Il recente arresto a Malta di Antonio Ciavarello, originario di Palermo e genero del boss Totó Riina, ha riportato sotto i riflettori l’Isola più piccola dell’Unione europea, che dal traffico di droga al racket sul gioco online si conferma ancora una volta terreno fertile per la mafia, nonché “nascondiglio preferito” di boss e malavitosi.

Conosciuto con l’appellativo di Tony, Ciavarello lavorava “indisturbato” come autista in una società di costruzioni isolana già da due anni, occupandosi persino di importanti progetti per moderne infrastrutture, tra cui le iniziative dell’agenzia Project Green, guidata dal candidato laburista Steve Ellul, dedita alla creazione, al mantenimento e al rinvigorimento di parchi, giardini e altre infrastrutture verdi, per “stili di vita più sani e felici e un ambiente più sostenibile” – .

Condannato a due anni e otto mesi di reclusione ed al pagamento di una multa di centomila euro, Ciavarello è attualmente detenuto presso il carcere maltese Corradino, in attesa del processo in cui si richiede l’estradizione in Italia, sulla base di due mandati d’arresto europei, emessi dalle stesse autorità italiane.

Nel 2017 era già stato arrestato in Puglia per scontare sei mesi agli arresti domiciliari per frode; Ciavarello, che allora viveva a San Pancrazio con la moglie, fu riconosciuto colpevole di una truffa commessa nel 2009 a Termini Imerese, in Sicilia.

L’avvocato di Ciavarello ha dichiarato alla corte che il suo cliente era già a conoscenza delle sentenze emesse contro di lui, ma non sapeva di essere stato condannato alla reclusione.

Ancora nessuna dichiarazione ufficiale in merito alla collaborazione dell’uomo con candidati politici legati all’attuale Governo in carica.

Secondo la DIA (Direzione investigativa antimafia), l’organizzazione criminale di Cosa Nostra è da sempre particolarmente attiva a Malta nel traffico di droga – collaborando anche  con la ‘Ndrangheta e la famiglia dei Santapaola-Ercolano – e nel circuito del gioco d’azzardo e delle scommesse.

E in effetti Ciavarello è solo l’ultimo di una lunga serie di malavitosi legati a clan mafiosi trovati “nascosti” a Malta nel corso degli anni. Lo stesso Riina era noto per essere un assiduo visitatore dell’isola di Gozo, sorella minore, più rurale, di Malta.

Sebastiano Brunno, capo del Clan Nardo legato Cosa Nostra e che viveva sotto falsa identità col nome di Natale La Monica, è stato arrestato nel 2014 dopo cinque anni di latitanza, mentre stava andando a pranzo in un ristorante in una nota località balneare sulla costa nord orientale. Secondo alcune testimonianze, apparentemente imperturbato dalla prospettiva di passare tanti anni dietro le sbarre, Brunno si sarebbe persino congratulato con la polizia mentre veniva ammanettato, dicendo loro: “Ben fatto, mi avete trovato”. Brunno sta attualmente scontando l’ergastolo per l’omicidio risalente al 1992 di Nicolò Agnello.

Sempre all’inizio del 2014, Aldo Gionta, un membro della camorra napoletana – ricercato dalla polizia per aver ingaggiato suo fratello per uccidere un uomo che aveva schiaffeggiato suo figlio quattordicenne, dopo che il ragazzo aveva lanciato un uovo contro di lui durante i festeggiamenti di carnevale – fu catturato dalla polizia italiana a Pozzallo, mentre tentava di imbarcarsi su un traghetto diretto a Malta. L’uomo, conosciuto come il “boss dei poeti” per la sua inclinazione a scrivere poesie mentre era in prigione, era anche un noto per essere un “trasformista”: spesso indossava parrucche e si travestiva nel tentativo di eludere le autorità.

Nel settembre 2019 è stata la volta di Simone Gaetano, membro del clan mafioso Stidda, il quale stava facendo il viaggio opposto in traghetto, da Malta a Pozzallo, ma la polizia lo aspettava già al porto siciliano.

Innumerevoli altri – dal mafioso Giuseppe Arcaria legato al clan Cosa Nostra a Francesca Rispoli, figlia del famigerato boss della ‘Ndrangheta Vincenzo Rispoli – sono stati catturati mentre viaggiavano o si nascondevano a Malta. Tra questi spicca l’uomo d’affari Antonio Ricci, sospettato di aver legami con la ‘Ndrangheta, è stato arrestato a Malta per racket sul gioco online.

La domanda però rimane sempre la stessa: cos’è che rende Malta così attraente per le associazioni criminali? La DIA ritiene che si tratti di una combinazione di diversi fattori.

La vicinanza geografica di Malta all’Italia, e più specificatamente alla Sicilia, ha fatto sì che negli ultimi anni la presenza della criminalità organizzata italiana sia aumentata in tutta l’isola. Altro punto determinante riguarda il regime fiscale di Malta noto come “particolarmente favorevole”, così la sua bassa imposta per l’apertura di nuove società, che la rendono decisamente appetibile per le attività di riciclaggio di denaro.

Giuseppe Governale, direttore della DIA, sostiene che alla fine il tutto si riduce ad una “semplice equazione”: la mafia ha sempre avuto una “grande visione”, facendo sempre un’analisi di costi e benefici: in altri termini, “va dove cresce il Pil e dove c’è una legislazione antimafia meno efficace”. E Malta, con il suo boom economico decennale ed il suo approccio nei confronti della criminalità, si adatta perfettamente alla descrizione di Governale.

Già da diverso tempo il principale quotidiano nazionale Times of Malta dichiara  quanto “queste persone siano abituate a nascondersi dalle agenzie antimafia e dalla polizia come dei veri professionisti, per cui nascondersi dalla polizia maltese, al confronto, è visto come più semplice”. Ma le autorità maltesi controbattono a queste dure affermazioni, evidenziando al contrario una crescente collaborazione tra le forze dell’ordine maltesi e quelle italiane, al fine di contrastare la criminalità tra i due Paesi. Eppure questa continua ad essere una dura realtà con cui l’Isola deve fare i conti.

Nella foto: il boss Totò Riina

Valentina Contavalle