‘Sciddicuni è tutta a fuoco. Non è rimasto niente. A stento sono riuscito a spegnere la casa, che stava andando a fuoco, a spostare il trattore, un paio di mezzi, per il resto nonostante vi fossero tre tagliafuoco di quattro metri, tutti attorno alla collina, nonostante vi fosse tutto decespugliato, non è bastato, è andato tutto a fuoco, non è rimasto niente, né i centocinquanta ulivi di più di trecento anni, né quelli che avevo piantato quando è nata mia figlia’.

L’incendio che  ieri ha devastato l’azienda di Emanuele Feltri e contrada Sciddicuni. Sopra, Emanuele Feltri 

Inizia così la drammatica testimonianza di Emanuele Feltri, il giovane catanese laureato in agraria che da diversi anni ha deciso di vivere in campagna con la sua famiglia, sulle rive del fiume più lungo della Sicilia, il Simeto, come scelta di vita, in quella valle dove nidificano le cicogne e gli aironi. Quel che non è riuscita a fare la mafia, con le cinque pecore uccise alcuni anni fa come dimostrazione che in quel territorio comandano solo i boss – perchè Emanuele non si permetta più di denunciare le discariche presenti in quella zona, e non solo quelle – , è riuscito a fare un incendio di vastissime proporzioni, ormai in Sicilia, dei veri e propri atti terroristici, con una scientifica pianificazione strategica che prevede l’appicco in diversi punti e nello stesso momento: distruggere contrada Sciddicuni, dove Emanuele ha impiantato la sua azienda.

‘Non è rimasto niente – prosegue Feltri nel video che ha postato sui Social -, le galline bruciate, il cane, Ciccio, con un mare di ustioni, non è rimasto un cazzo, niente. Ok, ciao ciao sogno di Sciddicuni e vaffanculo a tutti, veramente, perché c’erano almeno sette incendi in quattro contrade, in contemporanea’.

‘Ditemi – affonda Emanuele – chi cazzo appicca sette incendi in contemporanea. E che non si dica che sono i pecorai, perché i pecorai erano con me a spegnere i fuochi e hanno avuto danni pure loro. E allora chi è che appicca questi cazzo di incendi. È finito tutto, dieci anni della mia vita’.

Fin qui il video. Poi Emanuele ha pubblicato un post, anche questo molto significativo, che vi proponiamo. Questo.

‘Era annata di “carica”! L’intera produzione di olive per olio è perduta! Bruciate le condotte primarie e secondarie degli impianti d’irrigazione. Nonostante gli sforzi dei miei cari amici agricoltori e della protezione civile, gli ulivi secolari hanno bruciato tutta la notte! Li conoscevo uno ad uno! Erano l’anima di quella collina!’.

‘Grazie a tutti per il sostegno ma adesso un vuoto immenso ha fagocitato dieci anni di sudore, sogni e prospettive. Il danno in termini economici è immenso, come devastante è l’impatto psicologico.

‘Tanti altri agricoltori, ieri, hanno perso tutto. Non è più il momento di sprecare risorse perché “zappari all’acqua e siminari o ventu” non è una lotta ma un’autodistruzione!’.

‘Sono per la prima volta rimasto senza parole! Ma qualcosa vorrei dirla. Chiedo a nome di tutta la contra Sciddicuni e Poira: che venga aperta immediatamente un’indagine per capire cosa c’è dietro ad un atto di questa portata’.

‘Necessitiamo di un cassone dove conferire tutta la plastica bruciata degli impianti di irrigazione. Per pensare di dare un futuro a queste contrade è necessario che il comune mandi i suoi tecnici per ripristinare la strada attraverso i fondi europei che finanziano al 100% le strade interpoderali se a presentare il progetto è il comune’.

‘Chiediamo una condotta nuova che dal consorzio di bonifica 9 porti acqua irrigua alla contrada. Chiediamo un contributo procapite per tutte le realtà agricole e zootecniche che hanno subito danni. Chiediamo fieno per gli allevatori che hanno perso il pascolo e degli abbeveratoi dislocati in vari punti della contrada. Chiediamo che ci venga ridata la dignità e il rispetto che il nostro lavoro merita. Non è tempo di parole ma di fatti!

Nei giorni scorsi, Emanuele, nel suo profilo Facebook, ha scritto: ‘Mi chiedo spesso perché ho scelto Sciddicuni, o perché quel posto ha scelto me. Capita che lo maledico, ci litigo! anche se poi dopo una notte insonne, esco fuori all’alba, mi guardo intorno ed è subito pace’.

‘Ho vissuto sulla pelle, quasi ogni difficoltà e contraddizione che la Sicilia rurale può dare. Ma la bellezza di quella che è ancora l’essenza di questa nostra isola meravigliosa e martoriata mi spinge sempre ad andare avanti. Arriverà il giorno in cui ci riprenderemo tutto quello che ci è stato tolto, per consegnarlo alle generazioni future’.

Emanuele Feltri in un momento di relax in contrada  Sciddicuni, dove il giovane agricoltore ha scelto di vivere, prima del devastante incendio di ieri

E il 25 giugno ha scritto questo: ‘La Sicilia. Un’isola dove è possibile produrre orticole fuori serra anche d’inverno. Dove la fertilità dei suoli, rispetto alle altre regioni si è mantenuta ad ottimi livelli. Un clima che permette di produrre praticamente quasi tutte le varietà arboree e graminacee e perfino le tropicali. Non dovrebbe esistere la disoccupazione perché la nostra terra è ricchezza!’

‘La riforma agraria degli anni ‘50 aveva permesso la distribuzione delle terre ai contadini, la realizzazione di strade rurali, la linea elettrica nelle campagne, sistemi di irrigazione e bacini d’accumulo per diversificare le produzioni collinari in alternativa al grano, capannoni regionali per la logistica…’.

‘Di tutto questo non rimane nulla. Nessuna manutenzione e gestione partecipata. Abbandono e assenza di prospettive comuni. L’ultimo baluardo dello sviluppo agricolo ( i consorzi d’irrigazione) sono crollati. Riescono a produrre e ad avere profitto, solo le grossissime aziende, talmente grandi per estensione che superano i latifondi aboliti negli anni ‘50. Che hanno attinto alle risorse europee di difficile accesso ai piccoli produttori e che hanno dei rapporti diretti con la grande distribuzione’.

‘Resistono pure alcune Organizzazioni di Produttori, con produzione biologica. se hanno la fortuna di accorpare produttori con acqua di proprietà e captando se sono bravi, fette di mercato nella gdo. Resistono pure sparuti e coraggiosi singoli, con sistemi di vendita diretta. Ma non esiste una visione generale di programmazione e sviluppo del settore’.

‘Se in Sicilia oggi i giovani emigrano, se l’agricoltura è in abbandono, se l’entroterra rurale muore. Non è solo un problema di mercato e di crisi del settore, ma è un problema politico al quale la politica in maniera meschina e vergognosa non sa dare risposte!’.

‘Attendiamo che la rassegnazione e il silenzio degli agricoltori si trasformi in un grido di lotta! Perché solo noi, insieme, possiamo cambiare le sorti della nostra terra!’.

Luciano Mirone