Due morti e quattro feriti, a Catania, in viale Grimaldi, nel quartiere di Librino, periferia estrema, dove si spaccia a dieci anni, si fanno le rapine a quindici, e a venti ci commettono gli omicidi, mentre la città è priva di un sindaco attualmente sospeso.

Ecco: potremmo liquidare in queste tre righe questo duplice omicidio, che, secondo i carabinieri, è causato dalla guerra tra clan per il dominio del commercio della droga in una delle piazze di spaccio più grandi d’Europa, quel quartiere dormitorio  -realizzato negli anni sessanta deportando migliaia di catanesi dai rioni della città vecchia – senza piazze, senza campetti, senza parchi gioco, senza oratori, solo con una strada larghissima che taglia in due l’agglomerato di palazzi che la vecchia politica ha voluto. 

Non passa giorno in cui le redazioni dei giornali non siano inondate da fotografie di ragazzini, dei bambini quasi, mandate dalle Forze dell’ordine che arrestano gli spacciatori. Dovreste vedere le facce: alcune sono dure, vissute, tracotanti; altre ingenue, smarrite, tenere, eppure le une e le altre stanno insieme, si mescolano, perché qui non è facile starne fuori.

E fino a quando gli equilibri sono saldi, tutto a posto. Ma quando saltano succede quello che è successo ieri sera. Con la politica “sospesa” che non riesce (o non vuole) fare nulla, perché Librino, in fin dei conti va bene in campagna elettorale. In altri periodi “si sparano tra loro”. Quindi meglio così!

Luciano Mirone