Egregio segretario del Pd siciliano Anthony Barbagallo, lei è da poco il massimo responsabile del Partito democratico in Sicilia. Un’elezione che abbiamo salutato positivamente, sia perché conosciamo il suo “status” di persona perbene, sia perché come ex assessore regionale alla Cultura del governo Crocetta ha dato prova di dinamismo, sia perché come sindaco di Pedara (Catania) ha lasciato un ottimo ricordo, sia perché la sua giovane età ci ispira pensieri positivi.

Ora, se è vero che lei si è formato politicamente nell’Mpa di Raffaele Lombardo (dove, siamo certi, le persone perbene sono tante, anche se siamo altrettanto certi che la “questione morale” non è mai stata in cima ai progetti di quel movimento), è anche vero che la sua leadership regionale del Pd arriva in un momento delicatissimo per la vita del suo partito, un momento successivo a quelli dei Crocetta e  dei Lumia, che alla Regione Sicilia – per decenni – hanno dato vita a giunte indecenti: maggioranze con Totò Cuffaro e con lo stesso Lombardo, che in quanto ad etica, qualche “peccatuccio” da farsi perdonare ce l’hanno.

Queste alleanze hanno portato a uno stravolgimento genetico del vostro partito, che, è bene ricordarlo, in Sicilia nasce originariamente dallo straordinario impegno di un cattolico democratico come Piersanti Mattarella da un lato, e di un comunista integerrimo come Pio La Torre dall’altro, entrambi assassinati per la loro battaglia contro la mafia e contro ogni forma di corruzione politico-amministrativa: il contrario delle giunte “bianco-rosse” che il Pd ha sostenuto a Palazzo d’Orleans.

La sua elezione, quindi, onorevole Barbagallo, è stata vista da molti come uno spartiacque fra un Pd intossicato da una politica suicida e un Pd che dovrebbe guardare al futuro portando avanti principi come la trasparenza, la lotta alla mafia e alla corruzione, l’ambiente, il clima, la difesa della fasce più deboli, il lavoro, la tolleranza, la pace.

Ora, egregio segretario del Pd siciliano, vorremmo capire se è vero – come si dice anche all’interno del suo partito – che in occasione delle ultime elezioni amministrative svoltesi nell’isola (4 e 5 ottobre), lei ha stipulato accordi elettorali con l’ex governatore Lombardo. E’ importante saperlo (ed è importante che lei lo smentisca o lo confermi categoricamente), in modo che l’elettorato di sinistra sappia se il Partito democratico ha davvero voltato pagina sposando i valori per i quali c’è stata gente che è stata uccisa, o se intende proseguire con la politica inciucista del recente passato. È importante saperlo, in maniera che in cabina elettorale quell’elettorato si sappia regolare.

Vorremmo sapere qual è la posizione del Pd regionale di fronte al sostegno che il partito dà in maniera evidente a certe maggioranze di centro destra (ad esempio Paternò, in provincia di Catania) che trovano sempre il modo di farsi chiacchierare sull’eterno tema della questione morale.

Vorremmo sapere se lei – per diventare segretario regionale del Pd – ha fatto accordi con l’attuale segretario del Pd in provincia di Catania, Angelo Villari, ed eventualmente di che accordi si tratta. Anche in questo caso crediamo che lei debba spiegare al suo elettorato, con la trasparenza che la contraddistingue, certe dinamiche antecedenti e successive alla sua elezione.

Vorremmo saperlo perché Villari – in qualità di ex assessore – è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti all’interdittiva legale per dieci anni e al pagamento di 48mila Euro per la voragine causata al bilancio del Comune di Catania, assieme a tutti i componenti dell’ex giunta catanese guidata da Enzo Bianco.

Vorremmo saperlo in quanto Villari – benché non indagato – è stato coinvolto anche in delicatissime intercettazioni telefoniche fra alcuni mafiosi che fanno il suo nome quando si parla di promesse di posti di lavoro in cambio di voti alla vigilia delle elezioni regionali in cui era candidato.

Vorremmo sapere se su tutto questo il suo partito ha avviato un dibattito interno, oppure se ci ha messo una pietra sopra attraverso il silenzio, sperando magari che prima o poi l’opinione pubblica dimentichi. Nel primo caso, confessiamo di esserne completamente all’oscuro (anzi le chiediamo di darci quante più delucidazioni possibili in modo che questo giornale possa renderne conto ai lettori), nel secondo ci auguriamo che non sia così, poiché l’elettorato di sinistra – quello autentico – ha il palato fine, la memoria lunga, la capacità di discernere il vero dal falso, l’attitudine a capire, in base ai fatti (e non alle chiacchiere) chi sono le persone credibili.

Nel corso di questi mesi che hanno visto Villari coinvolto in queste vicende, all’interno del Pd si è detto: prima di prendere una posizione ufficiale, aspettiamo il verdetto dei magistrati.

All’epoca del vecchio partito comunista – quando il Pci per decenni è stato all’opposizione della Dc e del pentapartito – ricordiamo le campagne tambureggianti contro i governi dell’epoca, “colpevoli” di non imporre le dimissioni o l’auto sospensione ai propri esponenti alle prese con problemi giudiziari. Un provvedimento del genere va preso sì – rispondevano Andreotti & company –, ma solo quando c’è una sentenza definitiva. Campa cavallo. Anni e anni di attesa. Al che il Pci ribatteva: intanto il tizio implicato si auto sospenda, quando tutto sarà definito potrà tornare ad occupare quella poltrona.

Ora, beninteso, noi non invochiamo la forca né per Villari né per altri: chiediamo solo se sul caso Catania è stato intrapreso un dibattito interno.

Per comprendere come lei si sta muovendo, egregio segretario, abbiamo fatto una rassegna stampa degli articoli che la riguardano e un giretto su internet per leggere i comunicati sull’attività svolta. Siamo rimasti favorevolmente colpiti dal suo dinamismo come attuale deputato all’Assemblea regionale siciliana e come oppositore del governo isolano presieduto dal governatore Nello Musumeci.

Ma è sufficiente opporsi a qualcuno se prima non si guarda in casa propria, se non si innescano delle discussioni interne per fare emergere certe contraddizioni, se non si riconoscono pubblicamente gli eventuali errori commessi?

Poniamo queste domande perché notiamo come certi esponenti del Pd (o di certa sedicente sinistra) siano portati ad etichettare spesso come “fascista” o come “intollerante” il militante di destra (anche se costui è persona mite e di specchiata moralità), senza porsi il problema del fascismo che esiste anche a sinistra, a volte odioso, a volte rancoroso, a volte gretto che spesso trova dei punti di convergenza con la destra più volgare quando c’è il “nemico” comune da abbattere.

Ecco, egregio Anthony Barbagallo, un segretario questi problemi dovrebbe pur porseli, e dovrebbe intervenire, se vuole che il proprio partito non venga logorato fino ad implodere. Si guardi attorno e ne riparliamo. Un cordiale saluto.

Nella foto: il segretario del Pd in Sicilia, Anthony Barbagallo

Luciano Mirone