La vigilia di Pasqua non sembra iniziare nel migliore dei modi a Malta a causa del Covid-19. Come di consueto, la Sovrintendente alla Salute pubblica, la dott.ssa Charmaine Gauci, ha tenuto la sua conferenza stampa, annunciando 14 nuovi casi di contagio – su 555 tamponi effettuati nelle ultime 24 ore – che portano a 241 il totale del numero di persone positive, tra Malta e la piccola isola di Gozo. La dott.ssa Gauci ha invitato a focalizzare l’attenzione anche su eventuali problemi gastro-intestinali, identificati come possibili nuovi sintomi da Covid-19, già riscontrati in alcuni pazienti positivi.
La maggior parte dei casi di Covid-19 a Malta –145 uomini e 96 donne, in una fascia d’età compresa tra i 12 e i 90 anni – pare che sia in discrete condizioni di salute (almeno stando alle fonti ufficiali) e non sembra che al momento destino preoccupazioni. Tre persone sono tutt’ora ricoverate al reparto di terapia intensiva dell’ospedale Mater Dei, struttura che, secondo le dichiarazioni del Ministro alla Salute, Fearne, ha aumentato i posti letto disponibili, con l’arrivo di altri 5 ventilatori polmonari.
I restanti contagiati sono ricoverati presso il reparto di malattie infettive dello stesso ospedale e presso altre piccole strutture sanitarie dell’Isola, adibite per fronteggiare l’emergenza.
E nonostante la nota positiva in merito alla notizia di 5 pazienti dichiarati guariti – benché ancora in quarantena cautelativa presso la propria abitazione – è di sabato 4 aprile la dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria a Malta, a causa del numero di contagiati a “trasmissione locale” che non accenna ad arrestarsi.
Resta altissima la tensione di quei cittadini per i quali non è previsto il sistema di “lavoro da casa”, costretti quindi a recarsi presso i loro posti di lavoro – spazi spesso piccoli che non consentono di mantenere le dovute distanze di sicurezza – dove spesso non vengono fatti adeguati controlli.
Medesima preoccupazione per i piccoli negozi di alimentari, dove non si riesce adeguatamente a seguire le norme di sicurezza, in quanto poco spaziosi e soprattutto non attrezzati di guanti e disinfettante per le mani (che invece si trovano presso le catene di supermercati) .
Nota dolente per il centro d’accoglienza dei migranti – sito nella cittadina di Halfar, a sud dell’isola – dove sono stati scoperti ben 8 casi positivi da CoronaVirus. Molte le preoccupazioni in merito alla crescita di contagi, proprio a causa delle condizioni in cui versa lo stesso centro – con poco spazio ed aree condivise – e alle abitudini ed allo stile di vita dei suoi ospiti.
Proprio oggi cade il primo mese da quando il primo caso di COVID-19 a Malta. Da allora le vite dei suoi abitanti si sono trasformate, seguendo una routine quasi surreale : tutto quello che è rimasto da chiedersi è se si stia vivendo un brutto sogno nel quale è scomparsa la bellezza perfino delle piccole cose come star seduti a sorbire un caffè o semplicemente rientrare in casa stanchi dalle attività quotidiane.
Questa strana realtà ha rapidamente creato una linea di demarcazione fra le persone: da un lato coloro che si sono adattate obbedendo alle direttive e cercando di mantenere una parvenza di normalità; dall’altro quelli che non vogliono saperne do direttive, che non seguono le notizie e vanno in giro come prima, generando la rabbia di coloro che stanno a casa.
Sembra si sia trovato un modo come un altro per cercare disperatamente di sopravvivere ad una crisi senza precedenti, dove ogni giorno qualcuno perde il proprio posto di lavoro, o si ritrova solo – straniero – in un Paese che non è suo, e che ora più che mai non sente di chiamarlo “casa”.
Per cui, se è vero che molte cittadine (come la capitale Valletta che vive di turismo, con uffici chiusi e con le più disparate attività ricreative ferme da ben 4 settimane) sembrano lo spot di vecchie città abbandonate, bisognerebbe porre maggiore attenzione verso i paesi più piccoli, dove gli abitanti cercano di “evadere”, riunendosi tra loro, in particolar modo durante quelli che sembrano interminabili fine settimana.
Per frenare tale fenomeno, molti sindaci si sono attivati, limitando lo spazio di possibili luoghi d’incontro – un chiaro esempio è avvenuto presso la cittadina di Mosta, nell’entroterra di Malta, dove il primo cittadino ha dato disposizioni di sigillare le panchine della piazza del Duomo, luogo di ritrovo degli autoctoni – , ma ci si chiede se queste misure siano realmente sufficienti per frenare l’impazienza della gente, in vista anche delle belle giornate e delle imminenti festività.
L’impressione che si ha è di percorrere un tunnel senza poterne vedere la fine, eppure occorrerebbe cambiare mentalità, imparare, allo stato delle cose, a convivere con il virus e a rispettare delle semplici regole che possono determinare l’incolumità di una popolazione.
Valentina Contavalle
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