Al centro della “galassia” c’è lui, il sindaco Francesco Sgroi, indiscusso pianeta attorno al quale ruotano i satelliti: l’assessore, il presidente del Consiglio comunale, molti rappresentanti della maggioranza e perfino qualche esponente dell’opposizione. Siamo a Randazzo, provincia di Catania, bellissimo paese medievale situato tra l’Etna e i Nebrodi, intossicato dai rapporti fra mafia e politica, il cui Consiglio comunale, di recente, è stato sciolto per mafia dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dopo una durissima relazione del prefetto di Catania, Maria Carmela Libbrizzi.

E anche se in Tribunale la posizione del primo cittadino e dei suoi amici politici – per le stesse motivazioni – risulta archiviata, Randazzo affronta l’onta dello scioglimento per mafia preparandosi ad una gestione commissariale che – in diciotto mesi – dovrebbe ripristinare la legalità.

Randazzo, provincia di Catania, bellissimo paese medievale situato tra l’Etna e i Nebrodi. Sopra: l’ex sindaco Francesco Sgroi

Per capire il livello di condizionamento che Cosa nostra esercita nei confronti della politica, bisogna leggere la relazione del prefetto di Catania (di cui L’Informazione è in possesso): Randazzo rappresenta la metafora – non l’unica – del fallimento dello Stato nella lotta contro le mafie e il fallimento dei cittadini (o quantomeno della maggioranza di essi) nell’espressione del consenso. È impressionante notare gli svariati collegamenti con Cosa nostra che intercorrono fra amici e parenti (in Consiglio e negli uffici municipali), che vedono sempre (o quasi) come punto convergente il sindaco.

Basta leggere la dettagliata relazione del prefetto di Catania – i cui nomi sono coperti dagli omissis – trasmessa a Piantedosi dopo l’operazione Terra bruciata condotta due anni fa dai Carabinieri e culminata nell’arresto di 21 persone “organiche” o “contigue” alla mafia –, per comprendere l’incredibile “cointeressenza” fra le principali organizzazioni criminali del territorio e i personaggi più rappresentativi di quel comune, a cominciare dal primo cittadino, imprenditore, da sempre fedelissimo del leader dell’Mpa Raffaele Lombardo (ex governatore della Sicilia), a capo di una lista civica e politico di lungo corso in quanto consigliere comunale dal 1998, presidente del Consiglio comunale, sindaco dal 2018 al 2024 e addirittura componente dell’Anci Sicilia, l’Associazione nazionale comuni italiani in cui è stato eletto componente del Consiglio regionale e del Comitato direttivo. Alle elezioni del 2022, Lombardo lo ha candidato alle regionali. Straordinaria la risposta: 4mila 600 voti.  

Le ventisei pagine prodotte dalla rappresentante del Governo a Catania, dopo i mesi in cui la Commissione prefettizia ha attivato una approfondita attività ispettiva, raccontano in che modo a Randazzo sia stato esercitato il potere e come gli elettori abbiano votato determinati personaggi, quasi ad evidenziare un processo di osmosi fra gli uni e gli altri.

“In particolare – scrive il prefetto – a carico del Sindaco Sgroi, del Presidente del Consiglio comunale” Carmelo Tindaro Scalisi (altro nome coperto da omissis) e dell’ex consigliere comunale (anche questo coperto da omissis, ma difficilmente individuabile, almeno per chi scrive) emergevano elementi di rilevanza penale per scambio elettorale politico-mafioso”.

Eppure nel marzo dello scorso anno, il Gip presso il Tribunale dì Catania, disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti dei citati amministratori, sia pure con un’ampia formula dubitativa. Nella richiesta di archiviazione (21 febbraio 2023), la Procura Distrettuale evidenziava come “in occasione delle elezioni amministrative di Randazzo del 2018, gli amministratori locali, nelle persone del Sindaco e del Consigliere di maggioranza, fossero stati appoggiati da due pregiudicati per mafia, i quali, tuttavia, a distanza di tempo, si lamentavano per il mancato rispetto di presunte promesse fatte all’epoca delle consultazioni”. Solo un assaggio. Nello stesso procedimento, il Pubblico Ministero evidenziava come, dalle stesse conversazioni, “appaia chiara la presenza e la considerazione di cui godono gli affiliati anche all’interno delle istituzioni”.

E però la posizione di tutti, come detto, è stata archiviata. Con buona pace del giudice Borsellino, trucidato in via D’Amelio, che teorizzava “la pulizia dentro i partiti a prescindere dalle sentenze o dalle archiviazioni”. Pace all’anima sua.

Ma in questo caso, stando alla relazione del prefetto, si parla di “diretti rapporti di parentela e/o frequentazioni intrattenuti nel tempo dall’attuale Sindaco e da esponenti dell’Amministrazione (Assessori e Consiglieri comunali) con soggetti ritenuti vicini od intranei alle descritte consorterie criminali locali”. Non solo alle elezioni del 2018, ma anche in quelle del 2022, quando si “registravano ulteriori e recenti collegamenti tra il Sindaco ed elementi ritenuti vicini al predetto clan, nonché, in epoca meno recente, con esponenti del gruppo mafioso”.

Il primo cittadino, dunque, secondo la relazione del prefetto, sarebbe il perno di questi rapporti: “Il Sindaco – scrive la dottoressa Libbrizzi – è cognato di (omissis) arrestato nel corso dell’operazione ‘Trinacium’, condotta  dai  Carabinieri  nel  2014, per associazione di tipo mafioso unitamente ad altri soggetti della Famiglia mafiosa” di Randazzo.

E poi: “Il Sindaco, dalle risultanze di diverse attività investigative condotte nel corso del tempo, risulta frequentatore di pregiudicati anche per reati associativi di tipo mafioso tra cui esponenti dì vertice della Famiglia mafiosa”.

Quindi: “La personale vicinanza” dell’uomo politico “ad ambienti criminali è risalente nel tempo, atteso che le sue frequentazioni con noti pregiudicati della zona, anche per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, risultano avvenute almeno a decorrere dal 2003, periodo in cui il predetto svolgeva il suo mandato politico quale consigliere e Presidente del Consiglio Comunale, e sino al 2013”.

E ancora: “Dalle risultanze della Commissione di indagine, peraltro, è emerso come il Sindaco non solo è  perfettamente  consapevole  dello  spessore  criminale  di (omissis), ma ne riconosca anche il ruolo carismatico nel territorio da lui amministrato”.

“Il Sindaco, inoltre – scrive ancora il prefetto – è un imprenditore agricolo con grande esperienza in materia di finanziamenti comunitari, titolare di cariche sociali nell’ambito di alcune imprese che operano proprio nel settore agricolo e della zootecnia. In tale ambito è socio in affari con (omissis), pregiudicato per reati minori, ma fratello di (omissis), tratto in arresto nel corso dell’operazione Terra Bruciata”.

Poi c’è il “principale collaboratore” del sindaco: l’assessore ai Lavori pubblici e al Cimitero, Nunzio Batturi, “imprenditore di rilievo nel territorio di Randazzo, in particolare titolare dell’impresa (omissis) che, nel corso dell’amministrazione (omissis) ha ricevuto l’affidamento di lavori per la realizzazione di opere all’interno del locale cimitero comunale, per un valore di circa centomila euro”.

“Presso le imprese” dell’assessore – scrive il prefetto – “hanno svolto attività lavorativa esponenti legati alla criminalità organizzata operante a Randazzo”.

Chi sono? C’è il “figlio del noto pregiudicato tratto in arresto per associazione mafiosa nel corso dell’operazione dei Carabinieri Terra bruciata, il quale ha prestato attività lavorativa alle dipendenze” dell’assessore  “proprio all’interno del cimitero comunale”. C’è “il nipote del più noto pregiudicato anche per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso che, nell’anno 1997, risulta, peraltro, aver percepito redditi dalla ditta individuale del Sindaco”.

Una sfilza di “pregiudicati”, “affiliati” e “parenti di boss” lunga quanto un elenco telefonico, con ciliegina sulla torta: l’assessore “è legatissimo a (omissis), affiliato al clan di Cosa nostra etnea (omissis) che ha accompagnato, con la propria autovettura, presso la Casa circondariale di Livorno”.

Insomma, malgrado gli omissis, si capisce perfettamente il clima ammorbato che si respira in questo paese dove gli insegnamenti di Paolo Borsellino è come se provenissero da un’altra galassia. Qui vigono le leggi di una società primitiva dove lo Stato non esiste, dove un politico “deve” essere ritenuto persona di rispetto fino ai tre gradi di giudizio, dove (malgrado le evidenze citate nell’atto di scioglimento), puoi andare tranquillamente a braccetto col boss, farci gli affari più disparati e candidarti tranquillamente, perché tanto i responsabili del tuo partito di appartenenza non vedono, non sentono e non parlano.

Qui succede che i numerosi terreni di proprietà comunale è come se non facessero parte del patrimonio pubblico, dato che “gli uffici preposti dell’Ente hanno omesso di comunicare alla Commissione prefettizia una serie di lotti di sua proprietà, risultati riconducibili – perché in concessione o comunque in possesso – ad appartenenti alla criminalità organizzata e/o a loro familiari”.

Risultato: “Dalla verifica delle particelle non comunicate è emerso che molti di questi terreni sono stati utilizzati, nei vari anni, al fine di ottenere erogazioni dall’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura)”.

Non solo. Molti terreni comunali servono alla mafia – secondo quanto scrive il prefetto – non solo per il consueto pascolo abusivo, ma “per realizzare degli immobili illegali dove vengono nascosti armi, munizioni e sostanze stupefacenti”. A nulla, da diversi decenni, sono servite le richieste di demolizione.

In questo contesto da Far West, non c’è da meravigliarsi se il Comune di Randazzo si rifiuti addirittura di collaborare con l’Agenzia che si occupa dei beni confiscati alla mafia con i pretesti più disparati: “L’Assessore (omissis)  intervenuto alla conferenza di servizi, manifestava verbalmente la rinuncia dell’Ente all’acquisizione dei beni confiscati presenti nel territorio, in considerazione della lontananza dal centro abitato e perché  a ridosso dell’area protetta del Parco dell’Etna”.

“Le motivazioni di tale rinuncia – scrive il prefetto – appaiono pretestuose, oltreché risibili, e destituite di fondamento. Le tre particelle confiscate si trovano ad immediato ridosso del centro abitato, a soli 800 metri dal Palazzo del Municipio, in zona pianeggiante e facilmente raggiungibile attraverso una strada carrabile”. Da Randazzo è tutto.

Luciano Mirone