Egregio Sindaco di Belpasso (Catania), lei esulta per la prossima apertura della farmacia comunale presso il centro commerciale Etnapolis, situato ad alcuni chilometri dal comune. Dal punto di vista economico la riteniamo una notizia positiva, dal punto di vista sociale pessima.

Una farmacia municipale può dare un introito importante di 300-400 mila Euro l’anno, facendo respirare le casse tutt’altro che floride del Comune. Quindi non possiamo che salutare questo annuncio che ha dato nei giorni scorsi come un fatto positivo. 

Ma siamo rammaricati perché Belpasso arriva con gravissimo ritardo a questo appuntamento, e perché una struttura di questo genere viene esclusa dal centro abitato e viene ubicata in un centro commerciale distante alcuni chilometri (con quali vantaggi per chi – come gli anziani, e non solo – non ha la possibilità di raggiungerlo, non è dato sapere, ma non è questo l’unico problema).

Signor sindaco, se vuole saperla tutta, le diciamo che la sua esultanza per la farmacia comunale a Etnapolis ci lascia parecchio perplessi, perché dà l’impressione di ridurre la politica a una questione di carattere meramente contabile, tralasciando il fatto che la politica è soprattutto una questione sociale.

Sulla vicenda della farmacia comunale avremmo desiderato un’operazione “trasparenza” che purtroppo non c’è mai stata, anzi, c’è sempre stata l’operazione opposta: quella dell’opacità, dell’omertà e della mistificazione. Non da ora.

A Belpasso la parola “farmacia” è sempre stata un tabù. Un tabù trasversale sia quando al potere c’è stata la sinistra (anni Novanta), sia ora che c’è la destra.

Divertente lo zig zag che l’iter ha dovuto subire negli ultimi anni. Fin dai tempi della sindacatura Caputo (2013-2018) abbiamo notato come lei, signor sindaco, e come il deputato regionale Giuseppe Zitelli – che oggi viene posto sugli allori proprio da lei per questa “grande conquista” – abbiate coperto determinate responsabilità.

Memorabile, a tal proposito, il rifiuto di una intervista che le abbiamo proposto sull’argomento, mentre lei occupava la poltrona di assessore della Giunta Caputo, e memorabile la risposta che allora ci ha fornito tramite whatsapp: “Non mi interessa parlare di questo argomento”, come se “questo argomento” fosse un fatto da derubricare a una questione di carattere privato.

Memorabili anche i silenzi di Zitelli (allora vice sindaco), che sulla questione ha usato una tattica differente: disponibile a parole, nei fatti irreperibile quando si sarebbe dovuto andare al sodo. Stesso atteggiamento è stato tenuto da tutti i rappresentanti – nessuno escluso – della sua compagine politica, con comportamenti ondivaghi (usiamo un eufemismo) da parte di certa sinistra.

Quella della Farmacia comunale di Belpasso è una delle storie più scandalose degli ultimi anni, perché mette in evidenza le ambiguità e la mancanza di senso del Bene comune di una classe dirigente che domina la scena pubblica da molto tempo.

Chi ha avuto la bontà e la pazienza di leggere i reportage a puntate che questo giornale ha realizzato su questa vicenda, sa di cosa parliamo: una conquista di non poco conto che negli anni precedenti il Comune aveva ottenuto attraverso una battaglia in Consiglio comunale (bisogna darne atto all’ex sindaco Alfio Papale) e il successivo riconoscimento acquisito alla Regione Sicilia, mortificate nel giro di pochi giorni: una Farmacia comunale che, come detto, avrebbe consentito alle casse municipali un introito consistente, svanita nel nulla quando la Regione, nel 2014, dopo alcuni anni di silenzio da parte del Comune, sollecita l’Amministrazione Caputo a decidere se la struttura la vuole o no.

L’ex sindaco non risponde né alla prima né alla seconda lettera, lasciando che Palermo revochi l’autorizzazione. A quel punto – dopo un’interrogazione alla Regione dello stesso Papale (diventato nel frattempo deputato regionale) e un dibattito in Consiglio comunale – Caputo dà il meglio di sé colpevolizzando la Regione che – a suo dire – si è mossa in estate (come se nei mesi caldi il Comune dovesse andare in vacanza), e un funzionario comunale che addirittura non gli avrebbe passato le lettere: salvo a ritirare rapidamente questa grave accusa, quando si è reso conto di averla sparata grossa e di non avere prove di quello che dice.

In compenso tira fuori un’altra delle sue proverbiali “fantasie”: “In quel periodo non potevo rispondere alla Regione: ero ricoverato in ospedale”. Sicuro? Poniamo questa domanda, perché abbiamo fatto le nostre verifiche. Ma a prescindere da questo, ci chiediamo: il vice sindaco e gli assessori dov’erano? Nessuno risponde, né allora né adesso.

Attraverso quell’inchiesta giornalistica in dieci puntate, L’informazione scopre che Caputo mente su tutta la linea e quando – per dovere di democrazia – gli chiediamo un’intervista, ovviamente declina l’invito. Al che, come detto, cerchiamo alcuni esponenti di punta della sua Giunta: Daniele Motta, Giuseppe Zitelli e l’ex presidente del Consiglio comunale Salvo Licandri. Bocche cucite anche in questo caso. Quindi intervistiamo diversi rappresentanti dell’opposizione: i “papaliani” inchiodano l’ex sindaco alle sue responsabilità, qualche esponente della sinistra si dimostra alquanto ambiguo.

Questo quanto è successo negli ultimi anni. Ma ciò che accade oggi – con l’annuncio roboante di Motta – suscita alcune domande: possibile, signor sindaco, che questa classe dirigente non sia capace di istituire una struttura come questa al centro della città? Cosa lo impedisce? Può raccontarlo oggi che è sindaco? Possibile che da alcuni anni assistiamo perfino al “decentramento” a Etnapolis di diverse manifestazioni importanti (vedi il carnevale) organizzate dal Comune? Possibile che non vi rendiate conto che i centri commerciali (non solo Etnapolis) stanno impoverendo il commercio locale? 

Glielo chiediamo perché abbiamo la netta sensazione che l’Amministrazione abbia abdicato al proprio ruolo di valorizzare la propria città e di eliminare una grave piaga che la affligge: la desertificazione urbana, cioè quel fenomeno che sta portando il centro a svuotarsi sempre più, con un drammatico impatto su tutto. Magari l’argomento non è percepibile da molti (a cominciare dalla politica), ma è la chiave per comprendere la progressiva e preoccupante decadenza di una comunità.

Nella foto: il centro commerciale Etnapolis situato in territorio di Belpasso (Catania)

Luciano Mirone