Il pubblico ministero di Catania Giuseppe Sturiale ha chiesto la condanna a 10 anni di reclusione e 2 mila Euro di multa per l’imprenditore di Belpasso (Catania) Santo Tomasello, e per gli affiliati a Cosa nostra (clan Santapaola Ercolano) Mirko Casesa della cosca di Mascalucia (8 anni e 1600 Euro di multa), Nicolò Squillaci detto “Mattiddina” della cosca di Piano Tavola (8 anni e 1600 Euro di multa) e Ignazio Barbagallo, poi diventato collaboratore di giustizia (2 anni e 2 mesi).

Ne dà notizia oggi il quotidiano La Sicilia attraverso la sua cronista di giudiziaria Laura Distefano, che riporta alcuni particolari di questa vicenda iniziata nel 2005.

Il processo prende le mosse alcuni anni fa, dopo che l’imprenditore di Belpasso Mario Cavallaro (attualmente testimone di giustizia trasferito dallo Stato in una località segreta per proteggerne l’incolumità) ha denunciato il gruppo mafioso che lo aveva sottoposto al pagamento del “pizzo” e ad una continua serie di minacce e di vessazioni che, secondo il pubblico ministero, avrebbero visto il coinvolgimento del suo socio di allora Santo Tomasello in un sistema di doppiogiochismi e di complicità mafiose.

“A un certo punto la vittima e il suo socio lavorano a Centuripe, in provincia di Enna – scrive Laura Distefano –. E qui avrebbero ricevuto la richiesta mafiosa di pagare la protezione della mafia di Enna. L’esborso però sarebbe stato solo a carico di Cavallaro”.

Il pm Sturiale “ha evidenziato – si legge su La Sicilia – che sarebbe stato Tomasello a chiedere a Barbagallo (con cui avrebbe avuto un legame di conoscenza) di intervenire per la storia di Centuripe. Il collaboratore ha spiegato che l’unica cosa che sarebbe riuscito a fare sarebbe stata quella di evitare che le persone inviate a riscuotere le rate venissero a chiedere insistentemente il denaro”.

Il ruolo di Tomasello sarebbe andato oltre quello di intermediario? Sarà il Tribunale a deciderlo.

Fatto sta che le somme, successivamente, sarebbero state intascate da Squillaci “Mattiddina”, ma per una serie di situazioni legate agli equilibri interni, non sarebbero finite nelle casse “giuste”, ovvero in quelle della cosca ennese.  

Un “incidente diplomatico”, come lo definisce Laura Distefano, di cui si sarebbero interessati addirittura i vertici di Cosa nostra etnea, a cominciare da Angelo Santapaola, Raimondo Maugeri ed Enzo Aiello, a capo dell’assetto economico del gruppo Santapaola-Ercolano.

Gli imputati contestano la ricostruzione del pubblico ministero. Prossima udienza il 18 aprile.

Redazione