Una coppia gay vessata da un vicino di casa omofobo e violento ha fatto porre, grazie ad una denuncia, agli arresti domiciliari il loro stalker (uno uomo di 28 anni di Aci Catena, in provincia di Catania) grazie all’inchiesta condotta dalla Procura distrettuale della Repubblica del capoluogo etneo, che ha accusato il soggetto di atti persecutori nei confronti dei due condòmini, ottenendo dal Gip la misura cautelare eseguita dai Carabinieri della Stazione di Aci Catena. Una brutta storia, sia dal punto di vista psicologico che fisico, vergognosa anche, per l’inciviltà messa in atto da un individuo che è ricorso ad uno stalking molto aggressivo, pur di fare sloggiare i due uomini dal condominio. 

Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati per i reati che riguardano la violenza di genere, hanno evidenziato come l’uomo azionato un’interminabile sequela di atti persecutori finalizzati al disturbo dei vicini di casa, una coppia omossessuale di trent’anni circa, degenerati anche in lesioni personali nei confronti di uno di essi.

In particolare, per comprendere meglio le circostanze che hanno originato la vicenda, “è necessario stigmatizzare – scrive la Procura della Repubblica – il comportamento omofobo del reo che, con intento premeditato, ha cercato di indurre i vicini di casa al trasferimento dalla loro casa di proprietà, non ritenendoli ‘meritevoli’ di abitare nello stesso palazzo dove egli risiedeva”.

“Dovete scomparire! Non siete persone adatte a vivere nel condominio … ve ne dovete andare!!!”. Queste le frasi che, secondo i magistrati, venivano proferite nei confronti dei due condòmini. I problemi per la coppia erano già iniziati nel mese di marzo del 2018, aggravandosi nel tempo per violenza e frequenza degli episodi.

Il persecutore infatti, sia di giorno che di notte, si era reso responsabile di atti riprovevoli come il danneggiamento dell’autovettura di uno dei due mediante lo sversamento di candeggina, l’avvelenamento delle piante poste sul balcone, il distacco della corrente elettrica dal contatore posto al piano terra, la musica ad un volume tale da impedire il riposo, lo spostamento continuo del mobilio per provocare rumori molesti.

A nulla erano valse le rimostranze verbali e la formale diffida recapitatagli dall’amministratore del condominio sollecitato dagli stessi residenti ai quali spavaldamente l’uomo, in un’occasione, aveva risposto d’aver fumato (intendeva verosimilmente marijuana) con un amico e di non essersi reso contro del rumore prodotto.

Anche la madre di una delle vittime, che avrebbe dovuto soggiornare nell’appartamento del figlio per qualche giorno, era andata via anzitempo lamentando l’impossibilità di resistere ai soprusi.

L’uomo, inoltre, che in certe occasioni era stato visto con un dispositivo lampeggiante sul tetto della propria autovettura, aveva anche ostentato ai due poveretti un tesserino simile a quello in dotazione alle forze dell’ordine, arrogandosi una fantomatica “autonomia” stante la quale, a suo dire, egli poteva fare quel che voleva.

“Il persistere di tale situazione – scrivono i magistrati – aveva minato anche la resilienza di un componente della coppia, costretto all’assunzione di ansiolitici ed al temporaneo trasferimento nella casa dei genitori per ritrovare la serenità che ormai, da tempo, aveva perso all’interno della propria abitazione”.

Tale comportamento vessatorio privo di logica motivazione, se non quella di arrecare disturbo ai due poveretti per farli cedere psicologicamente, confermato anche da testimoni, ha avuto un picco di gravità il 20 febbraio scorso.

L’indagato infatti, che alcuni giorni prima era stato destinatario di un formale ammonimento del Questore affinché si astenesse da tali comportamenti, aveva atteso la coppia davanti all’ingresso della loro abitazione e dopo averla insultata con frasi omofobe, ha percosso uno dei due con un manganello provocandogli una “infrazione della quinta e della settima costola sinistra, trauma cranico non commotivo ed escoriazioni multiple”, giudicate guaribili in 30 giorni, diagnosticate dai sanitari del pronto soccorso dell’ospedale di Acireale.

L’attività d’indagine compiuta a seguito della denuncia, in sinergia tra Carabinieri e Autorità giudiziaria, ha consentito di consolidare il quadro probatorio a carico dell’indagato e di richiedere la misura cautelare concessa dal Gip del Tribunale di Catania.

Redazione