“Nei primi anni Duemila, alcuni malavitosi, nel corso di conversazioni intercettate, affermavano di poter contare su informatori e spie nel commissariato di Mazara del Vallo e nella Questura di Trapani. Alcuni di loro dicevano: quando dovevamo avere perquisizioni della polizia lo sapevamo prima, adesso con i carabinieri non è più così”.

Lo ha detto Maria Angioni, ex pm alla Procura di Marsala, sotto processo davanti al Tribunale marsalese, per false informazioni a pubblico ministero nell’ambito delle indagini sul sequestro della piccola Denise Pipitone, scomparsa a Mazara del Vallo il primo settembre 2004, quando aveva poco meno di quattro anni.

Il 3 maggio 2021, ai pm di Marsala, Angioni ha parlato di “depistaggi” che sarebbero avvenuti alla fine del 2004, quando coordinava insieme all’allora procuratore capo Antonino Silvio Sciuto e altri colleghi. Per i dubbi sulla fedeltà della polizia, le indagini sul sequestro di Denise furono, quindi, revocate al commissariato di Mazara e affidate ai carabinieri della sezione di pg di Marsala, con i quali c’era un rapporto diretto e giudicati “fedeli”. Alla polizia, ha detto l’ex pm, furono affidate solo deleghe per accertamenti “marginali”.

“In un’altra intercettazione – ha continuato Angioni – abbiamo ascoltato uno dei due vertici di commissariato di Mazara e questura di Trapani, non ricordo chi dei due, affermare di voler ‘far saltare’ il procuratore Sciuto. A quelle parole, il collega Andrea Mosca sobbalzò, dicendo ‘gli vogliono mettere una bomba’, ma era chiaro che non si trattava di questo. E infatti, qualche tempo dopo, dopo che la commissione del Csm si era pronunciata favorevolmente sulla domanda di Sciuto di andare a dirigere la Procura di Trapani, poi il plenum non lo nominò”. L’ex procuratore Sciuto, adesso in pensione, è uno dei testi che la difesa ha citato nel processo alla Angioni.

Nella foto: la piccola Denise Pipitone qualche tempo prima del suo sequestro

Ansa