Chi scrive non è né un sociologo né uno psicologo, quindi non possiede gli strumenti necessari per dare una spiegazione “scientifica” allo stupro perpetrato alla villa Bellini di Catania nei confronti di una tredicenne da parte di un gruppo di sette ragazzini egiziani (due a quanto pare gli autori materiali, gli altri avrebbero “guardato”) mentre si era nel pieno dei festeggiamenti in onore di sant’Agata.

Chi scrive è soltanto un cittadino che ogni tanto si reca in questo bellissimo parco situato nel centro storico perché si illude di trovarlo come un tempo, quando, dopo avere fatto una sosta alla pasticceria Savia, si andava alla Villa Bellini per ritemprare il corpo e lo spirito grazie a questo polmone verde che per qualche ora ti faceva dimenticare il caos cittadino.

L’ingresso della Villa Bellini di Catania. Sopra: lo scorcio liberty del giardino pubblico dedicato al grande musicista catanese

I catanesi sono legatissimi al loro “Giardino”. Il quale, oltre ad essere bello, era un esempio straordinario di pulizia e civiltà: il piazzale con la vasca dei cigni, il giorno del calendario disegnato quotidianamente dai giardinieri attraverso le siepi, il grande slargo in terra battuta, l’elefantino Dumbo attrazione di tanti bambini, lo spazio liberty dedicato alla musica, i vialetti frequentati dalle coppiette, le essenze autoctone conviventi con quelle importate.

Come tutte le realizzazioni antiche (dai teatri greci alle chiese alle piazze),  la “Villa dei catanesi” ha sempre colpito per la mirabile sintesi fra semplicità e bellezza, al punto che non sai dove inizia un concetto e dove finisce l’altro, ma capisci subito che la complessità del progetto si sposa perfettamente con la semplicità dell’opera.

Una cosa un po’ difficile da spiegare soprattutto a quegli amministratori che negli ultimimi decenni hanno pensato di diventare “immortali” attraverso certi interventi discutibili spacciati per arte moderna, senza minimamente pensare alla cosa più importante da fare: valorizzare un’opera lasciata in eredità dai nostri illuminati antenati mediante una quotidiana opera di pulizia e di manutenzione. Memorabile il progetto “avveniristico” della Giunta Scapagnini che, sempre in nome della “modernità”, si prefiggeva di stravolgere quel concetto di bellezza legato alla semplicità.  Fortunatamente ci pensarono migliaia di catanesi, attraverso una petizione, a scongiurare il rischio.

Monito ignorato dai politici: la Villa Bellini da molti anni è abbandonata a se stessa: niente restyling, quindi niente pulizia. Piano piano ho assistito al declino inesorabile del parco più amato dai catanesi: gli ingressi non sono più quelli di un tempo, ma la vergogna maggiore è rappresentata dal viale dei cittadini illustri, dalle statue di Verga, Capuana, De Felice, Martoglio, Rapisardi, dai vialetti interni pieni di escrementi (non solo di animali), di rifiuti di ogni tipo, di odori nauseabondi anche a diversi metri di distanza. In compenso, invece di riappropriarsi di questi spazi mediante iniziative culturali da organizzare trecentosessantacinque giorni l’anno, si allestiscono mega abbuffate di concerti per oleare la macchina del consenso, ignorando la più semplice delle attività amministrative: la pulizia. Quello che è successo nel giorno di Sant’Agata è la storia di uno stupro annunciato, non un episodio casuale commesso da sette ragazzini balordi. Adesso mi raccomando, carissimi amministratori catanesi: prendiamocela con gli extracomunitari, con i senza tetto e sgombriamoli con la forza dai luoghi più visibili, in modo che non si dica che Catania è una città sporca, e ghettizziamoli ancora di più. Mi raccomando, diteglielo alla Meloni di mandare l’esercito, ma che non vi venga in mente di fare una manutenzione seria della Villa. Quella, di voti, non ne porta.

Luciano Mirone