“Sono già trascorsi oltre due anni da quando l’ex Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana (Cri) è stato posto in liquidazione a seguito del processo di privatizzazione, che ha coinvolto circa 3 mila dipendenti, trasferiti presso altre amministrazioni dello Stato per effetto della mobilità. Eppure i lavoratori già andati in pensione non hanno ancora ricevuto la liquidazione del TFR, con tutti i disagi che ne conseguono”.
A denunciarlo tramite un comunicato stampa è la Uil Pubblica Amministrazione Sicilia che, attraverso il segretario generale Alfonso Farruggia, “sollecita la predisposizione dei fondi a beneficio degli ex dipendenti della CRI nel territorio regionale, circa duecento, tra i quali figurano alcune unità già in quiescenza o in procinto di andare in pensione”.
“La mancata erogazione, ad oggi, del Trattamento di Fine Rapporto, coinvolge in Italia circa 3 mila soggetti, tutti messi in mobilità in diverse fasi e transitati presso altri Ministeri”, dice la nota.
“Quando l’INPS ha ricevuto la richiesta di pagamento – specifica il segretario Farruggia – ha precisato che avrebbe corrisposto solo la parte di liquidazione di competenza per la propria gestione, ovvero quella relativa al periodo di lavoro iniziato a partire dal 2018, poiché il patrimonio offerto dalla Croce Rossa in garanzia prima di quell’anno presentava difficoltà in termini di smobilizzo e la vendita realizzata aveva fruttato soltanto 15 milioni di euro circa”.
“Complessivamente – precisa – l’intera somma da versare all’Istituto per sanare la vicenda, ammonta a circa 92 milioni di euro”.
“Nel 2018 – recita il comunicato – , il Ministero economia e finanze aveva cercato di individuare una soluzione inserendo, nel decreto fiscale, un emendamento per stanziare a favore dell’Ente Croce Rossa 84 milioni: nessun esito positivo per i lavoratori, malgrado i tentativi compiuti e l’intervento delle organizzazioni sindacali di categoria. Nello specifico, le sigle chiesero il ripristino dell’emendamento, configurandolo come soluzione tecnica”.
“Si tratta – rincara la dose Giuseppe Manno, ex dipendente della CRI di Palermo, attuale segretario della UILPA Giustizia, settore dove è transitato nel 2016 – di risorse dei contribuenti, delle quali, di fatto, lo Stato deve essere garante: i lavoratori hanno il diritto di sapere che fine abbiano fatto i loro soldi”.
“Una necessità – prosegue il comunicato – che anche la politica, a livello nazionale, ha condiviso, come testimoniano i ripetuti interventi da parte di esponenti di tutti i partiti: per citarne soltanto alcuni, Stefano Fassina di Liberi e Uguali ed Elena Carnevali del Partito Democratico”.
“La situazione – prosegue l’esponente della Uil – si è protratta sino a oggi: in assenza di possibili spiragli, l’unica opzione è il ricorso ad azioni legali”.
“I sindacati – spiega Farruggia – hanno esperito tutti i possibili tentativi per giungere alla soluzione del problema, a partire dalla richiesta di indire una Conferenza di servizi fra Ministero del Lavoro, Ministero delle Finanze e INPS, oltre a sollecitare la predisposizione di un piano di ammortamento molto dilazionato, poiché i tempi di pagamento delle spettanze sono estremamente lunghi: da 1 a 6 anni dopo il pensionamento, per l’esattezza”.
Da qui, la necessità evidenziata dalla UILPA di recuperare risorse dal bilancio , per scongiurare il rischio di trasformare il trattamento di fine rapporto in “un’opzione discrezionale”.
“La UILPA Sicilia – conclude Farruggia – è a fianco dei lavoratori e dei pensionati che intendano intraprendere azioni legali per ottenere quanto loro dovuto: il sindacato mette a disposizione, a tal fine, la propria struttura e i propri mezzi”.
Redazione
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