“Ad un certo punto sentivo che sarebbe arrivato questo momento. Era il sogno di quando ero più piccola: scrivere questo romanzo…”. Vibrante, sincera, semplice e ancora una volta capace di trasmettere emozioni grazie alle parole. Ha saputo ancora una volta trascinare con sé il pubblico Francesca Michielin, cantante e polistrumentista che ieri sera ha presentato ai lettori siciliani il suo primo romanzo, “Il cuore è un organo” (Mondadori), chiacchierando con la platea del Catania Book Festival. Ad intervistarla, il direttore Simone dei Pieri.
“Questo non è un romanzo autobiografico, ma ho messo un sacco di esperienze come persona che vive e osserva la musica da una prospettiva differente – ha detto Michielin – . Ho messo attenzione su tante dinamiche di giovani donne che si occupano di musica”.
E alla domanda di Di Pieri se esiste il rischio di diventare autoreferenziali raccontandosi da una prospettiva privilegiata, lei risponde: “Sto rifuggendo tutto ciò che è autoreferenziale. Sono portata a parlare un po’ di me, ma già da tempo sto cercando di mettermi nelle prospettive di altre persone. Sentivo l’esigenza di raccontare una storia. Viviamo in una società in cui ogni giorno ci viene raccontato tutto degli altri”.
L’artista definisce il “pop” , “una sorta di grande spazio dove ognuno può essere se stesso”. “È interessante – aggiunge -pensare che tante cose legate al pop sono in realtà concetti dispregiativi; viene collocato in una sfera di ‘non abbastanza’, ed è quello che vive la protagonista”.
“Ho scelto il 2005 – dice Michielin – come periodo storico, anno in cui le artiste dovevano essere ‘quella cosa lì’. Non potevano scappare da quell’etichetta. Quella ragazza vive questo contrasto. E questo dolore che vive come esperienza positiva per crescere, accettare il dolore come strumento di crescita. Accettare la propria fragilità, accettare il fatto che siamo complessi. Questo è sicuramente il tema del libro. Essere pop è anche essere molto complessi”.
Redazione
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