Un caso lungo dieci anni, un omicidio raccapricciante di una ragazza di 22 anni, Agata Scuto, avvenuto ad Acireale nel giugno 2012, che i magistrati di Catania hanno risolto oggi con l’arresto (ad opera dei carabinieri della locale compagnia) di Rosario Palermo, 61 anni, con l’accusa di omicidio aggravato e di occultamento di cadavere.

Le indagini erano state avviate nel 2020 a seguito delle notizie acquisite in occasione della trasmissione del programma televisivo “Chi l’ha Visto” di RAl3, quando una persona, all’epoca non identificata, aveva affermato che il corpo di Agata – una ragazza affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e alla gamba – era nascosto nella cantina della casa della madre.

LA RICOSTRUZIONE DEI MAGISTRATI. “Su delega di questo Ufficio, i Carabinieri di Acireale, avvalendosi anche di nuovi strumenti tecnologici, accertavano però che il corpo dì Agata non si trovava né nella cantina né nel terreno circostante all’abitazione familiare.

Venivano, quindi, ricostruite meticolosamente le ultime ore di vita di Scuto Agata, anche mediante l’escussione dì numerosi testimoni, e si provvedeva, altresì, a verificare gli spostamenti dei familiari della ragazza e di Palermo Rosario che, all’epoca, era il convivente della madre.

I sospetti si concentravano su Palermo in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone, e in ragione della falsità delle notizie fornite agli inquirenti dallo stesso Palermo circa i suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata.

Segnatamente si accertava che Palermo Rosario il giorno della scomparsa di Agata non si era recato né a raccogliere lumache nella piana di Catania né à raccogliere origano sull’Etna, come dallo stesso sostenuto nel corso degli interrogatori resi.

Ulteriori e significativi elementi sono stati acquisiti nel corso delle attività tecniche compiute nei confronti dello stesso Palermo e di soggetti a lui vicini che, allo stato del procedimento e in assenza del contraddittorio tra le parti, costituiscono gravi indizi di colpevolezza circa la responsabilità dell’uomo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere.

Lo stesso, infatti, parlando da solo all’interno della propria autovettura, spaventato dal suo possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di Scuto Agata venisse trovato in un casolare a Pachino e che sì accertasse che la stessa era stata strangolata e bruciata, riflettendo sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere.

Aggrava il quadro indiziario la circostanza che Palermo Rosario avrebbe cercato di inquinare le prove, non solo ottenendo da dei suoi conoscenti la conferma del suo falso alibi, ma addirittura predisponendo una complessa messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era gravemente ferito ad una gamba.

In effetti, risulta dagli atti acquisiti che il giorno della scomparsa di Scuto Agata, Palermo era rientrato a casa in tarda ora e gravemente ferito ad una gamba, a causa – a suo dire – di una caduta in montagna. Al fine di inquinare le prove, l’indagato – durante le restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia – avrebbe cercato di nascondere in una località sull’Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, tondino che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza”.

Redazione