Cosa c’entra Riccardo Orioles con la presentazione de “Il Caso Martoglio” di sabato scorso a Milazzo e perché, assieme a Santo Laganà (organizzatore dell’evento con la sua associazione “Le città invisibili”) l’ho voluto invitare?
Orioles oltre ad essere uno degli intellettuali più lucidi e coerenti del panorama nazionale, ha vissuto il clima nel quale è maturato l’assassinio (5 gennaio 1984) del fondatore e direttore de I Siciliani, Giuseppe Fava, avvenuto sessantatré anni dopo dalla morte di Nino Martoglio (15 o 16 settembre 1921), quindi è un testimone prezioso di un evento fra i più drammatici del dopoguerra siciliano, e non solo.
In realtà le analogie fra Fava e Martoglio sono diverse, a cominciare dal fatto che entrambi erano giornalisti contro (uno con I Siciliani, l’altro col D’Artagnan), intellettuali scomodi ed odiati dal potere, oltre ad essere uomini di teatro e di cinema.
Perché allora perché invitare un personaggio che – per sua stessa ammissione – sa poco di Martoglio e dissente con chi gli dice che i due hanno più punti in comune di quanto si possa pensare?
Riccardo è stato colui che – dopo il delitto del suo direttore – nottetempo ruppe gli indugi, fece un’edizione straordinaria de I Siciliani dove spiegò per filo e per segno a tutta Italia che razza di intellettuale fosse Fava (che qualche anno prima – scusate se è poco – aveva vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino per il film Palermo oder Wolsburg, tratto dal suo romanzo Passione di Michele) e quale era il contesto catanese, siciliano e nazionale nel quale era maturato quel delitto: i cavalieri del lavoro collusi con la mafia di Santapaola, una politica fra le più corrotte del mondo, la P2, una informazione ufficiale simile a quella di Varsavia ai tempi del comunismo.
Quello “speciale” suonò la carica per continuare la battaglia e spiegò al Paese che il movente di quel delitto bisognava cercarlo nelle inchieste di Fava e non nelle insinuazioni (“ricattava i cavalieri del lavoro ed era sensibile al fascino femminile”) che le centrali del potere fecero circolare a cadavere ancora caldo per sminuire la figura della vittima in modo da eliminare la matrice politico-mafiosa dell’omicidio.
Se non fosse stato per lui – e per quella pattuglia di “carusi” (Claudio, Miki, Antonio, Rosario, Elena, Sebastiano…) che dopo lo stordimento iniziale, continuarono la battaglia del direttore – è possibile che la verità non sarebbe mai stata stabilita o sarebbe arrivata con molto ritardo rispetto ai tempi biblici del processo, che ha decretato Nitto Santapaola come mandante e Aldo Ercolano come esecutore del delitto.
Quindi la domanda da porre è questa: se Martoglio avesse avuto dei “carusi” come quelli di Fava, la sua morte sarebbe stata insabbiata nel modo vergognoso in cui il libro ha cercato di documentare (ricordiamo che i grandi amici come Musco e Pirandello brillarono per i loro silenzi), oppure il fascismo avrebbe soffocato un dissenso che in quegli anni era quasi impossibile esprimere? Non lo sappiamo.
Sappiamo però che è stato importante creare un collegamento fra Fava e Martoglio attraverso Orioles. E questo è tutto.
Luciano Mirone
Lascia un commento...