“Il più pulito ha la rogna”. Così il Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, due giorni fa, durante una manifestazione di Fratelli d’Italia ha apostrofato “tutto” il movimento antimafia, senza fare un solo nome dei destinatari dei suoi attacchi (in calce a questo articolo pubblichiamo il resoconto dell’Ansa). Poi ha applicato lo stesso paradigma alla sinistra, creando una identificazione Antimafia-Sinistra, che oggi, francamente (con il personale politico che quello schieramento si ritrova), ci sembra inappropriato per la mancanza di gente come Li Causi, come Berlinguer, come La Torre, come Rizzotto, come tanti altri. Non si preoccupi, Egregio Presidente Musumeci: “La situazione è grave, ma non seria”, per citare Flaiano.

È grave per due ragioni, anzi per tre, ma intanto ci consenta di elencare le prime due: 1) il suo discorso è stato pronunciato in una data sacra per questo Paese: il 19 luglio, giorno del trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio; 2) Ed è stato espresso da una figura istituzionale che dovrebbe evitare certe cadute di stile, specie se si pensa che la stessa governa una terra funestata dalle stragi, dai delitti eccellenti e dai bambini sciolti nell’acido.

Non è seria, perché si tratta di una locuzione a dir poco stravagante. Sì Signor Presidente, la situazione non è seria, perché da lei – proprio nel giorno dedicato alla memoria, alla riflessione e alla denuncia – ci saremmo aspettati un discorso duro sui mandanti di via D’Amelio, sui depistatori delle indagini (gli atti processuali sono pieni di nomi e cognomi), sulle collusioni fra mafia e politica, vero cancro di questo Paese che non riesce a liberarsi di Cosa nostra (e neanche delle altre mafie che lo corrodono, dalla ‘ndrangheta alla camorra alla Sacra corona unita) che perde sempre più posizioni di fronte all’Europa e al resto del mondo.  

Invece Lei ha preferito attaccare “ideologicamente” il movimento antimafia (sovrapponendolo alla sinistra e viceversa) da una tribuna partitica che appartiene a una coalizione nella quale il rapporto con la criminalità è a dir poco scandaloso. 

Sia chiaro: questo giornale è il primo a stigmatizzare certe frange della pseudo antimafia, sia per le carriere costruite in nome dei Martiri, sia per i facili guadagni ricavati dalle battaglie moralistiche che qualcuno ha portato avanti. E’ vero, il movimento deve crescere, alcuni esponenti devono maturare.

Ma guai a generalizzare, perché generalizzando andremmo a colpire tantissime persone perbene (sacerdoti, magistrati, insegnanti, giornalisti, casalinghe, gente comune) che quotidianamente portano avanti certi progetti sulla legalità che fanno da deterrente all’avanzata poderosa delle mafie. Se non fosse stato per il movimento antimafia che sostiene i magistrati in prima linea come Di Matteo, Ardita o Gratteri, l’Italia sarebbe stata governata dai Riina e dai Santapaola.

Ma una cosa è la critica mossa dai militanti che, pur pagando prezzi molto alti, portano avanti spassionatamente certi discorsi per il futuro della Sicilia, un’altra da persone che fanno parte di contesti fortemente inquinati.

Ci dispiace Presidente (e questo è il terzo punto per il quale diciamo che le sue dichiarazioni sono gravi), ma il pulpito dal quale Lei fa parte, non è quello giusto per le prediche. Preferiamo il Musumeci prima maniera, quello che, schifato per il mare sporco che aveva attorno, preferì navigare da solo (ricorda la prima elezione da Presidente della Regione alla quale partecipò?) perdendo dignitosamente. Preferiamo il Musumeci che, pur da posizioni politiche diametralmente opposte, dialogava con pezzi importanti della sinistra. Preferiamo il Musumeci che porta avanti le sue battaglie per porre la “questione morale” in cima all’agenda della sua parte politica.    

Ci dispiace, ma il Musumeci che pronuncia questi discorsi nel giorno dell’anniversario della morte di Borsellino, stentiamo a riconoscerlo.

Ma ci consenta, Presidente, di dirLe che il Suo pulpito non è quello giusto anche quando criminalizza la sinistra. Anche in questo caso, è doveroso dire che questo giornale ha sempre attaccato dei personaggi che la sinistra avrebbe dovuto mettere da parte da tempo.

Come dimenticare i governi siciliani di Cuffaro e di Lombardo varati grazie all’aiuto della sinistra di Beppe Lumia? Come dimenticare le alleanze di Crocetta? 

Detto questo, bisogna dire che malgrado le cialtronerie di certa sinistra (spesso “funzionali” ai Comitati d’affare e a talune consorterie), c’è una grande differenza etica fra i due schieramenti.

La destra di cui Lei fa parte, Egregio Presidente, è figlia di quel Marcello Dell’Utri, “padre” di Forza Italia e di tutto il centrodestra, braccio destro di un leader che ha avuto rapporti con boss come Vittorio Mangano, e non solo.

Sa chi è Dell’Utri, Presidente Musumeci? Sa quanti personaggi arrestati, sotto inchiesta o condannati conta la sua coalizione? La sinistra, sgangherata per quanto possa essere, non ha una situazione così incresciosa. Ecco perché da Lei si aspetteremmo ben altro tipo di discorsi.

Luciano Mirone

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Quello che segue il pezzo dell’Ansa che riassume la posizione di Musumeci sull’Antimafia.

“Sono sempre stato diffidente nei confronti di chi dalla mattina alla sera parla di antimafia. Sono pericolosi, pericolosi. Perché fanno la lista dei buoni e dei cattivi, perché si ergono ad avere una superiorità genetica, perché fanno gli anti-mafiosi per mestiere, perché si auto-accreditano una sorta di passaporto: questa parabola per molti dei professionisti dell’antimafia è durata poco e si è conclusa nelle aule di giustizia, nelle pagine di cronaca nera e giudiziaria dei giornali. Erano mestieranti, il più pulito aveva la rogna”.

Così il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, al convegno a Palermo organizzato da FdI. “Certa sinistra – aggiunge il governatore – ma anche il mondo del populismo grillino, ha tentato in questi anni di accreditarsi un ruolo di mestieranti dell’antimafia per delegittimare gli avversari: li abbiamo smascherati, abbiamo dimostrato che l’antimafia da mestiere ormai in Sicilia non trova più terreno fertile per attecchire. Lo abbiamo fatto con coraggio e determinazione. Noi di destra sappiamo cosa è l’antimafia militante”.

“Io avevo 39 anni – ricorda Musumeci – quando la mafia mi condannò a morte, una sentenza che non venne eseguita per due ore: quando i servizi intercettarono la telefonata e sventarono l’attentato dinamitardo davanti casa mia. Ero colpevole di avere sottratto alla mafia un appalto di 52 miliardi di lire per un centro sportivo che si doveva realizzare ai piedi dell’Etna. Da allora sono stato sotto scorta. Ma non ne abbiamo mai fatto un mestiere, anzi l’abbiamo evitato. Per noi di destra, l’antimafia è nel codice genetico”.

Nella foto: il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci