“Lo Stato italiano ci ha tradito. Siamo stati traditi dal fuoco amico non dall’Egitto”. Lo affermano Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio il ricercatore torturato e ucciso in Egitto nel 2016, nel corso della trasmissione Propaganda Live su La7 in merito alla vendita all’Egitto di due fregate italiane approvata ieri dal Governo.
“Uno non può aspettarsi di lottare contro il proprio Stato per ottenere giustizia. Lo stato italiano ci ha tradito – hanno aggiunto – il 17 luglio del 2017 quando ha rinviato l’ambasciatore al Cairo e adesso vendendo le armi. Un tradimento per tutti gli italiani, per quelli che credono nella giustizia e nella inviolabilità dei diritti. Non possiamo sentirci certo traditi dall’Egitto per tutto quello che hanno fatto a nostro figlio e dopo quattro anni e mezzo di menzogne e depistaggi”, hanno aggiunto durante l’intervista.
“Non intendiamo più farci prendere in giro dall’Egitto: non basterà inviarci quattro cianfrusaglie, indumenti vari e chiacchiere o carta inutile. Basta atti simbolici, il tempo è scaduto”. “Chiediamo all’Egitto – hanno aggiunto i Regeni – una risposta esaustiva a tutti i punti della rogatoria inviata dalla Procura di Roma nell’aprile del 2019, rimasta priva di risposta. La consegna delle cinque persone indagate dalla magistratura italiana, in modo che possano essere processate in Italia: sono tutti ufficiali degli apparati di sicurezza egiziana. Finché non avremmo ottenuto queste due cose ci sentiremmo traditi”.
“Abbiamo visto e vissuto tanta ipocrisia – hanno aggiunto – e la vendita di questa due navi e le armi sono la ciliegina sulla torta. In questi 4 anni e mezzo abbiamo visto tante zone grigie in Egitto e in Italia. Noi abbiamo fiducia nella scorta mediatica, nelle migliaia di persone che ci seguono, nella Procura di Roma, negli investigatori”, hanno aggiunto affermando inoltre di avere “fiducia anche nel presidente della Camera, Roberto Fico, che oggi ci ha chiamati per dirci che sta con noi e per sapere come stiamo”.
La ferita ancora aperta del caso Regeni torna a scuotere la politica, all’indomani della notizia della vendita da parte dell’Italia di due navi all’Egitto. Il via libera all’operazione è arrivato ieri, nel corso del Consiglio dei ministri, ma oggi infuriano le polemiche.
In prima linea il Pd nel chiedere al premier Giuseppe Conte un’iniziativa pubblica in modo da chiarire i dettagli dell’operazione e contestualmente l’impegno ad andare avanti nella ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni. Fonti dem fanno sapere infatti che bisogna separare il caso politico-diplomatico esploso dalla morte del ricercatore, dal dossier “solo commerciale” della vendita di queste navi. Proprio questo chiarimento pubblico è stato chiesto dal Pd, con il capo delegazione Dario Franceschini.
In Consiglio dei ministri Conte – riferiscono le stesse fonti – avrebbe infatti svolto un’informativa sulla vendita delle due fregate e i Dem non si sarebbero opposti, ma il ministro avrebbe fatto mettere agli atti la richiesta di una presa di posizione pubblica per chiedere la verità su Regeni.
Prima del Cdm c’è stata – a quanto viene riferito – una riunione del Pd su questo tema, alla quale hanno preso parte il segretario Nicola Zingaretti, il vicesegretario, i capigruppo e il capo delegazione. Ma tra i Dem non si placa il malessere.
L’ex presidente del partito, Matteo Orfini annuncia su Twitter che lunedì presenterà alla direzione del Pd un ordine del giorno che chiede di interrompere la vendita di forniture militari all’Egitto. “Spero che molti lo sottoscrivano e che venga approvato senza tentennamenti”, prosegue. Apertamente contrari alla vendita anche Liberi e Uguali.
E dubbi ci sono anche tra i Cinque Stelle. Imbarazzi contro i quali si lancia il segretario leghista, Matteo Salvini: “Vedo che il governo litiga pure sulle navi all’Egitto, non so che tipo di trattative e di business sia in corso. Noto che litigano su tutto”, osserva.
Il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, entra invece nel merito, chiedendo “una soluzione di equilibrio”. “Il Governo deve pretendere la verità dall’Egitto sul caso Regeni, ma – aggiunge – non possiamo bloccare la nostra industria di qualità. Dobbiamo tutelare la nostra industria e Fincantieri, continuando comunque a lavorare per scoprire la verità”.
Nella foto: i genitori di Giulio Regeni (immagine Ansa-Luca Zennaro)
Ansa
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