Buongiorno. Mi scuso per non aver risposto ai post che mi sono stati rivolti su facebook in questi giorni: ma non è colpa mia.  Una settimana fa, infatti, sono stato radiato da facebook per una settimana, con la motivazione che “incitavo all’odio”.

Sono un anziano giornalista, ho settant’anni e esercito questo mestiere da quaranta. Non ho mai incitato all’odio nessuno, e in questo caso mi ero limitato a ripubblicare un mio vecchio articolo del 1993 in cui esprimevo motivate critiche ai talebani e ai governi Usa, saudita e pakistano. L’odio non c’entrava affatto e in ogni caso, come tutti sanno, non è mai stato fra le mie corde.

E allora? Complotto capitalista-taleban-saudita contro Orioles? Ma no. Semplicemente – il che è peggio – scarsa professionalità e avarizia.

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La “censura” su facebook è infatti affidata:

1) a rudimentali software di riconoscimento, che “ragionano” da software, cioè non ragionano affatto. Una statua della Venere di Milo, ad esempio, è stata censurata (con relativa sanzione) perché comprendeva seni femminili, che il programma è talebanescamente addestrato a denunciare; la foto di una piccola vittima dell’immigrazione, gettata scompostamente su una spiaggia, è stata censurata (e punita) per “pornografia infantile”; e così via. Alcuni termini del mio articolo, del tutto giustificati nel contesto, avranno fatto accendere qualche lampadina del cervello nel robot;

2) a volenterosi giovani precari, ciascuno impegnato su centinaia di post al giorno, con risultati ovvi. Non credo che alcuno di loro abbia realmente letto il mio pezzo, che era un normale studio di politica estera, ripreso più volte in questi vent’anni da specialisti e testate di vario orientamento. Potete del resto leggerlo in numerosi siti autorevoli (Libera informazione, Articolo 21 ecc.) e valutare se inciti all’odio o a qualunque altro sentimento o consista piuttosto in un’analisi geopolitica razionale, valida secondo molti a distanza di due decenni.

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L’azienda Facebook, in altre parole, non è malvagia. E’ semplicemente inefficiente. Sarebbero affari suoi, se si trattasse di un’azienda qualunque. Ma così non è. E’ il principale mezzo d’informazione nel territorio italiano (che nominalmente garantisce – per Costituzione – la piena libertà d’informazione) è lo è nel momento in cui l’informazione televisiva è monopolizzata da un’azienda privata (Mediaset) e quella stampata da un’altra azienda privata (Repubblica-Corriere soci) il cui interesse istituzionale consiste nella massimizzazione dei profitti e non nella difesa della libertà d’informazione o di qualunque altro valore non monetario.

E Allora? Io sono contrario ad abbandonare Facebook per protesta. I padroni di Facebook siamo noi, è la nostra presenza che le crea i miliardi. Abbiamo tutto il diritto di chiederle conto e ragione, e in ogni caso di esigerne un funzionamento professionale e non improvvisato.

Abbiamo il diritto di non essere ingiuriati dai suoi dipendenti (io, anziano professionista con un’esperienza pluriennale alle spalle, tout-court diffamato come “seminatore d’odio”…).

Abbiamo il diritto di pretendere che l’azienda si doti, per adempiere ai suoi obblighi, di mezzi adeguati: se i giovani “controllori” sono pochi, sono precari e sono stressati, ne assuma degli altri, li paghi bene, gli dia un carico di lavoro umano: i soldi non le mancano, e siamo noi a darglieli.

Se ciò non è possibile, allora intervenga lo Stato.

Oppure, se un servizio pubblico essenziale deve continuare ad essere gestito fuori da ogni responsabilità e controllo da imprenditori privati, allora facciamo l’ultimo passo, per coerenza: privatizziamo i carabinieri, l’esercito, i magistrati e tutto il resto. In fondo, privatizzando e rendendo monopolistica l’informazione tv, stampata e adesso anche social, vogliamo arrivare esattamente a questo. E allora coraggio, che aspettate?

Questo l’articolo del 1993 – ma ancora attualissimo – censurato.

Al Qaeda non nasce dalle bidonvilles. E’ una corrente di palazzo di uno dei paesi più aristocratici del mondo, l’Arabia Saudita. La popolazione vi è divisa fra una maggioranza di beduini, donne, operai immigrati, servi, schiavi e cammmelli e una minoranza di nobili miliardari che sono e possiedono tutto. La religione locale è una caricatura dell’islamismo, corrispondente al cattolicesimo dell’Inquisizione: le donne zitte, i froci a morte, i poveri in ginocchio e i ricchi in sella: se qualcuno protesta, prima forca e poi inferno. Questo regime, di gran lunga il più sanguinario e tirannico di tutto il Medio Oriente (Saddam in confronto era un povero boia), è “filoccidentale” fin dalla nascita, vale a dire da cent’anni. Il motivo è assai semplice: nella sua selvaggia barbarie, esso – per puro culo – è il proprietario del liquido che, nella tecnologia di fine ottocento, faceva muovere le macchine dei paesi ricchi. Siccome la tecnologia da allora è rimasta sostanzialmente ferma, quel liquido è rimasto importante e sono rimasti importanti i nobili sauditi.

Fra costoro, via via che fra una lapidazione e l’altra arrivava la civiltà (che tipo di civiltà? Invece di buttar giù da un dirupo i condannati, li scaraventavano da un aereo) si formarono due partiti. Il primo partito prevedeva di lapidare e ruttare tranquillamente per i prossimi cent’anni, coi soldi di americani e inglesi e decapitando fisicamente qualsiasi tentativo d’opposizione. Il secondo, di vendere il petrolio in proprio e a prezzi più alti, e di riuscire dunque così a lapidare molti più omosessuali e adultere e su un arco di terra molto più vasto.

I due partiti si combatterono fra loro con mezzi più o meno civili per qualche anno e finalmente uno dei due ebbe l’idea geniale di buttar tutto in politica, e anzi direttamente in religione. “Comandare con poteri assoluti” diventò “applicare la Legge Santa” e “prendiamoci tutti i soldi del petrolio” diventò “cacciamo gli infedeli”. Donne, lavoratori, schiavi e quant’altro continuarono a non aver diritto di parola: ebbero però dai nuovi nobili condottieri il privilegio di poterli applaudire entusiasticamente e all’occasione morire ai loro ordini in cambio di un posto in paradiso. Noi persone civili, in tutto questo, ci comportammo con un senso d’umanità e responsabilità veramente cristiano: dapprima appoggiammo i vecchi nobili e li aiutammo a lapidare donne e froci, in cambio del petrolio; poi appoggiammo i nuovi nobili e li aiutammo a sterminare i loro “infedeli”, in cambio del loro appoggio contro i nostri nemici.

In Afganistan, a un certo punto, venne su chissà come un governo “civile” (nel senso che permetteva alle donne di sollevare un pezzetto di velo ogni tanto), che però, per ragioni locali, era filo-russo. Noi arruolammo Bin Laden, lo mandammo contro i maledetti infedeli che volevano togliere il velo alle donne, lo facemmo vincere coi nostri soldi e le nostre armi, e lo mandammo al governo. Il nuovo governo prese il capo del governo quasi-civile, lo castrò, gli ficcò l’affare in bocca, lo portò in giro per Kabul per qualche ora, e infine misericordiosamente lo impiccò a un lampione. E poi si guardò attorno per vedere che altri lavori simili restavano da fare.

In Sicilia, il permesso dato ai mafiosi di ammazzare qualche comunista gli andò alla testa, li persuase che potevano andare oltre e ammazzare anche i giudici oltre che i sindacalisti. In Afganistan, il permesso di vincere contro i russi persuase Bin Laden che un giorno avrebbe potuto vincere anche su tutti gli altri.

Siccome l’Arabia Saudita è un paese ricchissimo (o meglio, lo sono le venti o trenta famiglie che la possiedono), così anche Al Qaeda, fin dall’origine, dispone di molti soldi, li investe in Europa e in America, li sa gestire; ha fatto dell’ottimo insider trading, due anni fa, subito prima e subito dopo l’undici settembre. E’ un’ottima multinazionale, che fra le altre cose produce anche (e non è l’unica) omicidi e bombe. Naturalmente, sarebbe facile distruggerla finanziariamente: basterebbe una semplice legge sulla trasparenza bancaria. Ma per motivi religiosi, noi occidentali non possiamo alzare un dito (come gli Indù sulle vacche sacre) sulle banche, nè possiamo assolutamente violare il velo di riservatezza che le circonda. Così abbiamo permesso di sopravvivere ad Al Qaeda, come a suo tempo avevamo permesso di sopravvivere a Cosa Nostra. Nell’illusione, naturalmente, di usarle “per ordine pubblico” e controllarle. Finché esse si accorgono di avere ormai accumulato un potere tale, da poterselo benissimo gestire per proprio conto.

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Né Cosa Nostra è siciliana, né Al Qaeda è islamica. Sicilia e Islam sono la giustificazione ideologica, tratta da vecchi folklore ormai lontani del tempo. La base vera è a-ideologica: è potere, è denaro, è impresa di un gruppo di uomini che credono solamente in se stessi. Certo, si può aiutare Cosa Nostra impoverendo il popolo siciliano, così come si può aiutare Al Qaeda bombardando l’Iraq. Oppure si può combatterle portando la trasparenza in Sicilia e aiutando i popoli arabi – palestinesi in testa – a stare meglio.

Io ho visto molti proclami contro la mafia, e molti funerali di stato. Quanti discorsi e quante lacrime, e quante vittime dimenticate il giorno dopo; e quanta ipocrisia. Adesso, su scala mondiale, il meccanismo è lo stesso. A due anni dalle Due Torri, la lotta al terrorismo di Al Qaeda in realtà non è nemmeno cominciata. In mano alla peggior classe dirigente mai vista in America dai tempi di Coolidge, il terrorismo è invece diventato pretesto per “nuovi secoli americani”, pompaggio di politici mediocri, intrallazzi aziendali. Che importanza ha qualche marine portoricano o qualche straccione arabo in più o in meno, di fronte ai miliardi di dollari che si possono fare – mentre il resto dell’economia va in pezzi – speculando sulla bolla della “new patriotnomy”?

Imbrogli, appalti, affari di petrolio, invii di truppe, bombardamenti, invasioni, morti, vittime innocenti: tutto, tranne che azioni vere – nel cuore della finanza – contro le viscere del nemico, i soldi. I regimi da cui è sorta Al Qaeda – la monarchia saudita, la dittatura militare pakistana – sono sempre in piedi, “amici dell’Occidente”, ricchi, autorevoli, non insidiati da nessuno.

Senza Bin Laden, in fondo, non ci sarebbe Bush; senza Bush, Bin Laden non conterebbe. Bush e Bin Laden non come persone fisiche, come “tiranni” mediatici, ma come poteri reali, non di massa ma nemmeno solo individuali, che un anno dopo l’altro, un massacro dopo l’altro, complementari uno all’altro, si vanno impadronendo del pianeta. Di cui una parte almeno prima era democratica e adesso tortura e bombarda anche lei come se non ci fosse mai stato Illuminismo.

Riccardo Orioles