Nei giorni scorsi la tornata elettorale che ha riguardato il rinnovo di diversi consigli regionali, ancora una volta ha confermato quella che oramai possiamo definire la diffusa e persistente crisi politica delle forze comuniste in Italia. Abbiamo assistito al solito “copione” di piccole organizzazioni partitiche divise fra loro ed il risultato finale è apparso per molte compagne/i quasi scontato.

Il perdurare della frammentazione politica delle strutture che vogliono collocarsi a sinistra del partito democratico – e quindi alternative ad esso – ha causato l’effettiva sfiducia di quello che un tempo era il nostro elettorato tradizionale: operai, studenti, e precari.

Non soltanto l’elettorato ci ha voltato le spalle: la frammentazione politica dei partiti comunisti ha notevolmente snellito e sconfortato quello che Antonio Gramsci definì l’intellettuale collettivo, e cioè i militanti di base migliaia di compagne/i che per anni hanno dedicato una parte della propria vita al lavoro politico di lotta, di partecipazione e di coinvolgimento della cosa pubblica a partire dai piccoli territori e dalle periferie sino ad arrivare ai grandi temi nazionali ed internazionali.

Si tenga in considerazione anche il contesto egemonico generale dell’ultimo ventennio, il rafforzamento della narrazione culturale dell’individualismo, il sogno americano dell’irrefrenabile inseguimento al denaro quale solo e unico valore, in un quadro sociale di tipo consumistico, gli effetti della globalizzazione inseriti in un appiattimento delle conquiste sociali che avevano interessato il secolo scorso specie nel mondo del lavoro.

Tutti questi fattori messi insieme hanno parecchio intaccato la nostra operatività, il nostro concreto margine di azione e di rivoluzione della vita sociale collettiva. In altre parole, abbiamo perso una battaglia non solo in seno alle istituzioni politiche, ma anche dal punto di vista culturale abbiamo subito un arretramento.

Non è una questione di autocommiserazione semmai è la presa d’atto che non si può combattere con le pietre un avversario ben corazzato che ti punta un fucile addosso. Si rimane a dir poco perplessi nell’assistere ad un immobilismo politico delle attuali classi dirigenti di tutti i partiti comunisti.

Non si comprende infatti come una organizzazione nazionale (Potere al popolo!) possa quasi esultare per un 2% locale e un 1 virgola regionale. Non si capisce come a tutt’oggi, con forze organizzative striminzite, i compagni del Partito Comunista di Rizzo non vogliano prendere atto che non è più sufficiente esibire la “falce e il martello”- simbologia a noi certamente cara- per crescere politicamente, incidere nel tessuto culturale e sociale italiano.

E ancora proseguendo nel racconto di ciò che ci rimane va riconosciuto che il tempo delle “Rifondazioni” è finito, travolto da scissioni, errori strategici, coinvolgimenti governativi e cartelli elettorali puntualmente abbattuti il giorno dopo le elezioni.

Probabilmente va tenuto presente che ne per rifondazione e neppure per ricostituzione potrà mai ripetersi quella che invece fu la più grande forza comunista dell’Occidente: il Partito Comunista Italiano. Lo zero virgola alle elezioni in Toscana accanto al simbolo del neo PCI può e deve aiutarci a comprendere che, se si persiste su questa strada si va incontro ad una catastrofe annunciata e -quel che è peggio- in un quadro di gestione del potere non di una socialdemocrazia ben salda (il partito democratico è tutt’altro!) ma di un governo nelle mani di un becero populismo a cinque stelle e una destra che continua ad avanzare.

Per questi e molti altri motivi, sinteticamente descritti, siamo convinti che ci troviamo ad un punto di non ritorno: è necessaria una nuova fase, un nuovo percorso che coinvolga militanti, iscritti, lavoratori, giovani, cittadini che vogliono e che sentono la necessità di una sinistra del XXI secolo, che non perda le proprie radici ideologiche ma che sia nuova nella forma e nella sostanza.
Se possibile unita. E per farlo bisogna fare un passo indietro. Tutti. Ci sentiamo in diritto di aver esternato una dura critica alle organizzazioni comuniste in questo comunicato perché ci chiamiamo anche UNITA’ DEI COMUNISTI.

Nella nostra associazione fra sensibilità diverse ha prevalso e prevale fino a questo momento il desiderio di compattezza. Questo nostro intento su una realtà locale può contare poco, anche se per noi significa tanto. Sull’intero paese può contare molto magari un nuovo inizio.

Nei confronti della politica sul territorio in cui operiamo (Belpasso) desideriamo confermare al mondo associazionistico, alle forze politiche vicine a noi, e a tutte le singole soggettività la nostra apertura alla discussione democratica e alla condivisione di proposte e progetti che riguardano il futuro della Città.

Nella foto: partigiani comunisti mentre sfilano durante la liberazione

Massimo Vallone, Casa Della Sinistra Belpasso