“Nonostante tutto”, è  il nuovo libro dello scrittore trapanese Giacomo Pilati con le belle illustrazioni a colori di Sara Benecino, per i tipi dell’editore Buk  Buk, una “Canzone d’amore per Giovanni Falcone e Francesca Morvillo” (come recita il sottotitolo) composta a trent’anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato, la moglie e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

Un volume pregiato, confezionato con copertina cartonata, presentato in questi giorni al Salone del libro di Torino, che ripercorre – attraverso la fantasia dell’autore dei testi e i disegni dell’illustratrice – lo stato d’animo di Giovanni e di Francesca poco prima dell’attentatuni:  i momenti sull’aereo, i ricordi del matrimonio, l’infanzia, l’inizio della carriera in magistratura, e l’atterraggio,  il viaggio da Punta Raisi a Palermo, quando “siamo saliti dentro la Croma, E Giovanni ha voluto guidare a tutti i costi”… “l’automobile scura che ci ha superato”, Francesca che apre un poco il finestrino, “sento l’odore dell’aria”, e “prima il botto. Sì, il botto. Arriva dal catrame e si alza in cielo”.

Pagine di poesia, in cui il passato si mischia al presente e persino al futuro in un intreccio Joyciano in cui tutto – la vita, la morte, il mare, le persone e le cose  – è caos e viene sconvolto da un lampo, da un boato e da uno squarcio in autostrada, perché, come si legge nell’ultima di copertina, “la poesia può tutto”. e “può risalire al prima” (luciano mirone)

L’intera copertina del libro di Giacomo Pilati (testi) e Sara Benecino (illustrazioni). Sopra: una parte della copertina

Di seguito un brano del libro:

E prima eravamo a Roma sull’aereo.

E lui mi ha dato la mano, sull’aereo.

Poi me l’ha lasciata la mano, sull’aereo.

E prima lui si è preso il caffè.

E mi ha baciato.

Sulla guancia prima mi ha baciato.

E prima mi ha chiamato al telefono.

E io subito sono scesa

E prima lui mi aspettava dentro la macchina

E prima….

Mi sono sposata a maggio. Di notte. Che a pensarci ora mi viene da ridere. Perché uno pensa al giorno più bello della propria vita come nei filmini degli amici: la torta bianca, l’automobile blu, il bouquet rosa. Colori così. E invece quel giorno io me lo ricordo in bianco e nero. Che pareva uno di quei polizieschi francesi degli anni 70 che a Giovanni piacciono tanto. Le macchine blindate, i carabinieri, i giubbotti antiproiettile, gli M12, il fumo del sigaro denso come un banco di nebbia con tutto quel buio.

Il mio sì glielo ho detto un mese dopo che l’ho conosciuto. Aveva una luce in quegli occhi antichi che spaccava il cuore. Che certe volte io mi perdevo dentro di lui. Mi guardava col profilo basso, il sorriso fra le ciglia, la curva delle labbra appena sollevata, la mascella un poco di sbieco, la fronte liscia come una tavola.

La testa allora si svagava, se ne andava per i fatti suoi. Non ci pensavo più a quello che dovevo dirgli. Una calamita mi tirava le parole dentro al petto. E restavo muta a guardarlo. Poi Giovanni se ne usciva con una delle sue battute che facevano ridere solo a me, e finivamo tutti e due a chiederci cosa ci eravamo scordati di dirci.

E prima eravamo a Punta Raisi. E siamo saliti dentro la Croma. E Giovanni ha voluto guidare a tutti i costi. E io mi sono seduta accanto a lui. E Giuseppe dietro. Per farcela sembrare una passeggiata normale. E tutto quello che c’era attorno a noi facevamo finta che non c’era.

E’ vero ci siamo sposati di nascosto. Ma solo per non fare rumore. Che già bastavano le chiacchiere dei colleghi a fare scruscio. Ci chiamavano gli amanti. Che è una parola bella a pronunciarla come si deve. Ma loro lo dicevano con disprezzo. Il Presidente a Giovanni glielo disse a bassa voce che questa storia non poteva durare perché davamo scandalo. Voleva farlo trasferire. E con la calma che certe volte ostentava apposta, gli ha risposto che era giusto che facesse il suo dovere. E non se ne parlò più.

E prima lui voleva andare a Favignana. La pasta col tonno. I calamari arrosto. La bottiglia di inzolia. Ci pensava da una settimana. E invece dentro la camera della morte tonni non ce n’erano.

Giovanni non ha bisogno di dirmele le cose che ha nella pancia, con me parlano gli occhi suoi. Ci passiamo lacrime e gioie. In silenzio ce le passiamo. Dice che siamo riservati. No, siamo normali, due persone normali. Sono altre le cose che non sono normali: le sirene, le scorte, la camionetta dei carabinieri sotto casa, i mitra spianati. Non è normale che non possiamo farci una pizza, un viaggio per i fatti nostri, una passeggiata sotto le stelle. Come fanno tutti quelli che si vogliono bene. L’unica cosa speciale è l’amore nostro. Speciale sì. L’amore nostro è speciale. Meno male che Giovanni non mi ascolta. Mi prenderebbe in giro, sicuro. Lui è come me, non è fatto per queste romanticherie. Noi due siamo felici. Sì, così ci sentiamo. Nonostante tutto. Felici, completi, non ci manca niente. Nonostante tutto. Ci convinciamo che non ci manca niente. Per essere felici. Che pare un gioco di parole, ma giuro che è così. Nonostante tutto.