“A Catania i posti letto nelle residenze universitarie pubbliche sono circa 600 a fronte di una domanda di almeno 2800 richieste. La maggior parte degli studenti trova alloggio nel mercato privato con un costo che si aggira attorno ai 200 euro a stanza a cui aggiungere il costo dei servizi. Il problema è costituito dalle condizioni degli alloggi spesso mediocri quando non pessime”.

Lo segnala l’Unione degli universitari di Catania, che in concomitanza con la campagna nazionale, ha lanciato la mobilitazione “Senza casa, senza futuro”, a difesa del diritto allo studio. La mobilitazione è sostenuta da Cgil e dal Sunia di Catania che sottolinea “la gravosa ricaduta economica sulle spalle delle famiglie, e punta a trovare soluzioni in tempi brevi alle migliaia di studenti delle fasce di popolazione più fragili che in questi ultimi mesi, con la piena ripresa delle attività in presenza e anche a causa dei rincari dei prezzi delle utenze, si sono trovati ad affrontare il problema del caro affitto”.

“Se da una parte gli studenti fuori sede della nostra città non hanno subito aumenti, al pari dei loro colleghi che studiano nelle città del centro nord, è anche vero che Catania soffre di un contesto economico sempre più in crisi per la presenza di stipendi molto al di sotto della media nazionale – spiega il coordinatore di UDU Catania, Damiano Licciardello – I costi delle utenze e le difficoltà dei trasporti sono sicuramente più elevati rispetto al resto d’Italia”.

“Riteniamo poi – aggiunge Licciardello – che la città universitaria di Catania che vanta una numerosa presenza di studenti fuori sede, debba garantire condizioni eque, servizi e strutture indispensabili per la partecipazione attiva alle lezioni di studenti e studentesse affinchè quelle valenze educative e formative che si sviluppano con l’attività in presenza siano realizzate. Per ottenere ciò occorre lavorare su varie soluzioni che siano convergenti e che diano risposte non solo a lungo termine ma anche in tempi rapidi”.

Per questo l’UDU chiede l’attivazione dei “Tavoli di lavoro” a cui siedano Università, Regione, Comune ed enti privati insieme anche ai rappresentanti degli studenti, dei sindacati degli inquilini  e dei sindacati confederali, al fine di definire non solo un piano organico e sostenibile di interventi, sia di quelli da avviare ma anche di quelli già programmati ma ancora non avviati, ma anche invididuare soluzioni a breve scadenza.

“Con il bando delle residenze universitarie emanato nel 2021 a Catania – spiega il comunicato dei sindacati – , sia l’Ersu che lo Iacp hanno presentato proposte che se approvate consentirebbero un aumento di almeno 500 posti letto, naturalmente non sufficienti  a soddisfare la domanda. Anche su questo aspetto come su tutti i progetti inerenti il PNRR non si trova alcuna informazione”.

“Le proposte di CGIL e SUNIA puntano a calmierare i canoni invogliando i proprietari a scegliere il canale del ‘canone concordato’ eliminando la cedolare secca al 21% per i contratti liberi – aggiungono la segretaria provinciale del SUNIA, Agata Palazzolo e il segretario generale della Cgil, Carmelo De Caudo- . In ballo, ancora una volta, c’è il diritto allo studio”.

“Occorre bloccare i rincari per i contratti – dicono in sindacalisti – non a cedolare secca e incrementare il fondo affitto per gli studenti fuori sede costretti a sostenere canoni di affitto elevati rispetto alla situazione reddituale della famiglia di appartenenza e serve aumentare le residenze universitarie pubbliche. I posti letto attualmente a disposizione a Catania per gli studenti fuori sede rappresentano neanche il 20% degli studenti aventi diritto. Da tempo si parla di altre residenze universitarie a Catania come la destinazione di parte dell’ex presidio ospedaliero Vittorio Emanuele, ma a tutt’oggi non si hanno notizie sui tempi di realizzazione e anche per questo occorre monitorare le risorse del PNNR al fine di evitare che si rischi di perdere i finanziamenti o che gli interventi che verranno effettuati incrementino posti letto privati con un risparmio per lo studente non superiore al 10 per cento”.

Secondo UDU, Cgil e SUNIA di Catania “occorre contrastare le locazioni in nero o con un canone contrattuale inferiore a quello di fatto corrisposto, con un innalzamento della leva fiscale per gli immobili sfitti”.

Nella foto: la sede dell’Università di Catania

Redazione