Due le “liete novelle” (un po’ di “satira politica” per sdrammatizzare, come direbbe Frassica) che giungono oggi sul fronte Covid Italia. La prima è sui dati. Contagi 13.447. Decessi 476 (totale 115.088 dall’inizio dell’epidemia ad oggi). Tamponi eseguiti ieri 304.990. Indice di positività 4,4%. (poco meno di ieri). Totale dei ricoveri in terapia intensiva 3.526 (-67 da ieri). Nuovi ingressi giornalieri 242. Una fra le situazioni più drammatiche dall’inizio della pandemia ad oggi. 

La seconda è sulla politica: “Riaperture dei ristoranti anche la sera e coprifuoco a mezzanotte. Sono le ipotesi che circolano in vista dell’incontro di giovedì tra governo e regioni nel corso del quale si valuterà l’eventualità di un allentamento di misure, divieti e restrizioni anti Covid in Italia se l’andamento dei contagi e della campagna vaccinale lo consentiranno” (Adnkronos).

Due “liete novelle” che si aggiungono a quelle dei giorni scorsi, a cominciare dallo spettacolo indecente dato da qualche leader politico (Matteo Salvini, tanto per non fare nomi) che da un lato cavalca la disperazione di tante categorie in crisi economica e dall’altro vota i provvedimenti del Governo. Non è l’unico: con questi numeri, il ministro del Turismo Massimo Garavaglia (leghista anche lui) parla di riapertura a partire dal 2 giugno (tanto per celebrare la “festa della repubblica” nel modo più degno, e magari continuare ad illudere le categorie di cui sopra), mentre qualche altro si spinge a vagheggiare le Isole covid free (lo stesso Garavaglia e il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, alleato con la Lega). Al centro – giustamente – l’economia. Ma giustamente fino a che punto? In situazioni di normalità, certo. In situazioni come queste – che piaccia o no – no, perché al centro c’è la salute.

Da quel grande economista che è, Draghi afferma che “la migliore forma di ristoro è la riapertura”, salvo a correggersi: “Bisogna riaprire gradualmente se ve ne sono le condizioni, poiché al primo posto c’è sempre e comunque la salute”.

Insomma, la verità è che finora ci siamo illusi di poter convivere col virus, con una grottesca alternanza di colori che ha prodotto solo decessi e contagi. Quante persone moriranno prima della tanto agognata “vaccinazione di massa”, quante resteranno segnate con danni permanenti? Quanto bisogna aspettare per non assistere all’indecente sbracamento di giovani e meno giovani assembrati in piazza e nelle strade  senza mascherina? Perché non si fa l’unica cosa sensata, cioè uno studio serio e capillare delle povertà causate dal virus, e intervenire con dei risarcimenti adeguati? Siamo sicuri che la disperazione sia solo quella che vediamo davanti a Montecitorio, o ne esiste una sommersa di cui i nostri governanti temiamo che non abbiano neanche idea?

Di fronte a queste incertezze, a queste contraddizioni, a questi annunci, una domanda – forse banale – consentitecela: egregio Matteo Renzi, c’era bisogno di aprire una crisi al buio per ottenere questi risultati?

Luciano Mirone