Questo l’intervento che l’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci ha fatto nei giorni scorsi davanti alla Commissione nazionale antimafia in merito al fallito attentato di cui nella notte fra ilo 17 e il 18 maggio 2016 è stato vittima. Durante il suo intervento, Antoci ha parlato pure del ‘Protocollo di legalità’ di cui è stato artefice, che ha evitato ingenti finanziamenti a Cosa nostra da parte dell’Unione europea, e delle polemiche con la Commissione antimafia della Regione Sicilia presieduta da Claudio Fava. 

Per iniziare voglio ringraziare per l’invito Lei Sig. Presidente e tutti i Componenti di questa Commissione Parlamentare. Questi sono stati anni difficili anche per la mia famiglia costretta a vivere il mio elevato regime di sicurezza vedendo la propria casa presidiata dall’esercito. Ma sono stati anche anni pieni di soddisfazione per l’importante opera di rispristino di Legalità che tante Procure hanno potuto compiere, sull’argomento Fondi Europei in mano alle mafie, grazie al Protocollo e alla norma poi creata. Certo se tutto ciò ha da un lato assicurato alla giustizia tanti mafiosi e consentito di sequestrare loro milioni di euro di beni, dall’altro ha anche certamente ancora di più sovraesposto la sicurezza mia e quella della mia famiglia.

L’auto oggetto del fallito attentato, su cui prendeva posto l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Sopra, Giuseppe Antoci

Per anni e anni importanti famiglie mafiose si accaparravano i Fondi Europei per l’Agricoltura che invece di andare nelle mani degli agricoltori e allevatori per bene finivano nelle mani anche di nomi importanti della mafia. Quando, da Presidente del Parco dei Nebrodi, ho capito questo ho tentato di porvi rimedio e insieme al Prefetto Stefano Trotta abbiamo creato il Protocollo di Legalità firmato prima dai Sindaci del Parco e poi da tutti i Prefetti della Sicilia per poi, grazie a questo Parlamento, venire recepito nel Nuovo Codice Antimafia. Avevo capito a un certo punto di rischiare ma per dovere sono andato fino in fondo.

Ho avuto al mio fianco tutte le Istituzione e pensavo, onestamente, di avere anche al mio fianco la Commissione Regionale Antimafia. Mi sbagliavo.

Pensavo che la profonda sofferenza provocatami dall’attentato non avrebbe potuto mai avere pari. Mi sbagliavo anche in questo.

 Mi sbagliavo, perché il lavoro svolto dalla Commissione Regionale è stato invece orientato alla sistematica messa in discussione di Magistratura e Forze dell’Ordine tentando, incredibilmente, di eliminare dall’attentato, subito da me e dagli uomini della mia scorta, la sua matrice mafiosa. Ciò aveva sollevato la mafia da qualsiasi responsabilità, compresa la sua lucrosissima attività intorno all’affare dei terreni e per il quale affare non è stato, invece, mostrato alcun interesse. Ricordo che parliamo di affari milionari che danno alle mafie ritorni percentuali a volte maggiori della cocaina.

         Ma andiamo a quanto accaduto in questi mesi.

         Dopo quasi quattro anni la Commissione Regionale Antimafia Siciliana si è occupata delle vicende che mi sono accadute nella qualità di Presidente del Parco dei Nebrodi e purtroppo, come si evince da alcune dichiarazioni, tale interesse sarebbe scaturito a seguito di alcune e strane attività giornalistiche e non piuttosto che a seguito del grande affare di milioni di euro legato ai Fondi Europei per l’Agricoltura che finivano nelle mani di esponenti mafiosi e sul quale tema occorreva, già invece da tempo e, come dicevamo, fare luce su eventuali omertà e connivenze all’interno della macchina regionale, materia specifica, appunto, di una Commissione Regionale Antimafia.

Dunque fra questi servizi giornalistici (pochissime per la verità), venivano coinvolti prioritariamente alcuni soggetti:

         Pensate:

·        Il primo soggetto che viene intervistato risulta essere tale Foti Belligambi Giuseppe e al quale viene chiesto cosa pensasse dell’attentato.

Una persona con un chiaro pedigree su cui grava ad oggi una interdittiva antimafia ed è il medesimo che, intercettato dalla DDA di Caltanissetta nel 2014  insieme ad altri sodali evidenziavano astio e rancore nei miei confronti a tal punto da portare la stessa DDA di Caltanissetta ad informare gli organi competenti al fine di attivare nei miei confronti un regime di protezione e scorta (stralcio intercettazioni trovasi in allegato “2”). Di tali intercettazioni si segnala, però, a titolo di esempio: “…a stu porcu e a stu merda di presidenti deficenti… perché è lui chi studia tutto” e ancora “…. ce l’hanno messa dove sanno loro” riferendosi al Protocollo – e ancora ….gli sparavo nel cervello a questo cornuto”…Tutto ciò ad agosto 2014 mentre stavamo costruendo il Protocollo e prima ancora che cominciassero ad arrivare minacce ed altro.

Insomma, grazie anche a questo “signore” io da allora non sono più un uomo libero.

 

·        Andiamo al secondo soggetto intervistato e cioè il Sig. Mario Ceraolo, un poliziotto in pensione che fino a qualche anno fa prestava il suo servizio a Barcellona P.G. (ME).

 

Egli afferma che, poiché gli sarebbe stato richiesto dall’allora Procuratore Lo Forte di informarsi in giro sulla vicenda accaduta, le “sue fonti” gli avrebbero detto che “questa cosa”, riferendosi all’attentato, era una “babbarìa” (fesseria). La circostanza di questo informale incarico è stata nettamente smentita dal Procuratore Cavallo e inoltre lo stesso Ceraolo in un interrogatorio alla DDA risponde:  “io non mi sono mai occupato delle indagini”.

Del Ceraolo si è parlato nella scorsa audizione io a questo punto e per brevità mi limito a leggere uno dei capi di imputazione della vicenda di cui parlava il Senatore Giarrusso poi chiusa con la prescrizione e con la pesante decisione del Tribunale di Catania di distruzione dell’atto ritenuto falso vicenda contenuta nella relativa sentenza di cui troverete lo stralcio negli allegati:

1.     Ceraolo Spurio Mario, Galati Giordano Orlando:

capo c) “per il retato p. ep. dagli artt. 110 e 476, comma primo e secondo, c.p. perché Ceraolo nella qualità di Ispettore della polizia di Stato cui era conferita delega per il compimento di atti del procedimento 606793 N.R. della Procura della Repubblica di Messina e, quindi, quale pubblico ufficiale, in concorso con Galati Giordano Orlando, collaboratore di giustizia, formava un falso processo verbale di sommarie informazioni testimoniali apparentemente rese dal medesimo Galati Giordano Orlando, datato 19/06/93 recante il n. 606/93 N.R. relativo al procedimento penale cd. “Mare Nostrum”, verbale costituente duplicazione di quello di pari data indicato alle precedenti lettere A) e B), del quale riproduceva solo parzialmente il contenuto, ed in calce al quale il Ceraolo apponeva, contraffacendola, la firma apocrifa dei magistrati della Procura di Patti Gambino Giuseppe e Salomone Maurizio; con l’aggravante di aver commesso il fatto relativamente ad atti pubblici fidefacenti fino a querela di falso. In Vibo Valentia in epoca prossima al 10/06/93”.

Giuseppe Antoci

         Poi, ancora, un articolo di Viviano, ripreso da un quotidiano locale a firma di Enzo Basso, che raccontava di due malavitosi che intercettati parlavano tra di loro prendendo le distanze dall’attentato. La DDA di Messina scrisse a tutte le DDA della Sicilia per sapere se esistessero tali intercettazioni. La risposta è stata che “non esistevano queste intercettazioni.        

Altro articolo precedente, penso non ce ne siano altri, è quello scritto sul giornale locale “La Sicilia” di Catania a cura di Mario Barresi. Il giornalista, a seguito di queste interviste, comincia a titolare che “dubbi” erano stati posti sulla dinamica degli accadimenti prendendo, anche lui, spunto dalle dichiarazioni dei due soggetti sopra rappresentati. Ma egli va anche oltre e scrive a caratteri cubitali che la Procura di Patti aveva aperto un’indagine, citandone anche i relativi modelli.

         Peccato, che dopo qualche giorno, attraverso un’intervista rilasciata alla Gazzetta del Sud (trovasi in allegato “5”), arriva una sonora smentita, anche questa a caratteri cubitali, da parte del Procuratore Capo di Patti e attraverso la quale lo stesso Procuratore, parla anche delle tante “Fake” raccontate sull’argomento dopo l’attentato. Chi è stata la fonte di Barresi? Perché gli avrebbe propinato tale falsa informazione?

         In sintesi, da questi primi episodi è già chiaro che mascariamento e depistaggio sono stati da subito in azione. Pensate che addirittura qualche blogg siciliano tirò fuori la falsa notizia che mia moglie e poi direttamente io fossimo nipoti dei famosi fratelli Rampulla artificieri della strage di Capaci. La notizia impazzò ovunque ma ovviamente nessuna parentela… neanche nell’albero genealogico. Ma quel 23 di luglio del 2016 mia moglie per il dispiacere fini al pronto soccorso. Vi rendete conto di cosa deve subire una famiglia solo per aver compiuto il proprio dovere? Per tutto ciò è stata emessa già la prima condanna per diffamazione.

         Torniamo ai fatti.

La DDA di Messina ha affidato una perizia balistica alla Polizia Scientifica di Roma, che ha depositato la sua consulenza utilizzando, tra l’altro, una tecnica innovativa in 3D. Un nuovo sistema all’avanguardia che consente di decifrare delitti rimasti per decenni oscuri e senza colpevoli. Tecnica utilizzata per la prima volta in Italia per studiare l’attentato di via d’Amelio al Giudice Paolo Borsellino e quello proprio ai nostri danni. Comparazioni tridimensionali, come l’Analysis of Virtual Evidence, e tecniche di fotogrammetria. Si parte dai tre grossi fori sulla lamiera dello sportello dell’auto blindata. Partendo da quei tre colpi di fucile sono state ricostruite le traiettorie e la dinamica dell’agguato sui Nebrodi.

         Il posizionamento dei killer come accertato dalla perizia della polizia Scientifica di Roma è “perfettamente compatibile con quanto hanno dichiarato chi è stato coinvolto nell’attentato” cosi scrive la scienteifica.

         I tre colpi non dovevano servire per uccidere, secondo la ricostruzione della Scientifica di Roma, in quanto il fuoco era infatti finalizzato a colpire la ruota posteriore sinistra e a provocare l’arresto dell’auto, per poi poter lanciare le due bottiglie molotov che sono state ritrovate intatte, incendiare la vettura e indurre così coloro che erano dentro a uscire dall’auto. Per poi finirli.

         Insomma, un attentato studiato scientificamente e approfonditamente. Un ottimo lavoro degli inquirenti e dei magistrati, ma per qualcuno non basta, per i mascariatori non basta… Bisognava morire…

         E dunque l’archiviazione del primo Gip di Messina Eugenio Fiorentino che ha accolto la richiesta di archiviazione di alcuni indagati all’interno della quale, però, veniva minuziosamente ricostruita la dinamica dell’attentato. Fiorentino da Giudice Terzo scrive:

“…. innegabile che tale gravissimo attentato era stato commesso con modalità tipicamente mafiose……”

“….. con la complicità di ulteriori soggetti, che si erano occupati di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalarne la partenza dal Comune di Cesarò…..…”

“….. un vero e proprio agguato meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere…”

“…. le descritte modalità delittuose inducevano a collegare tale attentato alle penetranti azioni di controllo e di repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo pastorale, da tempo avviate da Antoci Giuseppe, nella qualità di Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi……..”

(trovasi tutto in Allegato “12”).

         Tornando alla Commissione Regionale, insomma, a un certo punto mi ero convinto che finalmente qualcuno, in regione, si stesse occupando di cosa fosse accaduto in questi anni nella macchina regionale e su chi avesse permesso che milioni e milioni di euro di fondi per l’agricoltura andassero a finire nelle tasche di esponenti mafiosi. Invece arriva la sorpresa: la Commissione Regionale Antimafia si occupa invece, esclusivamente, delle modalità dell’agguato con un metodo ed un risultato sorprendente e cioè quello di sostituirsi, senza averne i poteri, alla Magistratura e insinuare dubbi ed interrogativi addirittura in contrasto con fatti e documenti dell’Autorità Giudiziaria in buona parte in possesso della stessa Commissione Regionale.

         Vorrei analizzare, se pur con grande imbarazzo e dispiacere, alcune di queste anomalie delle quali più approfonditamente troverete nella relazione integrale depositata:

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In premessa appare necessario partire dalla Conferenza stampa  di presentazione della relazione ove si dice: “Siamo rimasti tutti abbastanza stupiti e anche un po’ delusi dalla reazione del Sig. Antoci perché ci saremmo aspettati parole di gratitudine… Preme correggere il Sig. Antoci su un’inesattezza che mette alla base di questo suo giudizio molto ingeneroso nei confronti del nostro lavoro quando parla di anonimi e di dicerie. Questa Commissione non ha ne letto, ne acquisito, ne utilizzato alcun anonimo”.

Ed invece non è così! Come si evince, infatti, dall’audizione n. 91 del 25 giugno 2019 viene confermato all’audito giornalista Enzo Basso, già rinviato a giudizio dalla Procura di Catania e dunque oggi a processo per diffamazione proprio per gli articoli che scrisse sull’attentato, di avere l’anonimo di cui parla infatti rispondendo a Basso che dice “ se non doveste averlo io credo… Il Presidente Fava risponde dicendo: “L’abbiamo”. E se non bastasse viene chiesto all’audito Basso di inoltrare loro l’anonimo dicendo “Ce lo faccia avere e vediamo se corrisponde co i nostri anonimi”.

Ma il dispiacere più grande è stato quello di ascoltare cose non rispondenti agli atti giudiziari e facilmente riscontrabili da ciò che la commissione aveva nelle mani o dalle dichiarazioni di Magistrati e Forze dell’Ordine nelle audizioni.

Per esempio:

1) Ai minuti 17,55 – 18,59 e 42,46 della conferenza stampa si riferisce che il sindaco di Cesarò dice alla Commissione Regionale che quella sera non era preoccupato. Si dice ancora che il Sindaco dichiara le stesse cose sia alla Commissione che ai PM. Si dice che questa convergenza di dichiarazioni è addirittura inconfutabile e ciò viene anche evidenziato a pag. 31 della relazione:

L’ex presidente del Parco dei Nebrodi

Mi chiedo come si possa fare ad affermare questo dopo che è stato da me depositato, agli atti della Commissione, durante l’audizione del 24 luglio (due mesi prima della chiusura della relazione), l’interrogatorio da parte della magistratura proprio del Sindaco Calì, in cui si evince che Calì dice alla Commissione cosa totalmente diversa da quello che dice ai PM?

A titolo di esempio si riportano le parole del Sindaco Calì contenute nell’interrogatorio agli atti della DDA di Messina (All. n. 13):

Domanda PM: “Ma si spaventava lei addirittura di omicidio?” Risposta Calì: “Ma io… si, di omicidio”

Domanda PM: “In questa seconda fase dal Comune al ristorante, notò qualcosa di sospetto?” Risposta Calì: “Di strano c’era queste persone, sì”. Domanda PM: “E perché è strano secondo lei?” “Cioè, perché reputò questo fatto “strano?” Risposta Calì: “Perché sono nominati dalla legge, perché a me i Carabinieri e la Polizia mi dicono che queste sono persone non poco di buono e lo sappiamo, io lo so per certo”. ……. sono vicini a certa gente questi”. Domanda PM: Domanda PM: “a chi?” Risposta Calì: “A tutti, tipo Pruiti…. Eccetera eccetera”. Pruiti Giuseppe oggi è all’ergastolo.

Domanda PM: “Cosa temeva Sindaco.” Risposta Calì: ” “Temevo qualcosa di brutto”…

Domanda PM: “E poi quando ha saputo il fatto?” Risposta Calì: “Verso le sei e mezza le sette – quando sono uscito”. Domanda PM: “E lei che ha pensato quando”… Risposta Calì: “Che cosa ho pensato? Bastardi, solo questo ho potuto dire”. Domanda PM: “Ma non ha pensato le mie paure non erano…” Risposta Calì: “Che le mie paure non erano forse infondate, questo l’ho pensato”. “Si, si, l’ho detto che è un attentato di mafia, sicuro sicuro. Per me è un attentato di mafia”

Domanda PM: “Quindi sto segnale che dice Manganaro, lei cosa gli ha detto?” Risposta Calì: “Gliel’ho detto al Comune… non mi piace stasera questa situazione, c’è qualcosa che non va”.

Perché non si fa cenno di tutto questo nella relazione e nella conferenza stampa, calcando più volte la mano su questa “anomalia”? Perché in conferenza stampa viene detto che il Sindaco Calì aveva detto le stesse cose alla Commissione e ai Pubblici Ministeri pur avendo nelle mani già dal 24 luglio l’interrogatorio del Sindaco alla DDA?  

Non esiste l’obbligo da parte dei consulenti e della Commissione di controllare attentamente gli atti giudiziari a loro disposizione, tra l’altro, lo si ripete, da me già depositati (interrogatorio di Calì compreso) in sede di audizione il 24 luglio?

2) Al minuto 39,46 della conferenza stampa si riferisce pedissequamente quanto evidenziato dal Ceraolo ed inserito a pag. 64 della relazione e cioè che dopo l’attentato non sarebbe stata avvisate le centrali operative:

– come si fa così incautamente a dire ciò quando ci sono le telefonate registrate alle 02:03:53 (All. n. 14), pochi secondi dopo l’attentato e i tabulati risultano depositati agli atti delle indagini? Inoltre, i Magistrati della DDA di Messina, a pag. 95 della richiesta di archiviazione (All. n.15) e che la commissione aveva nelle mani, riferendosi ai vari esposti anonimi pervenuti, scrivono: “Invero, nessuno degli elementi concernenti lo svolgimento dell’attentato, ed indicati negli esposti come anomali ed indicativi di una messinscena, trovava un significativo riscontro. Così, ad esempio, con riferimento alla circostanza del mancato allarme dato dal MANGANARO a seguito della sparatoria (cfr. tabulato in cui è riportata la telefonata fatta alle ore 02:03:53 al centralino del Commissariato di P.S. di sant’Agata di Militello)” ,Centrale Operativa Territoriale,

Perché affermare cosa totalmente opposta da ciò che si trova negli atti dell’inchiesta? Eppure, ripeto, ciò è chiaro a pag. 95 della richiesta di archiviazione della Magistratura.

Appare inoltre superfluo evidenziare che dopo la messa in onda dei servizi della trasmissione Mediaset “Le Iene” del 20 e 27 febbraio 2020 (che ho depositato insieme alla relazione), all’interno dei quale veniva fatta ascoltare al pubblico la drammatica registrazione della telefonata di aiuto del poliziotto la notte dell’agguato, l’unico sentimento che ha provocato questo punto trattato dalla conferenza stampa è stato quello dello sgomento. 

 

13) Al minuto 21,23 della conferenza stampa si dice: Le indagini sono state delegate al Commissariato di S. Agata:

– il Commissariato di S. Agata ha svolto solo attività di remotizzazione (ascolto telefoni), considerato che in quella parte del territorio dei Nebrodi si parla anche il dialetto sanfratellano, noto per essere simile ad una lingua straniera, e dunque occorreva personale del luogo che lo capisse.  Nessuna attività è stata svolta dal Commissariato in merito alla dinamica dell’attentato, se non le relazioni sull’accaduto quella notte, tanto è vero che l’informativa finale delle indagini alla Magistratura viene firmata dalla Squadra Mobile/SCO senza neanche notiziare il dott. Manganaro e il Commissariato di fatto estraneo alla compilazione dell’informativa stessa. Ciò era stato chiaramente evidenziato (All. n. 25), ma di ciò nessuna traccia nella conferenza stampa.

Inoltre, solo per rendere conto della difficoltà di comprensione dell’atteggiamento dell’ex poliziotto Ceraolo, prima citato, o comprenderlo meglio, a pag 65 della relazione della Commissione Regionale si dà conto e certezza che “tra i protagonisti delle prime indagini, sia pure in modo incidentale, c’è senz’altro il dott. Ceraolo….”.  Voglio segnalarvi solamente che nell’interrogatorio della DDA, fatto al Sig. Ceraolo in data 12/04/2017 a pag 23 (All. n. 30), gli viene chiesto: domanda P.M. Di Giorgio: “Senta, a questo punto una domanda gliela dobbiamo fare, la telefonata con Granata ha detto è del 19 maggio 2016, oggi siamo al 12 aprile 2017, fino adesso perché non ha ritenuto di riferire questi particolari?” Risposta di Ceraolo: “Ma io non ho partecipato alle indagini, non sono stato mai coinvolto nelle indagini”. Lo stesso Ceraolo, inoltre, viene categoricamente smentito in Commissione Regionale durante l’audizione dal Procuratore Cavallo quando dice di essere stato incaricato informalmente dal Procuratore Lo Forte e viene pure smentito sul fatto che lo stesso Ceraolo relazionava quotidianamente ai sostituti che seguivano le indagini sull’attività che stava compiendo in riferimento ai fatti legati all’attentato. Insomma, da un lato il Ceraolo dichiara in modo netto ai Magistrati, il 12 aprile 2017, di non aver mai compiuto indagini sull’attentato e dall’altro sostiene alla Commissione di essere andato proprio dagli stessi magistrati giornalmente a relazionare sull’attentato. Incredibile………. Mi sarei aspettato una forte presa di posizione della Commissione Regionale. Invece nulla… Anzi Ceraolo diventa l’audito chiave.

Inoltre, singolare appare che la Commissione Regionale riporti che lo stesso Ceralo sostiene di aver ricevuto questo cosiddetto “incarico informale” da parte del Procuratore Lo Forte vicenda per la quale si sostiene che a tutto ciò fosse stato presente il Questore Cucchiara che addirittura ne avrebbe dato l’assenso. Perché la Commissione non ha inserito le dichiarazioni del dott. Cucchiara rese nell’audizione della seduta n. 96 del 31 luglio 2019 dove il dott. Cucchiara dice invece di aver appreso la versione contraddittoria di Ceraolo solo successivamente?

 

19) Al min 1:18:45 della conferenza stampa il Presidente della Commissione Regionale Antimafia dice: la mafia non ha ragione di risentimento o altro.. solamente se ne frega:

– Una dichiarazione che mi ha fatto molto ma molto soffrire, perché non supportata da alcun elemento fattuale e documentale, soprattutto dopo che tante indagini di diverse DDA hanno evidenziato il rancore di alcune note famiglie mafiose siciliane (vedi Virga ecc. ecc.) (All. n. 33) contro il Protocollo e i risultati che sta ottenendo. Uno strumento inserito nei tre cardini principali del Nuovo Codice Antimafia, e per il quale la Commissione Europea, a firma di Phil Hogan dice: “Il Protocollo Antoci vigente in Italia rappresenta uno strumento eloquente per tale impegno”, invitando a seguire le orme dell’Italia su questo campo. E questo il 19 settembre 2019 (All. n. 34).

In data 15 gennaio 2020 la DDA di Messina con un’operazione eseguita dai Carabinieri del ROS  e dalla Guardia di Finanza esegue ben 94 arresti e 151 sequestri di aziende agricole per reati di mafia e legata ai fondi europei per l’agricoltura, mai successo prima. Alla conferenza stampa il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho, Il Procuratore della DDA di Messina, il Comandante Nazionale del ROS e il Comandante Provinciale della GDF mi hanno tutti ringraziato pubblicamente per il Protocollo e il lavoro fatto confermando che i soggetti vengono scoperti ed arrestati perché tentano proprio di aggirare il Protocollo. E dunque, la mafia se ne frega? Non è giusto, tutto questo non è giusto.

 

20) Al minuto 41,33 della Conferenza stampa si dice che il dott. Cavallo durante l’audizione ha escluso l’attentato mafioso:

– Ciò è del tutto inesatto! il dott. Cavallo ha invece esplicitamente detto alla Commissione Regionale in audizione cosa diversa confermando la matrice mafiosa e ribadita in più occasioni anche in alcune interviste televisive infatti dopo aver, anche, ascoltato l’intervista del dott. Cavallo al programma di Mediaset “Le Iene” nella puntata del 20 febbraio ogni altra considerazione sull’argomento sembra superflua.

Altra vicenda che mi ha lasciato stupito è quella legata ad una dichiarazione rese alla stampa dal Presidente della Commissione Regionale in anticipo all’avvio delle audizioni e dunque prima di conoscere ciò che poi avrebbero detto gli auditi. Appare singolare, infatti, che in data 10.05.2019 il Presidente della Commissione Regionale rilasci un’intervista (All. 38) ove definisce le modalità dell’attentato: “stravaganti”. Insomma, sembra già, ancor prima delle audizioni, abbastanza convinto delle sue tesi… Ciò lo ritengo un grave errore morale e Istituzionale. Io e gli uomini della mia scorta quella stravaganza ce la porteremo sempre dentro per tutta la vita. Io li ricordo le grida, i pianti di quella notte la paura e il terrore. Altro che stravaganza. E’ umiliante parlare così.

 

Alla conferenza stampa dell’operazione “Nebrodi”, una delle più importanti operazioni antimafia eseguite in Sicilia, sono state chiare le parole degli intervenuti. Forti ed inequivocabili i riferimenti al lavoro svolto e soprattutto all’attentato subito da me e dagli uomini della mia scorta.

In quella sede il Procuratore ha dichiarato alla stampa ma lo ha anche a Voi ben chiarito: “Abbiamo una documentatissima indagine che non ha portato ai responsabili, ma certo non ha mai messo in dubbio l’attentato, dopo di che tra i moventi possibili mi pare evidente che l’azione derivante dal protocollo Antoci sia una ragione che può largamente giustificare una reazione da parte delle organizzazioni mafiose ” “(All. n. 40).

Ancora in quella sede il Comandate Nazionale del ROS dice: “Le investigazioni hanno consentito di contestualizzare l’attentato all’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, che ha adottato il protocollo ed inciso concretamente su questo grumo di interessi mafiosi, impedendo che le organizzazioni conseguissero questi enormi ricchezze attraverso l’erogazione di Fondi Pubblici. Il Protocollo Antoci ha bloccato tutto questo ed è il movente che può aver determinato l’attentato” (All. n. 41).

Sulla stessa scia quel giorno il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho che, partecipando alla conferenza stampa a Messina e commentando il lavoro mio impegno dice: “Probabilmente è stato uno dei primi segnali nei confronti di tutte le mafie e poi è stato esteso a livello nazionale”.

Nei giorni successivi all’operazione la stampa ha riportato la notizia di un’annotazione dei ROS del 2016 ove veniva evidenziato che un noto pregiudicato vicino alle famiglie mafiose di Tortorici legati ai Batanesi ed in particolare a Bontempo Sebastiano detto “u guappu” proferiva le seguenti parole: CI VORREBBERO CINQUE COLPI PER FARLA FINITA DEFINITIVAMENTE  CON ANTOCI” (All. n. 42), insomma odio e rancore, ancora odio e rancore oltre a quello già evidenziato nelle pagine precedenti.

Ecco perché mi sono sentito mortificato dalla frase: “la mafia non ha ragione di risentimento o altro.. solamente se ne frega”.  

Il silenzio del Presidente della Commissione Regionale Antimafia, dopo gli arresti e i sequestri con l’operazione della DDA di Messina del 15 gennaio (All. n. 43), è stato a mio parere un brutto segnale. Nessuna dichiarazione di complimenti per una delle più importanti operazioni antimafia compiute in Sicilia.

A volte chiedere scusa è un atto di grande valore.

Scusa non a me, o non solo a me, ma scusa alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine, scusa a quei valorosi uomini della scorta, scusa all’Assistente Capo Tiziano Granata che non c’è più, scusa ai giornalisti chiamati in conferenza stampa ed ai quali sono stati trasmessi messaggi fuorvianti. Scusa soprattutto a mia moglie e alle mie figlie perché questa relazione, oltre a provocare un’immensa sofferenza, ha sovraesposto anche la nostra sicurezza, già a rischio e oggi, dopo l’operazione dirompente del 15 gennaio contro la mafia dei Terreni, ancora più in pericolo. Ecco, era l’occasione giusta, bastava solamente chiedere scusa….

Appare anche il caso di segnalare le parole pronunciate l’1 febbraio 2020 dal Procuratore Generale di Messina Vincenzo Barbaro in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario e chiaramente indirizzate alla Commissione Regionale (All. 44):

 

“Per quanto riguarda l’attentato commesso nel 2016 in danno di Antoci va osservato che secondo vigenti regole processuali il giudice è l’unica autorità preposta al controllo della correttezza e completezza delle indagini poste in essere dal P.M., essendo egli in posizione di assoluta terzietà rispetto alle parti ed ai fatti ed avendo a disposizione la totalità degli atti di indagine, comprovanti nella specie un’attività di ricerca degli elementi di prova incessante e orientata a 360 gradi. Consegue che la ricostruzione operata in sede giurisdizionale deve ritenersi l’unica in grado di assumere la dignità di verità storica, dovendo essere confinate nell’alveo delle mere congetture non meritevoli di apprezzamento contrastanti e alternative ricostruzioni dei fatti”.

Congetture… Elucubrazioni mentali… attività preconcetta… Parole nette e indiscutibili che sicuramente, come ha sostenuto l’Onorevole Piera Aiello nella scorsa audizione, non sono certamente state scritte a cuor leggero. E’ comunque troppo doloroso tutto questo per una persona come me che tiene alle Istituzioni. Non mi fa certamente piacere vedere una Istituzione come la Commissione Regionale Antimafia della Sicilia ricevere questi giudizi. E’ un grave contraccolpo e una macchia gravissima che non fa bene alla credibilità dell’Istituzione stessa. Non ne sono felice.

Cosa penserà un altro Amministratore o un imprenditore che vuole denunciare vedendo questo spettacolo? Che forse è meglio farsi i fatti propri per non rischiare poi il tentativo di delegittimazione? A loro invece voglio dire che devono avere fiducia nello Stato e andare fino in fondo perché, come è accaduto per noi, la verità e la giustizia arrivano sempre. Se pur dopo tanto dolore.

Il 26 febbraio 2020, a riprova del clima avvelenato e conseguente anche alle importanti e recenti operazioni di servizio che hanno assicurato alla giustizia decine di appartenenti a famiglie mafiose, mia figlia minore veniva minacciata da un giovane in una focacceria. Le veniva buttata un pezzo di pizza in faccia e le veniva rivolta la frase: “vaffanculo tu e quel bastardo di tuo padre”. Abbiamo passato l’intera giornata alla Polizia, con mia figlia spaventata per l’intimidazione subita che, insieme alle compagnette presenti, tentava di riconoscere il soggetto. Questo è il clima attorno alla mia famiglia.

Sono infine convinto che il miglior modo per lasciare alla storia, come l’ha correttamente definita nell’audizione precedente il Senatore Saccone, questa pagina buia è quella di ricordare le parole del Prefetto Gabrielli, che a febbraio 2019 alla presentazione del mio libro, presentato qui a Roma da Lui e dal Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho, parlando dell’attentato che ha colpito me e i Poliziotti, disse quanto riportato poi da più organi di stampa, tra i quali l’AGI:

Mafia: Gabrielli, difendersi da sue azioni ma anche da sospetti

(AGI) – Roma, 6 feb. –“In questo Paese non ti devi solo difendere dalla mafia e dalla criminalità, ma anche da zelanti mascariatori prodighi di comunicazione e pronti a inoculare sospetti in ogni occasione”…… “Nel nostro Paese abbiamo la capacità di continuare a farci del male, come ha dimostrato il caso Antoci, con accuse di fake dopo l’attentato, come se fosse stata una messinscena”. Aveva capito come si stavano muovendo le cose. Aveva capito tutto sin dall’inizio.

         Ma il Capo della Polizia non si ferma qui. A Ceva, in provincia di Cuneo, solo poche settimane fa, il 22 giugno scorso, ha detto in riferimento alla promozione degli uomini della mia scorta: “Siamo stati cauti, abbiamo atteso tutte le pronunce dell’autorità giudiziaria, che è la voce più autorevole in materia e abbiamo dimostrato che non c’era alcuna possibilità di una ricostruzione diversa da quella fatta nelle dichiarazioni dei colleghi. Esperiti questi accertamenti ci sembrava un atto di grande ingiustizia che questi colleghi non venissero riconosciuti per un atto di grande valore. Ritengo sia stato il giusto riconoscimento a un atto particolarmente valoroso”. (All. n. 47)

         Che dire delle cose dette nella seduta scorsa davanti questa Commissione e soprattutto all’uscita da essa. Ancora inesattezze

Alcune di queste però le voglio ricordare:

·        Si sostiene che non è stato individuato il movente dicendo che lo scrive il GIP: Non è cosi! Ecco le parole chiare ed inequivocabili del GIP: “…. le descritte modalità delittuose inducevano a collegare tale attentato alle penetranti azioni di controllo e di repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo pastorale, da tempo avviate da Antoci Giuseppe, nella qualità di Presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi……..”

·        Si sostiene di essere delusi adducendo che il secondo GIP parla di illazioni sul coinvolgimento di Antoci e più volte ci si ferma su questo per difendere le posizioni dicendo che loro Antoci lo hanno sempre considerato vittima. Ma come ha chiesto giustamente l’Onorevole Carmelo Miceli ma vittima di chi? Nessuna risposta… Si omette però, ciò è grave, di continuare la frase scritta dal GIP che continua aggiungendo: “eventuali illazioni sul coinvolgimento dell’Antoci o degli uomini della sua scorta o ancora del Manganaro e del Granata, appaiono pure elucubrazioni mentali non corroborate da alcun dato probatorio..” Ecco su di loro di illazioni ne sono state fatte parecchie ed è proprio per questo che, in questi mesi, ho sentito il bisogno di difenderli pubblicamente. Si tratta ricordo di padri di famiglia che mi hanno salvato la vita riportando a casa da mia moglie e dalle mie figlie. Come avrei potuto non lottare per loro?

·        Si riferisce che il Ceraolo sostiene ricostruzioni diverse e fra loro incompatibili: “ma uno che dichiara in un interrogatorio alla magistratura che non ha mai fatto indagini di che ricostruzioni può parlare? Si ribadisce che erano informali. Ma possono esserci indagini informali? In quale codice sono previste?

·        Si sostiene che il Capo della squadra mobile dice che non erano massi quelli posizionati nelle carreggiate ma pietre e che le stesse potevano essere collocate in due minuti: ecco cosa dice in audizione invece il capo della mobile dott. Anzalone: “Quando sono arrivato proprio sulla strada, sul rettilineo dove vi era questa fila di pietre, due o tre erano tra l’altro massi abbastanza grossi insomma, ogni pietra sicuramente aveva un peso di intorno ai 10, 15 chili… la parola minuti nell’audizione n. 97 del 17 luglio 2019 è pronunciata solo 4 volte e mai sul collocamento delle pietre sulle quali dice, invece, appunto che alcune di esse erano “massi abbastanza grossi”.

 

·        Si sostiene che i ROS vengono chiamati soltanto successivamente per analisi di “tabulati telefonici”. Assolutamente no… intervengono e fanno una inchiesta di sette mesi con intercettazioni ambientali e tecniche. Dice la Procura: “L’attività, affidata ai Carabinieri della Sezione Anticrimine di Messina così da acquisire una visione più ampia della vicenda, si concentrava non solo sui soggetti coinvolti nell’attentato, ma anche su coloro che, alla luce delle emergenze investigative, potevano essere autori di esposti anonimi”. Che c’entrano i tabulati. Ma se è chiaramente scritto nel decreto di archiviazione perché dire cosa diversa? Bene ha fatto il Senatore Franco Mirabelli ha puntualizzare, svelarne l’infondatezza e chiarire la vicenda.

·        Sulla promozione degli uomini della mia scorta ha già risposto il Capo della Polizia con le parole pronunciate il 22 di giugno. Riprendere ancora questo argomento continuando a tentare di porre interrogativi su uomini che la Polizia di Stato, dopo un’attenta istruttoria e dopo le pronunce della magistratura, ha promosso e decorato, ritengo sia una mancanza di rispetto ad un grande uomo dello Stato come il Prefetto Gabrielli che ha pronunciato quelle parole.

·        E in ultimo la risposta alla domanda dell’Onorevole Ascari mi ha turbato molto. L’Onorevole Stefania Ascari chiede: “Non pensa che questa attività della Commissione (regionale) possa mettere ancora di più a rischio la vita del dott. Antoci anche viste le risultanze di oggi? Il Presidente Fava risponde: “no e mi rifiuto di entrare in questa dinamica.. io posso anche subire attacchi politici non mi sognerei di dire mai a qualcuno che quell’attacco politico mi espone di più a rischi rispetto all’attività che faccio”. Quindi considerata questa risposta io, con questa relazione avrei subito un attacco politico?

Proprio il 22 luglio, dopo l’audizione del Presidente della Commissione Regionale, davanti a questa Commissione Parlamentare ove continuava a parlare di Magistrati superficiali, l’onorevole De Luca con un comunicato stampa si è, invece, detto contento dell’ultima sentenza del GIP dicendo: “sono lieto che la sentenza emessa dal tribunale di Messina riconosca il buon lavoro svolto dalla Procura negli scorsi anni cosa della quale non ho mai dubitato e che ho anche evidenziato in commissione”. Sono felice che un componente della Commissione abbia comunque dimostrato vicinanza ai Magistrati attaccati ingiustamente. Ci sono tanti modi per scusarsi.

  E in ultimo arriva la sentenza di un altro Giudice Terzo. Il Gip di Messina Simona Finocchiaro che emette una sentenza che smonta tutta la relazione della Commissione e la consegna alla storia usando termini come “elucubrazioni mentali…”, “…preconcetta e comunque non supportata da alcun dato probatorio”. (All. n. 48)

Una magistratura di eccellenza quella di Messina a lavoro su tanti fronti ma che necessita più attenzione sia sotto il profilo del numero di Magistrati da assegnare sia su quello più prettamente legato agli Assistenti Giudiziari e al Personale Amministrativo che vede Messina sempre poco attenzionata come recentemente accaduto. Sono certo che questa Commissione saprà fare tesoro delle parole del Procuratore De Lucia che ho ascoltato in audizione e saprà attivarsi in tal senso. La lotta alla mafia in quel territorio non può trovare impedimenti e lo Stato deve investire sulle risorse eccellenti che ha. 

Voglio chiudere la lettura di questa mia relazione, che agli atti di questa Commissione Parlamentare è per esteso depositata comprensiva di allegati, ringraziando ancora Lei Signor Presidente e tutti Voi presenti. Ed è proprio a tutti Voi che consegno e rassegno il dolore di questi anni e con esso una verità che qualcuno voleva sporcare. Grazie a Dio, agli uomini, alla Verità e alla Giustizia, ciò è ritornato al mittente.

Sono convinto che nell’accidentato cammino della vita – gravido di inside, tragedie, paludi, meschinità, zavorre e miserie – la resilienza e la difesa senza se e senza ma della dignità rimane la sola vitale questione dell’essere umano. Ecco io ho tentato di fare questo.

Tanti di Voi hanno chiesto al Presidente Fava di scusarsi. Gliel’ho chiesto anche io.. Il Presidente Fava non solo non lo ha fatto ma è uscito da qui, dopo l’audizione e ha continuato ad attaccare i Magistrati ritenuti superficiali e questa stessa Commissione.

Bene allora visto che è così chiedo io scusa a tutti, scusa per l’ignobile spettacolo che si è dato ai cittadini, scusa perché è stata messa in discussione la tenuta e la credibilità delle Istituzioni ma scusa, soprattutto, per non essere morto quella notte insieme agli uomini della mia scorta. Se ciò fosse accaduto sono certo che ogni 18 maggio qualcuno che ha tentato di denigrare sarebbe stato davanti a quella lapide a usare parole roboanti e ad esaltarci. E allora sono io che chiedo scusa.

So di non essere stato il primo a ricevere fango, è successo a tanti che hanno lottato le mafie e, alcuni di loro, che oggi non ci sono più, hanno subito cose simili, ma spero nel profondo del mio cuore di essere l’ultimo.

Questa relazione è oggi depositata, in maniera integrale e con allegati, in due posti, Signor Presidente, in questo luogo sacro per le Istituzioni che è la Commissione Parlamenta Antimafia Nazionale e nella cassaforte di casa mia, in custodia a mia moglie e alle mie figlie.

Se un giorno, spero mai, dovesse accadermi qualcosa potrete tirarla fuori e raccontare una delle pagine più buie della lotta alla mafia di questo Paese.

Grazie. Giuseppe Antoci