A Malta ennesimo suicidio presso l’istituto penitenziario Corradino. Cosa sta accadendo davvero all’interno delle carceri dell’Isola?  

L’ultimo fatto si è verificato mercoledì 10 novembre, quando il corpo senza vita di Arun Jose – 35 enne di origine indiana, arrestato a Malta per una serie di reati sessuali, persino nei confronti di minori – è stato scoperto nella sua cella alle 6.30, mentre i funzionari della prigione conducevano la loro ispezione del mattino.

Una nota trovata accanto al corpo dell’uomo ha subito sollevato ogni dubbio di un ennesimo caso di suicidio, nonostante sia stato sostenuto che Jose non fosse un soggetto a rischio, nè presentasse tendenze suicide: dai rapporti sembra che avesse lavorato tranquillamente all’interno della prigione nelle settimane precedenti.

Negli ultimi tre anni, diversi detenuti sono deceduti presso l’istituto penitenziario maltese Corradino, gestito dall’ex ufficiale militare Alexander Dalli. E ci sono voluti 14 morti ed una serie di gravi accuse in merito ad un presunto duro – a tratti disumano – trattamento in carcere, perché il suo direttore si “auto sospendesse”. Già all’inizio dello scorso agosto, fu istituita una commissione d’inchiesta per sondare le procedure di prevenzione e supporto ad “aspiranti suicidi” della prigione, un provvedimento probabilmente non efficace, visto il recente accaduto.

Ma cosa sta accadendo davvero nelle carceri maltesi?

Dopo mesi in cui s’è raddoppiata la popolazione carceraria e si è registrato un record assoluto di suicidi tra i detenuti, poco tempo fa è arrivata una denuncia da Brian Vella, 41 anni, di cui 21 già scontati presso Corradino per un duplice omicidio nel 2000. L’uomo ha richiesto, tramite un esposto presentato presso il Tribunale della Valletta, l’apertura di un’inchiesta per la «sistematica campagna di terrore, paura e torture, condotta dalle guardie carcerarie del penitenziario di Malta, sotto gli occhi apparentemente indifferenti del direttore della prigione e di tutto il management», a detta di Vella. Punto davvero grave nell’esposto dell’uomo – che si è detto pronto a confermare sotto giuramento – indicherebbe l’esistenza di una «sedia della tortura» in una «stanza segreta» del carcere. Tramite il suo avvocato, Vella ha inoltre comunicato ai media maltesi che il regime carcerario «non è mai stato così cattivo come sotto l’attuale amministrazione».

Vella ha infine affermato di aver visto, assieme ai compagni di cella, che le guardie carcerarie, il 24 settembre 2018, portarono fuori dalla prigione il cadavere di un detenuto, operazione tenuta segreta, «a dimostrazione che la morte era probabilmente dovuta a qualcosa di illecito ed illegale». Fu da quel momento che, sentendosi in qualche modo scoperte, le guardie carcerarie avrebbero cominciato una «campagna di persecuzione» nei confronti dello stesso Vella, negandogli le visite parentali, persino favorendo la perdita del lavoro nella falegnameria del carcere?

Immediata la risposta dell’Agenzia Maltese responsabile delle carceri (Css) che con un breve comunicato ha «categoricamente smentito qualsiasi accusa». Intanto nell’Isola si parla di atteggiamenti strani, che avrebbero visto il direttore camminare per la prigione con una pistola (a volte sparando ai piccioni).

Si tratta di vari resoconti di abusi fisici e psicologici avvenuti al Corradino, di una cultura della paura, di una situazione così deprimente da spingere alcuni detenuti nel preferire, a quanto pare, di porre fine alla propria vita piuttosto che sopportare un altro giorno in quel luogo.

Tutto cio’ dunque lascia pochissimi dubbi sul fatto che Alexander Dalli gestisse la “sua” prigione con il pugno di ferro, con atteggiamenti di terrore sistematico, paura, isolamento, negazione dei diritti di visita e blocco di qualsiasi comunicazione con il mondo esterno.

All’istituto pentenziario c’era già stato un precedente.

Nel 1988, una commissione d’inchiesta guidata dal defunto giudice Maurice Caruana Curran, scoprì che i prigionieri venivano sistematicamente sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, quando Ronald Theuma, un ex ispettore di polizia, era il direttore del Corradino. Theuma ne era diventato direttore in seguito ad una rivolta all’interno del penitenziario che aveva richiesto l’intervento della polizia armata per ristabilire l’ordine. In un primo momento, a Theuma fu attribuito persino il merito di aver apportato una serie di miglioramenti alle condizioni carcerarie, tra i quali l’installazione di servizi igienici nelle celle, l’organizzazione di partite di calcio e persino di portare, durante la calura dei mesi estivi, i detenuti a fare una nuotata. All’improvviso però trapelò la storia di diversi detenuti vessati durante il loro isolamento e lasciati persino senza vestiti. Anche Theuma si dimise in seguito alle accuse mosse contro di lui e anche allora partì subito una commissione d’inchiesta per far luce sul caso.

Pesanti accuse sono state mosse dall’opinione pubblica in particolare nei confronti del Ministro degli Interni Byron Camilleri: sembra che il Ministro avesse capito da tempo quanto grave fosse la situazione al Corradino; eppure ha inizialmente smentito le pesanti accuse, anche se in un secondo tempo ha ammesso che in passato un detenuto era stato effettivamente «legato ad una sedia, ma esclusivamente sotto raccomandazione di un medico, che lo considerava un pericolo per sé stesso, il personale e gli altri detenuti».

Nonostante quanto dichiarato, Camilleri ha continuato tenacemente a sostenere che “la maggior parte” delle morti avvenute in carcere negli ultimi tre anni, si sono verificate per cause naturali e che le indagini successive lo hanno confermato. Ma non è mai stato effettivamente confermato il numero effettivo delle morti naturali e dei suicidi. Dalli si è auto sospeso, ma non risultano provvedimenti nei suoi confronti da parte del Governo. Basterebbe semplicemente agire con maggiore solerzia per garantire che tutti i detenuti vengano trattati con dignità, nonostante stiano scontando una pena.

Valentina Contavalle