Partito democratico e Movimento 5 Stelle spianano la strada alle destre e a un mese dalle elezioni si impiccano alla loro stessa corda, con buona pace degli elettori che avevano sperato di costruire un baluardo all’avanzata dei Putin, degli Orban, delle Meloni, dei Salvini, dei Dell’Utri e dei Cuffaro, sia a Roma che in Sicilia.

Nel giro di qualche settimana abbiamo assistito a una situazione tragicomica messa su dai vertici dei rispettivi partiti, con la partecipazione del “terzista” Calenda che da attore protagonista si candida al ruolo di personaggio in cerca d’autore.

Se alle nazionali la vittoria per le destre appariva scontata, in Sicilia la situazione era in bilico. Fino a pochi giorni fa i sondaggi davano i candidati dei maggiori schieramenti – Renato Schifani per la destra e Caterina Chinnici per i Progressisti alleati con i 5S – appaiati al 33 per cento, con il terzo incomodo Cateno De Luca staccato, ma che, secondo gli umori che si percepiscono dall’elettorato, potrebbe riservare sorprese.   

Nel giro di poche ore è cambiato tutto. I 5S, che avevano promesso “la tenuta” della coalizione in Sicilia, a dispetto della rottura romana di qualche settimana fa, consumano uno strappo clamoroso e dichiarano che correranno da soli con la candidatura del referente siciliano del movimento, Nuccio Di Paola.

Il Pd farà lo stesso e candiderà comunque Caterina Chinnici – uscita vittoriosa dalle primarie di coalizione – alla presidenza della Regione.

Con questa polverizzazione, è facile intuire chi avrà la meglio. Pochi giorni fa abbiamo scritto che le emergenze attuali (clima, spazzatura, lavoro, guerra e tanto altro) non consentono i giochi e i giochetti ai quali, come cittadini, assistiamo sbigottiti. È necessario un urgente ricambio di questa classe dirigente. Confermiamo l’assunto e andiamo avanti.

Luciano Mirone