – è l’elenco dei motivi della traumatica interruzione degli organi di rappresentanza democratica del Comune. Ben 11, infatti, sono gli addebiti che il decreto firmato il 26 gennaio dal Presidente della Repubblica Mattarella muove all’Amministrazione guidata dall’ex sindaco Francesco Sgroi del MpA e dal suo vice Gianluca Anzalone del PD”. 

Nel comunicato vengono snocciolate, una per una, le accuse contenute nel decreto firmato dal capo dello Stato. Queste: “1) cointeressenze con la criminalità organizzata di amministratori e dipendenti comunali; 2) violazione del principio di separazione tra funzione politica e gestionale; 3) precarietà funzionale degli uffici comunali; 4) disapplicazione del Codice antimafia nell’affidamento di lavori e servizi pubblici; 5) strumentalità del dissesto finanziario al fine di alienare beni immobili a famiglie mafiose; 6) sottrazione di beni al patrimonio comunale; 7) situazioni eclatanti di abusivismo edilizio; 8) collusione nella gestione dei beni confiscati; 9) brogli nell’assegnazione degli alloggi popolari e delle licenze commerciali; 10) illegittimità e illeceità negli affidamenti diretti o in somma urgenza; 11) tolleranza sull’evasione fiscale di taluni maggiorenti”.

Insomma, si legge nel documento dell’Associazione, “una sostanziale mala gestio della cosa pubblica” unita ad “una evidente assenza di legalità dell’azione amministrativa”.

“Accuse durissime – scrive Civitas a proposito del decreto di scioglimento – che, indipendentemente dall’esito dei provvedimenti di incandidabilità o delle misure di prevenzione che dovessero colpire i singoli amministratori (innocenti fino a prova contraria sul piano penale), chiamano in causa innanzitutto tutte le forze politiche, di maggioranza e di minoranza, e in primo luogo il Movimento per l’Autonomia e il Partito Democratico”.

“Sarebbe lecito – seguita la nota della Società civile randazzese – aspettarsi, dopo ben due mesi dall’infausto epilogo, che almeno i vertici delle forze politiche progressiste rompessero il silenzio in cui appaiono intrappolate e, anziché crogiolarsi in tortuose polemiche negazioniste, trovassero il coraggio di riconoscere gli errori compiuti dai propri gruppi dirigenti locali per ritrovare la via maestra del bene comune e della legalità”.

“È auspicabile – aggiunge Palermo – che, di fronte allo sconfortante scenario che, secondo le indagini, minaccia Randazzo (sempre più esposto all’usura, all’estorsione, allo spaccio di droga, alla violenza mafiosa e ad altre allarmanti forme di criminalità) anche tutto il variegato mondo dell’associazionismo laico e le istituzioni religiose facessero sentire più forte la propria voce e si unissero nell’opera di sottrarre le nuove generazioni ad un destino che altrimenti appare segnato. In questa difficile fase della storia locale, infatti, spetta soprattutto alla società civile ricreare speranza e rinsaldare i legami di comunità”.

Nella foto: il municipio di Randazzo (Catania)

Redazione