Una storia di quotidiano sfruttamento. Una scuola parificata. Due insegnanti. Due donne che gestiscono l’istituto di Palagonia, in provincia di Catania.

Le due insegnanti hanno bisogno di lavorare, non vogliono e non possono perdere il posto di lavoro. Le due gestrici lo sanno e si comportano di conseguenza arrivando pure alle minacce. Ma per una delle due, oggi, è scattata la misura cautelare, per l’altra solo un’indagine per reati gravi.   

I militari del Comando Tutela Lavoro. Sopra: L’interno della scuola parificata 

L’epilogo è arrivato stamani, quando i Carabinieri del Comando Tutela Lavoro – Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania – , dopo un’attività di indagine coordinata dalla Procura di Caltagirone, stanno dando esecuzione ad una misura cautelare personale e reale, emessa dal locale GIP, a carico delle due donne (entrambe di Palagonia), indagate per estorsione e malversazione ai danni dello stato.

“In particolare – si legge nel comunicato dell’Arma – , le due signore, responsabili di una cooperativa sociale operante come scuola paritaria, avrebbero costretto due dipendenti ad accettare una paga inferiore rispetto a quella indicata in busta paga e, successivamente, a restituire la minor somma ricevuta, dietro minaccia di licenziamento”.

I carabinieri in un momento dell’operazione all’esterno della scuola parificata

“Le due dipendenti, in evidente stato di bisogno, pur di non perdere il posto di lavoro e, conseguentemente, il punteggio per le graduatorie per l’insegnamento, avrebbero restituito complessivamente 12.500 euro alle indagate, appropriatesi peraltro dei contributi statali per scuole paritarie in relazione agli importi solo fittiziamente pagati.

Ad una delle indagate sono state applicate le misure cautelari personali di obbligo di dimora nel comune di residenza ed obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria; inoltre, i Carabinieri del NIL di Catania stanno procedendo al sequestro preventivo per equivalente dei suoi beni mobili ed immobili, fino a copertura della somma indebitamente ricevuta dalle due vittime”. 

Angelo Conti