Quest’anno, al Taormina Film Fest, si celebra oltre al cinema anche la storia: in particolare, tramite la proiezione di Bronte- cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato, si ricorda un evento storico che, come suggerisce il titolo, spesso viene dimenticato nelle ricostruzioni storiche.
Il film di Florestano Vancini uscito nel 1972, è una trasposizione dei cosiddetti “fatti di Bronte”, avvenuti nel grande centro agricolo del catanese nel 1860, durante la spedizione dei Mille, quando i contadini, alla caduta del dominio borbonico sull’isola, occuparono le terre. Per mantenere il controllo sociale e la stabilità, e proseguire in Calabria la spedizione, il luogotenente di Giuseppe Garibaldi, il generale Nino Bixio processò e condannò oltre 150 contadini. Il film è ispirato a una novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga, Libertà, inclusa nelle Novelle Rusticane, nella quale viene raccontata la drammatica vicenda.
La domanda che sorge, vedendo il film, è perché questo evento storico sia stato a lungo oscurato. Forse ammettere che il regno di Italia, sia stato fondato anche su violenza e repressione, oltre che su una scelta di libertà condivisa, rischiava di ‘’sporcare’’ l’immagine della rivoluzione risorgimentale.
Dal film si evince che l’unità d’Italia, che avrebbe dovuto portare cambiamenti nella struttura sociale del sud, finisce per dare al popolo un retrogusto amaro: l’unica cosa che viene modificata è la bandiera di chi detiene il potere centrale, ma per gli oppressi nulla sembra cambiare. Anche da Bronte prende il via quella Questione meridionale che secondo molti studiosi, 150 anni dopo non è stata ancora risolta
Ilaria Denaro e Alessia Orsa
Redattrici di UniVersoMe. Testata giornalistica dell’Università di Messina
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