“Dobbiamo avere la forza di dire che, come il Teatro Greco di Taormina, come il Colosseo, come Petra, c’è un bene mondiale che va tutelato dalle colate di cemento: lo Stretto di Messina. Dobbiamo essere più forti di chi vuole distruggerlo, far capire che si tratta di un luogo sacro di straordinaria bellezza che va tutelato, dobbiamo essere i protettori del creato. Concentriamo le nostre forze per realizzare l’opera più importante d’Italia: la messa in sicurezza del territorio, che crolla ad ogni temporale”.

Da sempre è considerato uno dei simboli della battaglia contro il Ponte sullo Stretto di Messina, anche se quel “sempre” ha una data precisa, 24 giugno 2002. Quel giorno Renato Accorinti salì sul pilone situato sulla punta estrema della Sicilia, dirimpetto a quello che c’è sulla sponda opposta della Calabria (un tempo i due tralicci collegavano la rete elettrica dell’Isola con quella della terraferma: ormai sono un simbolo), per dire No ad un’opera che lui giudica “costosissima, devastante e inutile”. Non è una intervista come tante, quella che Accorinti rilascia a L’Informazione. Lui stesso tiene a dire che si tratta di “un manifesto della politica prossima ventura. Un modello nuovo di economia, di politica e di ambiente”.

La pesca del pescespada nello Stretto di Messina. Sopra: l’ex sindaco di Messina, Renato Accorinti, uno dei leader del movimento No Ponte

Accorinti, perché secondo lei è un’opera “costosissima, devastante e inutile”?

“Per tanti motivi. Intanto per ragioni geologiche. “Ci troviamo – spiega l’ex sindaco di Messina – sopra una delle faglie sismiche più pericolose del Mediterraneo. Basta ricordare che nel 1908 il terremoto e il maremoto che distrussero Messina e Reggio Calabria causarono oltre 100 mila morti. Il Governo dice che il Ponte può resistere fino ad una intensità del 7,1 della scala Richter. Ricordo che il sisma che recentemente ha devastato la Turchia è stato del 7,9: secondo gli esperti, questi fenomeni tendono a ripetersi ciclicamente ogni 100, 150 anni. Dopodiché, sempre secondo studiosi del calibro di Mario Tozzi, Sicilia e Calabria tendono ad allontanarsi di 4-10 millimetri l’anno: qualcuno mi spiega come si costruisce un ponte se due sponde si allargano sempre di più?”.

Dopodiché?

“Dopodiché si tratta di un’opera gigantesca dall’impatto ambientale devastante. Ancora non ci sono delle risposte sull’argomento, mancano addirittura le autorizzazioni. Il progetto è vecchio, è ‘di massima’ ed è superato”.

Può spiegare meglio?

“Il Ponte lascerà perennemente nell’ombra interi agglomerati che sorgono nella zona costiera: borghi e villaggi abituati ad un’esposizione solare di 365 giorni l’anno saranno completamente oscurati, i laghi di Ganzirri e di Torre Faro rischiano l’estinzione, la città sarà paralizzata per molti anni da file di camion carichi del materiale di sbancamento: non è stato stabilito neanche un percorso alternativo. I cantieri invaderanno tutta la città. Sarà un inferno. A questo va aggiunto che nel 2005 l’unione europea ha messo in mora il governo italiano: secondo l’Ue, il progetto Ponte viola  l’articolo 4, paragrafo 4 della direttiva Uccelli: ‘L’area della Stretto ricade in Zona a protezione speciale’, importante sito di migrazione degli uccelli. A tutti questi problemi il ministro Salvini non dà risposte”.

Accorinti fa una pausa per raccogliere le idee. Poi aggiunge: “Da quella prima manifestazione è nato il movimento No ponte, un grande movimento”. Che è riuscito a fermare le ruspe negli anni ruggenti del governo Berlusconi, quando costui annunciava a reti unificate la realizzazione del Ponte: ricordate la famosa frase sul ragazzo di Messina che, grazie al Ponte, avrebbe raggiunto in pochi minuti la fidanzata di Reggio Calabria?

Anni di sfide ai poteri forti della città, “a cominciare dalla Gazzetta del Sud – seguita Accorinti – il quotidiano messinese in cui Nino Calarco ricopriva contemporaneamente la carica di direttore del giornale e di presidente onorario della società Stretto di Messina”.

Come sono stati i rapporti fra lei e Calarco?

“Dal punto di vista politico contrapposti . Da quello umano basato su un reciproco rispetto. Il giorno dopo che salii sul pilone, la prima pagina della Gazzetta pubblicò un articolo: ‘Il gesto di un uomo libero’. Quando mi recavo nella sua stanza, i nostri colloqui erano molto discordanti ma improntati sulla massima cordialità”.

Una battaglia premiata dai messinesi che nel 2013 (fino al 2018) hanno eletto un “senza partito”, un pacifista, un anarchico come Renato Accorinti sindaco della città. “Abbiamo fatto una cosa bellissima”, dice il leader del movimento No ponte. “Un’operazione politica ‘dal basso’ davvero straordinaria. Abbiamo capito che i media ci boicottavano. E allora abbiamo parlato con la gente, ovunque, in ogni strada, in ogni luogo (scuole, parrocchie, università, associazioni, aziende), fino ad arrivare alla manifestazione più imponente della storia di Messina: oltre 20 mila persone il 6 gennaio 2006. Che le portino, i sostenitori del Si al ponte, 20 mila persone a Messina, senza clientelismo e senza colazione e pranzo pagati”.

“Salvini – seguita Accorinti – continua la sua vomitevole propaganda sul Ponte. Lui dice ‘tutto a posto’. Ma ‘tutto a posto’ cosa, se per oltre dieci anni hanno lavorato su un progetto non completo per le centinaia di criticità che esistono, senza l’ok sull’impatto ambientale e senza copertura economica? Ancora siamo a questo punto. Salvini parla alla pancia della gente, cioè a quelle persone culturalmente più deboli. Lo fa, ovviamente, per percepire voti. Con la stessa disinvoltura direbbe di mettere uno svincolo autostradale al Colosseo. Non lo dichiara solo perché sa che non può farlo”.

Intanto la Lega prende consensi al Sud, in Sicilia e a Messina.

“Questo conferma quello che dico: Salvini è un razzista e demagogo. Per tutto quello che la Lega Nord ha detto su di noi in passato (‘Forza Etna, forza Vesuvio’), al Sud non dovrebbe prendere neanche un voto. Angelo Bonelli, senatore dei Verdi, recentemente gli ha posto la seguente domanda: ‘Salvini, lei non era contro il Ponte?’. Il leader della Lega ha negato, non ha detto ‘ho cambiato idea’. Basta vedere la trasmissione di La7 di qualche anno fa per capire chi ha ragione. In quella intervista il ministro delle Infrastrutture aveva risposto un deciso No al Ponte: per gli stessi motivi che diciamo noi da una vita. Adesso si è rimangiato tutto. Non è degno di stare nelle istituzioni”.

Scusi Accorinti, lei poc’anzi ha detto che non ci sono le coperture finanziarie.

“Ci sono 400 milioni di Euro che il governo Meloni ha messo ora, oltre ai 900 che si sono sbranati precedentemente, più un milione di Euro l’anno per fare propaganda nelle scuole italiane per realizzare il Ponte: un fatto scandaloso: con i nostri soldi si fa un’informazione a senso unico. Però dicono che non ci sono soldi per le opere indispensabili”.

Perché no al Ponte?

“Non abbiamo bisogno del Ponte. Il problema lo abbiamo studiato, e pure tanto. Quando dicono che alla base della nostra opposizione c’è un no ideologico, rispondo che non è vero: l’ideologia è una cosa, una battaglia come questa un’altra. La verità è che lo Stretto è uno dei luoghi più belli del mondo per la sua mitologia, la sua biodiversità, il suo paesaggio, la sua luce. Tutti si indignano quando i ragazzi di Ultima generazione imbrattano di vernice lavabile i monumenti, ma nessuno di questi alza un dito quando si vuole distruggere uno dei posti più belli del pianeta”.

Però è anche vero che con i traghetti, in certi periodi dell’anno, sono necessarie ore per attraversare lo Stretto.

“Abbiamo studiato anche questo. Al Brennero o al Grande raccordo anulare, in certi periodi, c’è una paralisi dieci volte maggiore. Esistono traghetti ed aliscafi di nuova generazione e a basso impatto ambientale che riducono notevolmente i tempi di percorrenza. E poi basta aumentare il numero delle navi per risolvere il problema. Questo si può realizzare con poca spesa. Ecco perché dico che il problema non esiste”.

Il governo dice: assieme al Ponte saranno realizzate quelle opere che serviranno a migliorare la circolazione nelle due regioni.

“Il governo non può dire: prima il Ponte e poi tutto il resto. È un ricatto ignobile. Bisogna rendere efficiente la rete dei trasporti (le strade, le autostrade, i porti, gli aeroporti, le ferrovie, le autostrade del mare) e collegarla bene. Questo è un diritto calpestato da sempre in tutto il Sud. Esistono due Italie”.

Il ministro per le Infrastrutture dice che l’opera sarà realizzata in pochissimi anni.

“E’ un film già visto. Anche nel 2011, in un incontro svoltosi al Palacultura di Messina, al quale parteciparono le massine autorità nazionali, regionali e messinesi, fu detto solennemente che l’1 gennaio 2017 il Ponte sarebbe stato inaugurato. Mentivano sapendo di mentire. Siamo nel 2023 e ancora si dice che fra sette anni il Ponte sarà inaugurato. Anche Mattarella ha detto: basta con le opere faraoniche”.

Perché questo pessimismo?

“Conosco le dinamiche di questo tipo di politica che non è politica. I 150 metri di frana che hanno coperto un tratto dell’autostrada Messina-Catania, all’altezza di Letojanni, dopo otto anni sono ancora lì e costringono gli automobilisti ad imboccare la corsia unica. E Salvini dice che in sette anni costruisce l’opera più grande del mondo e le infrastrutture di collegamento: chilometri e chilometri di ferrovia, tunnel, nuove stazioni ferroviarie, ecc. Un insulto all’intelligenza degli italiani”.

Non c’è il rischio che limitando la protesta del movimento No ponte solo a Messina, si rischi di rimanere inascoltati sia a livello politico che a livello di opinione pubblica?

“Certo. Recentemente ho parlato con l’attuale ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Gli ho rivolto una domanda semplicissima: ‘Ha mai visto lo Stretto di Messina?”.

Cosa ha risposto?

“Mai visto”. 

Che c’è di male?

“Posso capire che un ministro, con i suoi mille impegni, non sia tenuto a conoscere tutti i luoghi nei quali ci sono le opere pubbliche del Governo, ma vivaddio, se dite che state per realizzare l’opera più gigantesca del mondo, da ministro che tutela l’ambiente sei tenuto ad andare a vedere. In realtà non gliene frega niente, è una politica cinica”.

Chi altri ha incontrato a livello politico?

“Recentemente ho parlato con la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein, mi riprometto di parlare con il responsabile nazionale del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Angelo Bonelli dei Verdi è con noi: a maggio ha fatto una conferenza stampa nei luoghi del Ponte. Voglio parlare con Renzi e Calenda per capire da quale parte stanno. Recentemente a Messina è stato organizzato un incontro dove sono stati ospitati diversi intellettuali (fra cui il costituzionalista Michele Ainis) ed esponenti politici: Beppe Provenzano, deputato del Pd, e Barbara Floridia, capogruppo del M5S al Senato. Ovviamente contatterò Italia nostra, Legambiente, Wwf e Greenpeace che considero paladini dell’ambiente e del futuro”.

Solo esponenti della sinistra?

“No. E’ chiaro però che se il Ponte vuole farlo la destra, il mio appello è rivolto soprattutto all’opposizione. Ma non unicamente. Basti dire che all’ultimo incontro che abbiamo organizzato è venuto Fabio Granata, uomo di destra ed ex vice presidente della Regione Sicilia. Mi rivolgo a tutti i partiti che hanno voglia di discutere: venite sul posto per rendervi conto di cosa parliamo. La battaglia per la salvaguardia dello Stretto deve essere di tutti: se qualcuno vuole distruggere il Colosseo, io mi mollo dalla Sicilia e vado a Roma. Così deve essere per Messina. Siamo cittadini del mondo. I posti belli sono sacri e non si devono toccare, non ne hanno diritto”.

Chi ci guadagnerà da quest’opera?

“Il ponte non unirà due coste, ma due cosche’. La frase è dell’ex vice presidente della Commissione antimafia Nichi Vendola. Queste parole sono state riprese di recente da don Luigi Ciotti e sono state pesantemente commentate da Matteo Salvini (‘Che schifo, perché don Ciotti non lascia l’Italia?’, ndr.). Don Ciotti e Vendola hanno speso la loro vita contro le mafie, Salvini no. Le dichiarazioni del ministro sono vergognose. Basta leggere i rapporti della Dia in cui si parla, fra l’altro, del riciclaggio nel Ponte di 5 miliardi di dollari provenienti dal narcotraffico”.

Luciano Mirone