Apprendo da Facebook che avrei partecipato –assieme ad altri eminenti colleghi – alla stesura di un pamphlet dal titolo “La vera storia di Paolo Borrometi”, il giornalista di Modica (Ragusa) che secondo i magistrati e le forze di polizia è stato fatto oggetto di pesanti minacce, al punto che le stesse hanno deciso di assegnargli una scorta per proteggerlo.

Apprendo questa notizia e mi do un pizzicotto per capire se il Luciano Mirone segnato al quattordicesimo posto nell’elenco in copertina sono io oppure se si tratta di un omonimo. Se si tratta di un omonimo chiudiamola qui e non parliamone più, ma se sono io il discorso cambia, per la semplice ragione che mai nessuno mi ha consultato per inserire un mio scritto su Borrometi, anzi, “contro” Borrometi, come è facile dedurre leggendo il commento di Salvatore Petrotto, inserito nella pagina fb di Francesco Bongiovanni Lo Bello (pagina sponsorizzata), che accompagna la copertina del libro (e che riproponiamo affinché ognuno si faccia un’idea della delicatezza dell’argomento in questione).  

La copertina del pamphlet sul giornalista Paolo Borrometi. Sopra: il cronista siciliano

Al che, assalito dal sospetto che il Luciano Mirone in questione possa essere davvero il sottoscritto, faccio una rapida ricerca su questo giornale per cercare di capire (dato che lo avevo pure dimenticato) in quale occasione avrei parlato (bene? male?) di Borrometi. Alcuni articoli ci sono (al livello di cinque o sei), parlano bene del giornalista (dato che non ho prove per affermare il contrario), ma mancano di quell’approfondimento necessario per essere inseriti in un contesto nel quale si racconta la “vera storia” del giornalista modicano. Sono insomma dei pezzi che non hanno alcuna pretesa.

Ora, non escludo che un giorno possa parlarne male (così come non escludo il contrario), ma chiedo di essere consultato prima di pubblicare una sola riga a mio nome. Ok?

Luciano Mirone

***

Quello che segue è il commento su Fb di Salvatore Petrotto che pubblicizza il libro:

LA VERA STORIA DI PAOLO BORROMETI.

“La vera storia di Paolo Borrometi, lo ‘strappalacrime’ dell’antimafia, è stata raccontata attraverso una raccolta di una serie di documenti giudiziari ed articoli di alcuni autorevoli giornalisti. Le controverse vicende di uno degli ultimi professionisti dell’antimafia, le cui denunce assai spesso si sono rivelate delle clamorose bufale, sono state messe a nudo. Per sputtanare alcune sue sceniche trovate è bastato raccogliere, uno dietro l’altro, una serie di atti, quali quello del Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro o di qualche ispettore di polizia; od ancora i diversi articoli ed interventi pubblici di Vittorio Sgarbi, del Presidente della Commissione Regionale Antimafia, Claudio Fava, del giornalista della RAI Pino Finocchiaro, del giornalista del quotidiano La Repubblica Attilio Bolzoni, di Mario Barresi del quotidiano La Sicilia, del compianto Gianni Molè, nonché delle precisazioni ben documentate di alcuni avvocati. Insomma, stavolta forse il re è davvero nudo, se si considera che il Borrometi recentemente è stato pure rinviato a giudizio per diffamazione ed altro. Dovete per forza leggere questo pamphlet di Valeria Micalizzi, se volete davvero rendervi conto di qual è il vero volto di quest’ultimo esemplare di una razza di sedicenti antimafiosi, discepoli di un caposcuola che recentemente agisce solo dietro le quinte. Ci riferiamo all’ex presidente dell’Antimafia Nazionale, l’eminenza grigia Beppe Lumia. Il Borrometi è davvero un personaggio ‘commovente’, che ha approfittato della sua dubbia fama, di vittima della mafia riuscendo, in tal modo, ad ottenere prestigiosi incarichi dentro l’ENI e dentro il Vaticano, ma anche un numero infinito di onorificenze. Per non parlare delle sue proverbiali lezioni sulla legalità, impartite in tutte le scuole d’Italia, e delle sue numerose apparizioni in tutte le tv nazionali in cui le sue forzature ed i suoi struggenti melodrammi, recentemente non hanno più convinto nessuno; tranne i suoi ultimi munifici datori di lavoro. È così che si è cucito addosso l’abito dell’antimafioso, aggredito e perseguitato da una serie di ladruncoli e balordi, opportunamente provocati per farli assurgere a capimafia che ce l’avevano a morte con lui. Opportunamente spalleggiato, ha sollecitato delle ingiuste misure antimafia a destra ed a manca, ha querelato chiunque ha messo in discussione le sue dubbie narrazioni, ha provocato anche degli ingiusti scioglimenti di comuni; e sempre elevando al rango di mafiosi dei volgari delinquenti comuni. O peggio ancora ha esposto al pubblico ludibrio delle persone perfettamente innocenti. Tutto era ed è funzionale a creare il mito di sé stesso. Un mito in cui ormai nessuno crede, proprio perché poco credibili sono le sue storie, spesso pompate ad arte per alimentare una sgangherata, ed in alcuni casi, farlocca lotta alla mafia”.

Prof. Salvatore Petrotto