Ricatti, mazzette, minacce, pressioni, video di alti prelati: sembra nascondersi una trama alla Dan Brown dietro lo scandalo che scuote il Vaticano. Le indagini, innescate dall’acquisto da parte della Segreteria di Stato della Santa Sede dell’immobile di Sloane Avenue 60, a Londra, avevano portato all’arresto, il 5 giugno scorso, del broker anglo-molisano Gianluigi Torzi, da ieri in libertà provvisoria dopo aver avviato un’ampia collaborazione con gli investigatori dell’Ufficio del promotore di giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi.
Ed è proprio dalle importanti rivelazioni che avrebbe fatto Torzi (difeso dagli avvocati Ambra Giovene e Marco Franco) agli inquirenti che, a quanto apprende l’Adnkronos, emergerebbero alcuni dettagli clamorosi che potrebbero dare nuovo impulso all’azione di pulizia che Papa Francesco sta portando avanti già da tempo con energia Oltretevere.
Nel lungo interrogatorio e anche in una memoria con allegata una corposa documentazione a supporto delle affermazioni del broker (memoria di cui hanno parlato alla stampa sia Franco al Messaggero che Giovene al Corriere della sera) Torzi darebbe una sua versione dei fatti che getterebbe ulteriore luce sugli ulteriori, e clamorosi, sviluppi delle indagini condotte dalla procura vaticana che in parte si erano tradotte nel mandato di cattura emesso nei suoi confronti.
Lo spaccato che verrebbe fuori dalle indagini e dalle nuove rivelazioni è di quelli da brividi: giri di (presunte) tangenti sotto forma di “provvigioni” che coinvolgerebbero persone molto vicine alla Santa Sede ma ai quali il broker non si sarebbe mai voluto prestare, ricavandone prima blandizie (addirittura la promessa di una escort o di opere d’arte o di affari lucrosi, a cui comunque non avrebbe mai ceduto), e poi finanche minacce e ricatti, rispediti anche in questo caso al mittente. E, a suffragare e riscontrare le rivelazioni di Torzi e a rendere il quadro se possibile ancora più complesso, sempre a quanto risulta all’Adnkronos, ci sarebbero decine di chat e di scambi di messaggi e di email con personaggi importanti del Vaticano, e non solo.
Tra l’altro, il broker sarebbe in grado di provare in maniera documentale che i suoi interlocutori nei palazzi vaticani fossero a conoscenza delle famose mille azioni (le uniche con diritto di voto) della Gutt Sa, la società che deteneva l’immobile di Londra, che Torzi si era tenuto (le altre 30mila quote le aveva vendute per un euro ciascuna alla Segreteria di Stato Vaticana) e che, nel mandato di cattura, venivano considerate come lo strumento attraverso il quale avrebbe messo a segno l’estorsione da 15 milioni alla Santa Sede.
Così emergerebbe anche la sussistenza di un accordo verbale con emissari della Santa Sede circa l’affidamento di un remunerativo contratto di gestione del palazzo di Sloane Avenue in cambio della sua attività di intermediazione.
Dalle indagini della procura vaticana si profilerebbe l’ipotesi che sia esistito Oltretevere un vero e proprio “sistema” grazie al quale nel tempo si sarebbero riuscite a incassare “stecche” e provvigioni non dovute, con fiumi di denaro finiti in Svizzera, a Dubai o in America Latina. Ipotesi che necessitano di approfondite verifiche sullo sfondo un clima di ‘ricatti’ incrociati, addirittura con alti prelati ‘sotto schiaffo’ di personaggi senza scrupoli che magari, in alcuni casi arrivando a usare materiale audio-video compromettente, sarebbero riusciti a fare il bello e il cattivo tempo, lucrando in modo spregiudicato sui fondi delle finanze vaticane. Il riferimento a questi presunti video, per l’avvocato Franco non corrisponde a realtà. Contattato dall’Adnkronos il legale di Gianluigi Torzi ha smentito che ne sia stato fatto cenno nell’interrogatorio del suo assistito così come nella memoria consegnata alla magistratura vaticana.
Redazione
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