«Sicuramente non staremo zitte e non ce ne staremo ferme: continueremo a combattere per i nostri diritti, perché i nostri diritti sono diritti umani». Così l’attrice Eva Longoria, presentando al Taormina Film Fest il film collettivo Tell It Like a Woman, assieme ad alcune delle registe, Maria Sole Tognazzi, Lucia Puenzo e Leena Yadav, ai produttori Andrea Iervolino (Iervolino & Lady Bacardi Entertainment), Chiara Tilesi (We Do It Together) e Lucas Akoskin, alla compositrice Premio Oscar Diane Warren e alla cantante Sofia Carson.
Un incontro che ha visto al centro la necessaria battaglia per affermare nel mondo la libertà femminile e la parità di genere, contro le spinte regressive di una società ancora patriarcale. «Il patriarcato è vivo, vegeto ed è forte nella maggior parte delle nazioni del mondo», ha affermato Longoria commentando la recente sentenza della Corte Suprema statunitense che nega di fatto l’aborto come un diritto federale. Una svolta che è stato il punto d’arrivo di un processo politico risalente all’era di Barack Obama, come denuncia l’attrice (già sostenitrice dell’ex presidente afroamericano): «Ad Obama avrebbe dovuto essere consentito di scegliere un giudice della Corte Suprema, ma la nomina è stata bloccata dal senato». Il successore Donald Trump ha quindi portato con le sue nomine a una maggioranza di giudici conservatori.
Ma, ha aggiunto Longoria, «dobbiamo ricordarci che siamo tutti collegati», perché l’urgenza di una lotta per (ri)affermare i diritti delle donne non riguarda solo l’America ma il mondo intero: «Abbiamo molto lavoro da fare per creare questo cambiamento, che non solo vogliamo vedere ma che è necessario. I media hanno una gran parte in questo. Dobbiamo dimostrare al mondo chi siamo, cosa facciamo, quanto valiamo». Una presa di posizione che riflette l’impegno civile di Longoria, portato avanti da tempo e senza tentennamenti: «Sono sempre stata convinta di dovermi ergere a favore della giustizia e contro l’ingiustizia. Vengo da una famiglia filantropica, dare una mano è nel mio DNA. L’attrice e la regista è quello che faccio, non quello che sono, ciò che sono è una madre, una figlia, un membro della comunità».
«È un casino totale», ha dichiarato senza mezzi termini Diane Warren in merito alla sentenza della Corte Suprema USA. «Come se stessimo andando indietro quando si pensava che stessimo andando avanti. È un discorso che va al di là della politica e riguarda proprio l’umano. Dobbiamo fare tutto quello che possiamo per lottare contro questa decisione e lo faremo»: anche attraverso la musica, che, chiosa la compositrice, «non va al cervello ma al cuore».
Proposito condiviso da Sofia Carson, che per Tell It Like a Woman ha cantato il brano Uplose, scritto da Warren. «È difficile trovar le parole», ha aggiunto Carson, «è devastante, insopportabile, inconcepibile dover vivere in un mondo dove noi donne veniamo private dei nostri diritti e delle nostre libertà. I diritti per i quali le nostre madri, le nostre nonne avevano hanno dato la loro vita, per i quali hanno combattuto e che noi abbiamo goduto. Anche noi dovremo combattere, dovremo farlo per i nostri figli».
Maria Sole Tognazzi ha invece detto la sua sulla possibilità che spinte regressive sul piano dei diritti delle donne possano verificarsi anche in Italia: «Mi auguro che questo non accada, ho il ricordo di una nonna che ha lottato per tantissime leggi tra cui il divorzio e sono cresciuta in una famiglia di donne fortissime che mi hanno insegnato il valore di essere donna e di supportare ciò che fa una donna in qualsiasi momento della vita». Tognazzi ha poi ricordato le difficoltà ad ottenere rispetto e ascolto dalle troupe prevalentemente maschili durante la lunga gavetta come aiuto regista, e raccontato come l’episodio da lei diretto di Tell It Like a Woman (Unspoken) sia stato ispirato alla sceneggiatrice Giulia Louise Steigerwalt da un fatto vero accaduto in America.
«In questo momento è fondamentale parlare di donne», ha detto Lucia Puenzo, sottolineando l’importanza del «coinvolgere gli uomini in tutto questo». Perché, come rimarcato da Leena Yadav, «anche loro hanno bisogno di recuperare, di guarire da secoli di condizionamento». E per liberarsi da questi condizionamenti culturali può essere fondamentale l’apporto del cinema con la sua capacità di decostruire narrazioni e fondarne di nuove. «Oggi la narrazione della donna è molto oggettificata», ha sottolineato in questo senso la produttrice Chiara Tilesi. Il cinema, ha proseguito, può e deve ricordare che «non siamo oggetti ma soggetti», e che «non siamo gli uni contro gli altri ma uniti possiamo cambiare questo paradigma».
Nella foto: un momento della conferenza stampa al Taormina film festival in cui è stata stigmatizzata la recente decisione della Corte suprema degli Stati Uniti contro l’aborto
Emanuele Bucci
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