“La riqualificazione e la riconversione industriale dell’Ex Ilva di Taranto siano la rinascita dell’intera struttura sociale”. Con una nota il segretario nazionale del sindacato Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, chiede al nuovo governo un cambio di passo perché lo stabilimento pugliese possa uscire fuori dalla crisi che ormai lo attanaglia da anni.  

“L’area a caldo – dice Spera – è il ‘cuore pulsante’ dell’attività dell’acciaieria, fermarla significherebbe fermare l’intera produzione del gruppo a livello nazionale. Occorre invece dare alla città nuovo valore investendo nella riqualificazione, trasformando i problemi in un punto di forza, restituendo nuovi spazi di valore che possano concretizzarsi in un cambiamento sociale ed economico”.

Il segretario nazionale del sindacato Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera

Un appello, quello di Spera, che arriva dopo la sentenza del Tar di Lecce, che ha stabilito la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento di ArcelorMittal di Taranto, a sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza. 

Per questo, dice Spera, “al fine di non rendere vano il lavoro svolto sino ad oggi ed il percorso appena intrapreso tra le parti, facciamo appello al Presidente del  Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi e ai Ministri competenti affinché si possa fare una valutazione nel merito e un’attenta analisi congiunta su tutti i nodi di questa vertenza per una risoluzione in tempi brevi. Premessa imprescindibile per la nostra organizzazione è il diritto alla salute di tutti i cittadini del territorio, cittadini che spesso vivono il dilemma sempre più perseverante salute/impiego”.

 “Sicurezza e speranza devono essere assicurate anche ai lavoratori, parte integrante del processo produttivo, tenendo alta l’attenzione sui 1700 lavoratori in carico alla ex Ilva in A.S e Controllate, per i quali  – conclude il segretario nazionale – si chiede un intervento immediato per l’approvazione della norma che possa consentire loro l’integrazione salariale, da due mesi l’importo del loro cedolino è pari a zero”.

Nella foto: lo stabilimento ex Ilva di Taranto

Redazione