Si definisce “italiana, ma non troppo”. E’ una delle migliaia di persone che spiega “dal di dentro”, senza giri di parole e con grande semplicità, cosa vuol dire perdere un lavoro dopo i quarant’anni, con l’onere di accudire la madre anziana ed affrontare la vita in un Paese dove se ti licenziano dopo i quarant’anni sei out, fuori, senza grandi possibilità di ricominciare, con l’aggravante che non puoiu percepire neanche il reddito di cittadinanza. La lettera che Lucia Giuffrida ci invia (e che ci autorizza a pubblicare) è un distillato di crudezza e di coraggio, una lettera che in una Nazione civile non può passare inosservata. Solo una cosa ci permettiamo di dire a lei e alle tante persone che sono nella sua situazione. Non il solito e vuoto appello alla speranza, ma l’invito a non demordere, a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, a coltivare sempre l’ottimismo della volontà e a scacciare i fantasmi del pessimismo Questa la sua lettera (l.m.).       

“Nella mia vita ho preferito sempre fare le cose onestamente, certa che, come mi insegnò mio padre, l’onestà porta sempre i suoi buoni frutti. Insegnamento che purtroppo, oggi, non trova spazio in un paese dove se vuoi campare devi essere un bugiardo e un disonesto. Cerco di essere breve, e ti racconto ciò che ho vissuto e che vivo amaramente sulla mia pelle.

Sono una cittadina italiana ma non troppo dal 2017, quando dopo tanti anni di lavoro (14 per l’esattezza), svolto con le spalle piegate e la testa sempre alta, trovo nella buca della posta una lettera di licenziamento. Licenziamento senza preavviso ed immediato.

In pochi secondi mi ritrovo con il culo per terra e davanti a me vedo frantumarsi anni di sacrifici. Sono una di quei tanti cittadini italiani ma non troppo, che per non perdere il lavoro (perché quello c’è e te lo devi tenere stretto) restituiva tutti i mesi più della metà dello stipendio ai titolari, stipendio che veniva regolarmente accreditato sul mio conto corrente, che ha rinunciato alle ferie, ai permessi, ai diritti, a tutto, perché il lavoro è quello, altrimenti vai a casa.

Ti giuro, come ho giurato davanti ad un aula di tribunale qualche anno fa, che oggi denuncerei me stessa. Sì oggi, solo ora ho capito che la dignità umana non può trovare compromessi di nessun genere, e che i soprusi non bisogna subirli ma denunciarli.

Dopo 14 anni di sacrifici e tanta speranza, vengo licenziata perché assisto mia mamma, con regolare congedo parentale approvato dall’Inps, di cui posso usufruire (come se fosse un premio), in quanto la mamma ha una invalidità irreversibile al 100% causata dall’alzheimer e da tante altre patologie che negli anni l’hanno resa sempre più debole. Tu dirai… com’è possibile? In realtà non dovrebbe esserlo, ma in Italia lo è!!!!

Sono passati tre anni da quel famoso febbraio 2017, non mi sono mai persa d’animo perché per natura sono una donna combattiva, e nella vita mi sono sempre data da fare onestamente. Non avevo messo in conto però che alla mia età (oggi 47), trovare un nuovo impiego non è facile, ma nella mia situazione ancor di più, e sai perché? Perché secondo lo Stato Italiano, io, adulta, quarantasettenne, dovrei economicamente vivere sulle spalle di mia mamma, sulle spalle di una mamma anziana di 85 anni, di cui mi sono sempre presa cura.

Una donna che, “grazie” alla sua invalidità, percepisce una piccola somma di accompagnamento. Una piccola quota che la mamma dovrebbe investire per se stessa, perché ha bisogno di un aiuto costante. E una badante a tempo pieno, con quella misera cifra, la mamma non se la può permettere. Ed IO?

Io siccome vivo con la mamma, sotto lo stesso tetto, non ho il diritto di poter avere ancora dei sogni e dei progetti da portare avanti (con quali soldi?). Ma davvero lo Stato pensa che si possano costruire sogni sulle spalle della gente che soffre? Luciano, te lo dico con il cuore in mano.. E’ UMILIANTE!!!!!!!

A me donna, cittadina italiana ma non troppo, non tocca nessun aiuto, niente che possa farti rimettere in gioco. Vivo con la mamma per scelta, nella casa che mio padre ha costruito con i suoi sacrifici, pensando a noi. Vivo con lei non per comodità, perché credimi che di comodo non c’è niente… solo il conforto della MAMMA.

Non ho la possibilità di gestire il mio tempo, sono come una che vive agli arresti domiciliari, ogni mio spostamento equivale ad un’uscita di denaro, perché la mamma, poverina, da sola non può stare.

In questi ultimi anni ho investito con tanta fatica in un nuovo lavoro, ma non ho potuto farlo per come avrei dovuto. I corsi costano, la macchina, la benzina, ed anche il tempo che sto fuori ha un costo.

Mi sento bloccata, inerme!!!  Perché se avessi fatto carte false (come tanti), oggi sarei stata una cittadina italiana che percepisce il reddito di cittadinanza (che per alcuni è cosa di poco conto, ma per me sarebbe stato un aiuto concreto), il bonus di 600€ e i buoni pasto del Comune.

Io vado avanti con tanti pesi sulle spalle, la testa alta e gli occhi fieri. Mi auguro solo maggiore sensibilità da parte dello Stato verso i suoi cittadini.  Solo questo”.

Lucia Giuffrida