“Attilio Manca è stato ucciso dallo Stato-Mafia perché il medico costituiva una minaccia alla tenuta del Segreto di Stato sulla scellerata Trattativa Stato-Mafia”.

A dichiararlo è l’ex Pm Antonio Ingroia, legale della famiglia dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) trovato morto la mattina del 12 febbraio 2004 nel suo appartamento di Viterbo, con due siringhe ritrovate ad alcuni metri dal letto in cui, in posizione prona, versava senza vita. Da sempre i magistrati viterbesi e romani (alias Pignatone e Prestipino) hanno sostenuto la tesi della morte per overdose. Peccato che i due buchi di eroina – secondo l’autopsia – sono stati individuati nel braccio sinistro, quello sbagliato, dato che Attilio Manca era un mancino puro, incapace di eseguire qualsiasi gesto significativo con la mano destra.

Ma le incongruenze sul caso Manca sono tali e tante che possiamo affermare, senza temere di essere smentiti (anche perché sull’argomento abbiamo scritto centinaia di articoli e un libro), che lo Stato e gran parte della politica (e non solo), su questa vicenda, hanno mostrato il volto scandalosamente impresentabile della menzogna.

Intanto però qualcosa sta emergendo: per esempio l’assoluzione di questi giorni di Monica Mileti, la donna romana che fin dall’inizio è stata accusata di avere ceduto al medico siciliano la dose “fatale” con la quale il medico – secondo i magistrati – si sarebbe ucciso. Una accusa senza lo straccio di una prova, che però – a parere della famiglia Manca – è servita come alibi per coprire un assassinio fatto passare da decesso per overdose per un movente per il quale in troppi si sarebbero mossi: l’operazione di cancro alla prostata alla quale, qualche anno prima, era stato sottoposto a Marsiglia il boss della Trattativa, Bernardo Provenzano.

Secondo i tanti pentiti che su questa storia hanno raccontato pezzi di verità, quell’intervento è stato facilitato dalla partecipazione proprio di Attilio Manca, uno degli urologi più brillanti d’Italia, messo “a disposizione” dalla potente mafia di Barcellona Pozzo di Gotto sia prima che dopo la missione a Marsiglia. E questo non lo dice solo la famiglia, ma uno stuolo di collaboratori di giustizia, ritenuti attendibilissimi in altre occasioni, ma improvvisamente – chissà perché – ignorati in questa vicenda.     

Continua Ingroia: “Il teorema, crollato dopo questa sentenza, che ha accusato Monica Mileti di aver fornito una dose di droga fatale è stato solo l’ennesimo depistaggio in uno Stato dove pezzi deviati dello Stato e mafie da decenni minacciano la democrazia e agiscono in combutta”.

“L’assoluzione di martedì 16 febbraio di Monica Mileti – seguita l’ex Pm del processo Trattativa – , ingiustamente accusata di avere causato la morte di Attilio Manca, rappresenta contemporaneamente una buona e una cattiva notizia. È una buona notizia perché dimostra che la Verità è più forte di ogni menzogna e di ogni depistaggio di Stato, ed alla fine prevale. È una cattiva notizia perché conferma che la Verità sul delitto Manca è stata depistata per anni, troppi, solo a causa dei depistaggi, anche istituzionali, troppi, e a causa della cattiva volontà degli organi inquirenti che avrebbero potuto e dovuto indagare a fondo per scoprire i veri assassini di Attilio Manca, dentro la Mafia e dentro certi apparati statali”.

“La famiglia Manca – dice Ingroia – da anni si batte per la verità, e, assieme ai legali Antonio Ingroia e Fabio Repici, e ad associazioni, movimenti, giornalisti liberi e privati cittadini con la schiena diritta, non si sono mai arresi. Anche il Senatore Mario Michele Giarrusso, in qualità di componente della commissione antimafia, è intervenuto più volte sul caso Manca”.

“Ora – conclude l’avvocato della famiglia dell’urologo – è il momento in cui chieder conto a chi nulla ha fatto per scoprire la verità e, anzi, quando ha agito lo ha fatto per depistare. Dopo questa sentenza è ancor più necessario e doveroso che dagli organi competenti vengano finalmente aperte delle serie indagini su quest’omicidio di Stato-mafia. Le istituzioni rappresentative non possono e non devono, a loro volta, rimanere silenti e inerti: la Commissione Parlamentare antimafia si attivi, si apra una commissione d’inchiesta e si documentino e svelino i depistaggi, le connivenze mafiose contro la verità e Attilio Manca possa ottenere giustizia in ogni sede”.

Luciano Mirone