Conservo delle belle immagini scattate dalla macchina della mia memoria che risalgono al post disastro Chernobyl. A Mascalucia, comune alle pendici dell’Etna, anni fa ospitammo un gruppo di bambini e ragazzi ucraini, così come si fece in altre città italiane, con l’intento di risanarli dalle radiazioni. In quel periodo abbiamo avuto l’opportunità di conoscere, fra gli altri, dei soprani e baritoni bielorussi di alto livello.

Ricordo un Capodanno trascorso con questi bambini dai bellissimi occhi azzurri che subito dopo la mezzanotte, si adoperarono ad addobbare l’albero di Natale, così come d’uso nel loro paese d’origine per poi andare fuori in maniche di camicia, perché per loro il nostro clima invernale è assai meno rigido del nostro.

Oggi, vedendo le atrocità che giorno dopo giorno si consumano in quei paesi, penso con rammarico che sicuramente molti dei bimbi che avevo conosciuto allora, sono impegnati in guerra o magari già morti a causa di questa “pazzia chiamata guerra”, usando le parole di Papa Francesco.

Nonostante la mia affezione verso questo popolo, non posso e non devo essere di parte; il mio cuore è anche dalla parte del popolo russo. Questa guerra, così come tutti i conflitti esistenti in varie parti del mondo, è disumana. E, nel caso specifico, a questo conflitto tra russi e ucraini, si aggiunge un ulteriore elemento di drammaticità che potrebbe avere effetti devastanti per tutta l’umanità.

Mi riferisco alle ferite lasciate da una pandemia ancora in atto, che ha interessato e continua ad interessare tutto il mondo. La storia ci insegna che dopo periodi di crisi di qualsiasi natura, l’essere umano ha avuto la forza di risollevarsi. Oggi noi abbiamo “saltato questo passaggio” e abbiamo perso questa possibilità a causa degli sporchi interessi economici volti a finanziare una guerra, anziché continuare a lavorare per combattere un virus dalle dimensioni globali.

Mi sovviene il ricordo della guerra fredda fra l’America e l’ex Unione Sovietica e il successivo Premio Nobel conferito a Michail Gorbaciov per essere riuscito a riportare la pace tra le due super potenze dell’epoca (Stati Uniti e Unione sovietica).

Ecco, mi piacerebbe che Putin e Zelensky, facessero memoria di questo importante momento storico e provassero concretamente ad arrivare un accordo di pace e di benessere fra i due popoli. Sono di certo uno dei tanti ingenui sognatori, ma vorrei cessasse questo odio dettato da un esercizio di potere sciocco, da una contesa fondata su principi territoriali che in questo momento di crisi non giovano né alla Russia né all’Ucraina.

Concludo questa mia riflessione ponendo un ulteriore interrogativo: abbiamo davvero coscienza del concetto di pace se nei giorni di pasqua persino il Pontefice è stato oggetto di polemica per aver deciso di far portare, durante la via Crucis, la Santa Croce sia ad un’infermiera ucraina che ad una russa?

Arcangelo Gabriele Signorello