Egregio governatore della Sicilia Nello Musumeci, nel giorno del suo insediamento alla presidenza del governo regionale, in un editoriale scrivemmo che, a prescindere dal suo “fascismo” dichiarato, l’avremmo giudicata sui fatti, non in base al suo “orgoglio” di aver preso come modello politico un fanatico di Mussolini, per giunta firmatario del manifesto sulla difesa della “razza pura”, come l’ex segretario del Movimento sociale italiano Giorgio Almirante.

Quel nostro articolo fu motivo di un attacco durissimo da parte di qualche esponente di sinistra, secondo cui un fascista, proprio perché tale, va giudicato subito e per giunta negativamente, senza aspettare l’evolversi del suo modo di amministrare. Noi ci prendemmo quelle critiche ma decidemmo comunque di attendere, di osservare i suoi movimenti, le sue scelte, le sue alleanze.

Perché? Avevamo seguito il suo cammino che precedeva l’attuale presidenza del governo siciliano. Un cammino interessante, fatto di buon governo quando è stato presidente della Giunta provinciale di Catania, e di buona opposizione quando prima aveva fatto parte di un organo di controllo in cui – secondo testimonianze molto autorevoli – lei spesso convergeva con la sinistra più intransigente pur di contrastare i comitati d’affari che imperavano a Catania e provincia.

Il suo cammino si fece più interessante quando fu addirittura emarginato all’interno del suo stesso partito – Alleanza nazionale, che nel frattempo aveva preso il posto del Movimento sociale italiano – dall’ex segretario Gianfranco Fini, e anche dopo, allorché da solo decise di affrontare il mare melmoso del centrodestra siciliano, candidandosi come governatore dell’isola senza stringere alleanze con nessuno e puntando in campagna elettorale sulla questione morale. Fu sconfitto, come era prevedibile, ma quella sconfitta a vantaggio dell’esponente della sedicente “sinistra” Rosario Crocetta, le fece onore.  

Dopo quella scelta di candidarsi da solo contro tutti, credevamo di trovarci di fronte a un vero e proprio eretico della destra italiana, a un rivoluzionario, a uno che, pur dichiarandosi “fascista”, non tanto per convinzione personale ma per qualche errore di gioventù (come ci era sembrato di capire leggendo l’intervista di due anni fa all’Espresso), alla fine si rivela spietato verso i violenti, i ladri e i mafiosi, e accogliente verso i migranti.

Lei invece a un certo punto capisce che per fare strada in politica bisogna fare le alleanze e soprattutto è necessario chiudere gli occhi, turarsi il naso e tapparsi la bocca. Solo chi ha contezza di cosa sia il centrodestra siciliano, sa di cosa parliamo.

Soltanto così lei il 18 novembre 2017 diventa presidente della Giunta siciliana. Ma questo non basta. Se vuoi governare per cinque anni devi trovare i giusti equilibri, trovare i compromessi più ambigui (non solo ambigui), forzare le decisioni, saldare certi rapporti.

E così, “nel mezzo del cammin” di legislatura, il governatore decide di allearsi con il leader della Lega Matteo Salvini, saldamente primo nei sondaggi grazie alla politica anti migranti che porta avanti. Da un lato Salvini fa il lavoro sporco  e chiude i porti, spara a zero contro i clandestini (“prima gli italiani, poi tutti gli altri…”); dall’altro Musumeci fa il “moderato” e definisce “fratelli” i migranti che sbarcano nel nostro Paese.

Poi però il governatore sostituire l’assessore alla Cultura e all’identità siciliana: al posto di un grande esponente della “sicilianità” come Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale e Sovrintendente del Museo del mare, perito in un incidente aereo, Musumeci mette il leghista Alberto Samonà, giornalista con pregresse simpatie naziste.

In Sicilia è rivolta, sia da sinistra che da destra: non tanto per quelle simpatie antiche, quanto perché un leghista all’identità siciliana è una bestemmia. Ma lei, egregio Musumeci, non se ne cura e in una intervista televisiva perde il suo consueto aplomb e spara a zero contro chi (“frustrato per certi problemi familiari”) critica il provvedimento.

È il momento di maggiore impopolarità del governatore, che un tempo veniva visto con simpatia anche da certi segmenti della sinistra siciliana. Fino all’altro ieri sera, quando ha chiuso le porte ai migranti, rei, secondo lui, di esportare il Covid-19 in terra siciliana.

Ora, egregio presidente, che un governatore si preoccupi di evitare i contatti fra persone (“tutte” le persone, non solo una parte) per prevenire i contagi è cosa buona e giusta, ma che lei faccia le ordinanze – suscitando anche un conflitto con lo Stato – per chiudere gli hot spot e i porti ai migranti è una scelta incredibilmente razzista e pericolosa.

Razzista perché lei addita “i neri” come veicolo di contagio, quando sa benissimo che la percentuale di migranti contagiati è minima rispetto a quella degli italiani, quando sa benissimo che la malattia si è sviluppata in occidente, e in Africa si è propagata diversi mesi dopo. Ci faccia capire: siccome ultimamente ci hanno spiegato che parte di quei contagi arriva da Malta e dalla Sardegna, chiudiamo anche ai maltesi e ai sardi?

Razzista perché lei prende i migranti come capro espiatorio dei nostri fallimenti, che non abbiamo saputo contrastare il virus nel modo efficace (e i risultati si vedono).

Pericolosa perché quest’ultima decisione ha il fine di auto assolverci (usiamo il plurale maiestatis perché nessuno, in questa vicenda, può dirsi esente da colpe).

Egregio presidente, avremmo capito il suo disagio di fronte agli sbarchi se in Sicilia (e in Italia e in Europa e negli Stati Uniti) non ci fosse stato quello sbracamento e quegli assembramenti nelle strade, nelle piazze, nelle spiagge, nei locali, nei mezzi pubblici. Avremmo capito il suo disagio se avessimo usato disciplinatamente le mascherine. Ma se il veicolo di contagio del coronavirus siamo noi stessi, perché sorvola questo particolare grosso quanto una casa, e colpisce direttamente i migranti?

Non è che per caso, con questa decisione, vuol far digerire il leghista all’identità siciliana? Non è che per caso ha pensato di saldare ancor di più l’alleanza con Salvini, vero ispiratore, secondo alcuni, di questa boutade di fine estate?

Luciano Mirone