Oggi, venerdì 8 ottobre, alle 18,30, presso il salone di Palazzo Bufali a Belpasso (Catania) si presenta il libro “Non è andata bene” (90 pagine, Rmb editore) del giornalista e scrittore Vito Sapienza, scritto nel periodo del lockdown (marzo-maggio 2020), quando l’autore ha composto questi “pensieri di clausura, tra versi stentati e prose scontate” (come recita il sottotitolo). L’evento (di palpitante attualità) vedrà la presenza di Luciano Signorello, presidente della Fondazione Bufali, che curerà l’introduzione, di Fabio Formosa (conduttore), e Valentina Mammino (moderatrice). Legge Antonella Insabella. Conclude Claudia Campese.
Di seguito pubblichiamo un brano dell’introduzione.
Quel misterioso virus proveniente dalla Cina che circolava da qualche mese non voleva saperne di allentare la sua bellicosità e i dati dell’otto marzo – 7.375 contagiati (dei quali 6.387 positivi, 622 guariti e 366 purtroppo deceduti) – confermavano che non si trattava più di ‘normale influenza’, come si era detto e ripetuto, ma di qualcosa di più preoccupante.
Era ormai chiaro che ci trovavamo nel bel mezzo di una guerra alla quale non eravamo preparati e che avevamo di fronte un nemico pressoché sconosciuto che stavamo affrontando con armamenti, se non improvvisati, sicuramente insufficienti. La messa a punto di strategie per indurlo alla resa finale purtroppo richiedeva tempo e nell’attesa bisognava fare qualcosa che potesse quantomeno contrastarlo. Se si volevano ridurre altre occasioni di trasmissione dell’epidemia, bisognava intensificare le misure fino ad allora adottate.
Con queste premesse, il giorno dopo, vedeva la luce il DPCM che avrebbe esteso a tutta l’Italia le restrizioni già in vigore in alcune regioni e zone del nord, trasformando tutta l’Italia in un’unica “zona rossa”, anzi in una “zona protetta”, per usare le parole pronunciate dal presidente Conte nella diretta TV a reti unificate. “Io resto a casa”, la sua raccomandazione accolta prontamente, presto rinforzata dagli arcobaleni con su scritto “Andrà tutto bene!” ai quali i balconi e le finestre di tutt’Italia avrebbero affidato il loro messaggio di fiducia e di speranza.
Rimanere estranei a quell’atmosfera cui contribuivano anche le Tv diffondendo immagini di spontanei concerti, quasi tutti aperti o conclusi con l’inno nazionale, era pressoché impossibile. Normale che anch’io ne rimanessi coinvolto. Si possono spiegare così la foto di Palazzo Bufali sovrastato dai colori dell’arcobaleno da me postata su FB e gli improvvisati versi composti subito dopo. Anch’io ero convinto che ne saremmo venuti fuori e che alla fine avremmo gridato con forza “È andata bene!”.
Peccato che quella fiduciosa speranza verso un futuro finalmente sereno avrebbe avuto scarsa resistenza di fronte all’incalzare di un presente che ogni giorno ci avrebbe fatto comprendere il vero significato di “lockdown” (parola per la maggior parte pressoché sconosciuta), mettendoci di fronte a situazioni mai sperimentate prima.
Il blocco di qualsiasi spostamento (se non per comprovate questioni di lavoro, casi di necessità e motivi di salute), il divieto di celebrare funzioni religiose (compresi matrimoni e funerali), le chiusure (di palestre, piscine, cinema, teatri, musei, centri culturali, parrucchieri, centri benessere, discoteche e stazioni sciistiche), la sospensione delle attività didattiche in presenza e delle manifestazioni sportive avrebbero cambiato la nostra abituale quotidianità. La nostra vita sarebbe risultata a tal punto stravolta che alla fine non saremmo stati più gli stessi.
Frutto delle lunghe giornate trascorse in casa – tra letture e TV, tra telefono e whatsapp, tra sedia e divano, tra terrazzo che si affaccia sulla strada e balcone che si affaccia sul cortile – sono queste pagine che, tra prose scontate e versi stentati, rappresentano la mia inaspettata e gradita compagnia.
Sono il racconto delle mie preoccupazioni (per i pericoli del presente), delle mie paure (per un futuro incerto e tutto da riscrivere), delle mie fragilità (al posto di sicurezze che mai avrei messo in dubbio) e delle mie ansie (per notizie attese che tardavano ad arrivare). Sono il racconto della mia gioia (per un abbraccio ritrovato soffocata dal dolore per la scomparsa di persone assai care) e delle mie emozioni (per la natura che rinasce e la vita che vuole riprendere, nonostante tutto). Sono il racconto del mio claudicante ritorno alla normalità.
“Andrà tutto bene!” ripetevamo per darci coraggio. Siamo sicuri che sia andata proprio così?
Vito Sapienza
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