La scuola non andava chiusa ma purtroppo a “buoi scappati” – conseguenza di scelte politiche inopportune e di una recrudescenza dei contagi di ottobre – non c’era altra soluzione. Tecnicamente la scuola continua ma la didattica a distanza (o didattica digitale integrata) risulta essere solo un succedaneo della scuola, un suo pessimo sostituto.

Didattica e distanza sono sostantivi inconciliabili. Ciascun insegnante di tutti gli ordini e gradi sa benissimo che didattica e distanza sono un ossimoro; alunni e docenti hanno necessità della “fisicità” del rapporto, ogni insegnante deve poter guardare in faccia i propri studenti, deve entusiasmarli e trasmettere passione. Deve intuirne potenzialità, problematiche, esigenze specifiche nella fase preadolescenziale e nella stessa adolescenza. 

Ogni bambino della primaria ha necessità della presenza stabile delle maestre con le quali trascorre gran parte della giornata proprio nella fase cruciale della sua formazione. La didattica a distanza è un pessimo surrogato di tutto ciò. Potrebbero confermarlo educatori, psicologi, studiosi dell’età evolutiva, sociologi.

La pandemia in atto ha travolto tutto ciò?  Sì, e ha contribuito, ma solo in parte, a negare ciò che è un diritto imprescindibile per milioni di studenti i quali  avevano già abbondantemente pagato un prezzo altissimo la scorsa primavera.

Ma anche le scelte, talvolta incomprensibili e talvolta ottuse, della politica hanno fatto la loro parte; c’era il tempo per programmare la massima cura e la massima attenzione verso la Scuola, doveva essere tutto pronto da settembre. Scelte semplici, razionali, intelligenti, non costose. Sdoppiamento delle classi superiori ai venti alunni, aumento del quadro orario degli insegnanti con piccoli (e graditi) aumenti stipendiali, convocazione degli insegnanti precari fin dal mese di agosto.

Niente di tutto questo invece si è verificato. Il dibattito (lunare) verteva sull’acquisto dei famosi banchi con le rotelle. Anche la famigerata casalinga di Voghera avrebbe intuito che bisognava organizzare il rientro a scuola con classi sdoppiate, turni mattutini e pomeridiani e orari flessibili dei trasporti per non ingolfarli e veicolare ancor di più il contagio.

Non ci voleva Einstein ma solo buon senso. E non ci volevano neanche tante risorse. Ma scontiamo, da almeno un trentennio, ministri dell’istruzione a dir poco imbarazzanti, impreparati, velleitari nelle pseudo riforme che hanno varato negli anni. L’attuale ministro non è né peggiore né migliore di altri, ma la sua incompetenza spicca di più in questo periodo drammatico.

Personalmente penso che molti disastri provengano dalle scelte politiche ottuse. E una aberrazione il principio “dell’uno vale uno” di recente conio. Fare il ministro è un incarico da far tremare i polsi e l’incompetenza diffusa nel ceto politico attuale e la conseguente superficialità nell’accettare incarichi enormemente più grandi delle proprie capacità è una miscela esplosiva.

La pandemia da Covid 19 amplificherà il tutto. Il disastro educativo, che purtroppo ci sarà, avrà i suoi effetti nel medio periodo. Ad inizio ricordavo la passione che la stragrande maggioranza degli insegnanti mette nel proprio lavoro, la cura specifica che essi ripongono verso i più svantaggiati dei loro studenti che sono la moltitudine destinata, in maniera ineluttabile, ad avviarsi alla totale povertà educativa.

Anche in questo caso la pandemia acuirà differenze culturali e divari sociali. E purtroppo a partire da questa impossibilità ad esercitare il diritto ad apprendere, a formarsi, a coltivare i propri talenti, ad avere pari opportunità, si comprometteranno le vite di migliaia di adolescenti.

E’ inutile dire che si tratta di mancanza di opportunità educative a tutto campo (di studio, economiche, sociali) ma la rabbia è che siamo di fronte a un fenomeno conosciuto da sempre, ancor di più negli ultimi trent’anni, che porta a diseguaglianze economiche, educative e culturali che si tramandano da genitori a figli senza interruzioni, senza soluzione di continuità, con progressione geometrica.

Nella totale impotenza di chi dovrebbe provvedere. La scuola inoltre rappresenta non solo il luogo in cui si apprende per almeno tredici anni; per molti bambini della primaria è la possibilità di aver garantito un pasto sano e completo al giorno. E per molti bambini, purtroppo, è l’unico pasto completo dell’intera giornata. La scuola è la possibilità per molti ragazzi di essere accompagnati nel loro percorso da adulti professionali e competenti, di fare sport, di essere considerati bambini e ragazzi con bisogni propri unici e non ripetibili. Perché la scuola è un presidio di tutela in particolare per i ragazzi più vulnerabili ed è anche il presidio educativo che spesso sostituisce il ruolo che le famiglie fanno sempre più fatica ad esercitare.

Ho avuto (e ho) studenti provenienti da situazioni familiari svantaggiate. Non riescono spesso a comprare i libri (figurarsi un computer per connettersi) e altrettanto spesso non vanno all’università perché non riuscirebbero a mantenersi agli studi. E sa bene, un bravo insegnante, che i loro studenti più fragili avranno la stessa probabilità, da adulti, di non riuscire a sottrarsi da una condizione di disagio complessivo. E questo è francamente intollerabile.

Ci sono state in passato le stesse differenze economiche e sociali che sono oggi presenti ma tuttavia, in uno Stato che era a marcata trazione sociale e solidaristica, la possibilità di studiare veniva riconosciuta a tutti. Anche chi scrive ha potuto studiare e migliorare la propria condizione di partenza; anche chi era figlio di un sottufficiale come me poteva studiare, accedere se il caso a prestigiosi atenei, attivare il famoso ascensore sociale. La politica degli ultimi anni a tutto ciò non ha mai neanche tentato di porre rimedio. Con colpe e scelte francamente criminali.

Salvatore Marino