Prof. Patanè, in questi giorni, si sono verificati al largo del Canale di Sicilia e di Acicastello (Catania) eventi sismici di media intensità. Cosa sta succedendo?

Giuseppe Patanè, già docente di Fisica terrestre e Geofisica applicata presso l’Università di Catania,  autore di circa 120 pubblicazioni scientifiche, di pregevoli libri sul’Etna ed ex direttore del Centro sismologico di Acireale, risponde alle nostre domande dopo il terremoto che nei giorni scorsi ha colpito la Sicilia orientale (epicentro Acicastello).

Il prof. Giuseppe Patanè. Sopra: l’Etna vista dal versante di Zafferana, zona Schiena dell’Asino (foto Giuseppe Russo)

“Spesso – dice Patanè – esiste una diatriba se c’è una correlazione fra i due eventi sismici. Questo è avvenuto anche nel passato. Spesso il modo di porre il problema è sbagliato, perché si vuole capire se c’è una causa o un effetto sia nel caso di terremoti che si verificano a breve distanza di tempo, sia nel caso di eruzioni che hanno luogo dopo eventi sismici o anche prima. In effetti bisogna approfondire questa problematica, prendendo in considerazione una possibilità che è alla base di previsione sia dei terremoti che delle eruzioni”.

Qual è la causa di questi fenomeni?

“Da studi approfonditi si evince che probabilmente esiste un’unica causa profonda all’interno della terra, che ha sede nella superficie del mantello che ha contatto con la base della crosta. Il mantello si deforma, essendo più plastico sulla base regionale e può indurre nella crosta sovrastante delle forti tensioni che possono scatenare anche grandi eventi sismici e fenomeni eruttivi di rilevante energia”.

Nel marzo del 1993 si concluse una delle più importanti eruzioni del XX secolo. Ebbe inizio nel dicembre del 1991 e minacciò l’abitato di Zafferana. Cosa ricorda di quei momenti?

“L’unico intervento valido è stato quello della realizzazione di un terrapieno artificiale con l’obiettivo di rallentare il flusso lavico. Per quanto riguarda l’intervento all’interno della Valle del Bove con la rottura degli argini della colata mediante esplosivo, questo aveva la funzione di dirottare il flusso lavico sui canali predisposti artificialmente, in modo da diminuire il flusso lavico in quello principale”.

Nella notte fra il 14 e il 15 maggio 1983, fu tentato il primo intervento di deviazione della colata lavica, autorizzato dallo Stato, che minacciava i centri abitati di Nicolosi, Belpasso e Ragalna. Fu un intervento riuscito?

“Come principio l’intervento era corretto ma nel mio libro ‘Etna 1983: cronaca minore di un evento storico’, c’è scritto che l’errore commesso è stato quello di aver perforato gli argini delle colate. Invece bisognava fare dei fori al di sotto del fondo del canale di scorrimento della lava. Questo perché i fori da mina hanno determinato una forma di aerazione della colata all’interno del canale determinando un ispessimento dei suoi margini che provocava un restringimento della sezione di flusso e quindi il trabocco laterale della colata ostruendo tutti i fori da mina“.

Nel 2021 e l’inizio del 2022, l’Etna ha prodotto numerosi parossismi che hanno provocato disagi nei centri pedemontani. Adesso il vulcano dà l’impressione di essere in un fase di apparente “quiete“. Secondo lei si sta preparando a qualche fenomeno eruttivo?

“Nella vita di un vulcano esistono periodi di ‘quiete’ e periodi di eventi eruttivi ad alta energia. Ciò sempre è legato alla dinamica del mantello i cui movimenti possono favorire o meno la risalita del magma”.

L’anno prossimo ricorre il quarantesimo anniversario degli eventi sismici ( 19 e 25 ottobre 1984), che causarono parecchi danni nel centro abitato di Zafferana e Fleri e Pisano Etneo. Cosa ricorda di quegli eventi?

“I fenomeni dell’84 si possono inquadrare nella geodinamica nel settore orientale del vulcano. Infatti in quell’occasione la sismicità ebbe origine nel settore nord-orientale dell’Etna, nella zona della Pernicana, dove si aprirono parecchie fratture nel terreno. Successivamente questa sismicità investì la zona di Zafferana e dopo quella di Pedara. Questa fenomenologia, nel complesso, suggerisce la manifestazione di una deformazione profonda probabilmente nel mantello che si è propagata da Nord verso Sud, dando origine nella crosta a processi di fratturazione e conseguentemente a terremoti”.

A che punto è la stesura del suo libro “Etna: eruzioni e scoperte dell’inizio del Terzo Millennio”, al quale ha fatto riferimento?

“L’ultimo libro che spero di prossima pubblicazione è costituito da quattro capitoli. Il primo si riferisce a storie, leggende e curiosità che nel tempo hanno interessato l’Etna; il secondo alla descrizione, anno per anno (dal 2000 al 2022), dei fenomeni eruttivi che hanno interessato la zona medio-alta del vulcano, mettendo in correlazione la dinamica dei fenomeni eruttivi che avvenivano nei vari crateri sommitali; il terzo si occupa dell’evoluzione morfologica degli apparati eruttivi sommitali. Il quarto capitolo descrive le scoperte che sono state effettuate nel settore orientale dell’Etna. Inoltre viene descritto un modello geodinamico della Sicilia Orientale e delle aree limitrofe che spiegherebbe il perché l’Etna si trova dove attualmente sorge”.

Giuseppe Russo