Il Consiglio di Stato (prima sezione), su richiesta di parere del ministero dell’Interno, dispone  “l’annullamento straordinario”  dell’ordinanza (n. 105 del 5 aprile 2020) del sindaco di Messina, Cateno De Luca, con la quale il primo cittadino aveva  disposto ‘l’obbligo per ‘chiunque intende fare ingresso in Sicilia (o ‘fuoriuscire dalla Sicilia’) attraverso il Porto di Messina (Rada San Francesco, Porto Storico), sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto’ di registrarsi, almeno 48 ore prima dell’orario previsto di partenza, ‘nel sistema di registrazione on-line ww.sipassaacondizione.comune.messina.it, disponibile sul web e sulla pagina istituzionale del Comune di Messina’, fornendo una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento, e di ‘Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina, e per esso della Polizia Municipale alla quale è demandata l’attuazione e la vigilanza sulla esecuzione della presente Ordinanza, del Nulla Osta allo spostamento’. L’ordinanza esclude dal suo ambito di applicazione ‘i mezzi di soccorso e [al]le Forze dell’Ordine e di Polizia che viaggiano per motivi di servizio’ e prevede poi un regime semplificato per i passeggeri viaggiatori c.d. ‘pendolari dello Stretto’ (per i quali la prenotazione on-line verrà eseguita solo la prima volta senza bisogno di ripetere la procedura giornalmente)”.

Al parere del Consiglio di Stato seguirà adesso una deliberazione del Consiglio dei Ministri che dovrà essere recepita con decreto del Presidente della Repubblica.

L’ordinanza – secondo quanto disposto dal sindaco – sarebbe entrata in vigore all’1 di oggi, con “efficacia fino al prossimo 13 aprile”, e sarebbe stata prorogabile “qualora dovessero ancora sussistere i caratteri di contingibilità ed urgenza che l’hanno determinata”.

Ebbene: il Consiglio di Stato dice di annullare l’ordinanza, fra le altre cose, perché “in presenza di emergenze di carattere nazionale, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”.

Il Ministero dell’interno, dal canto suo – si legge nel provvedimento – “premessa un’ampia ricostruzione del quadro normativo emergenziale vigente conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, ha rilevato che ‘a seguito dell’emanazione del D.L. n. 19/2020 viene puntualmente delineato il regime delle competenze, accentrando – stante la gravità e dimensione nazionale dell’emergenza – a livello statale il potere di regolamentare gli interventi e le misure di contenimento, in special modo per quanto riguarda le le prescrizioni che incidono su diritti anche di rango costituzionale, in relazione alle quali l’ordinamento ha, quindi, stabilito una clausola di salvaguardia generale a tutela dell’unità dell’ordinamento della Repubblica . . . finalizzata a contemperare l’esigenza di assicurare, alle Regioni e ai Comuni, adeguati ambiti funzionali volti a consentire mirati interventi sui territori di competenza, rispetto all’evolversi localmente del rischio epidemiologico, con l’esigenza di salvaguardare il ruolo dello Stato di garante dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’articolo 117, comma 2, lett. m) della Costituzione”.

“In tale contesto – ha osservato il Ministero – , sarebbe ammessa per i Comuni ‘esclusivamente la possibilità di intervenire con ordinanze all’interno e conformemente alla cornice delineata dai provvedimenti statali ovvero da quelli regionali, questi ultimi nei limiti specificati dalla disposizione di legge richiamata”.

“Il Ministero ha altresì evidenziato – si sottolinea – che ‘tale clausola di salvaguardia era stata già introdotta dall’articolo 35 del decreto-legge n. 9 del 2 marzo 2020, il quale aveva espressamente disposto che «..a seguito dell’adozione delle misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 non possono essere adottate e, ove adottate sono inefficaci, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali»”, ragion per cui ‘compete al Governo centrale un ruolo di vigilanza affinché le misure a tutela della salute adottate dagli enti territoriali non limitino arbitrariamente i diritti fondamentali dei cittadini, tra cui la libertà di movimento la quale, come noto, è tutelata dall’articolo 16 della Costituzione in base a una riserva di legge di natura rinforzata”.

Non solo. “In tale contesto normativo – seguita il Consiglio di Stato – , rileva il Ministero, l’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020 presenterebbe molteplici profili di illegittimità e, ‘oltre a esorbitare dal potere provvedimentale attribuito al sindaco dall’art. 50 del TUOEL e a denunciare un evidente contrasto con le misure emergenziali statali’ finirebbe per ledere ‘diritti costituzionalmente sanciti’ invadendo ‘per diversi aspetti, settori che la Costituzione assegna alla potestà legislativa statale esclusiva’ (tra i quali il Ministero evidenzia gli artt. 3, 117, e 118 della Costituzione, nonché la disciplina di derivazione comunitaria in materia di protezione di dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e le materie statali dell’ordine e della sicurezza pubblica e della profilassi internazionale, di cui all’art. 117, secondo comma lett. q), della Costituzione)”.

“Conclude pertanto il Ministero – si legge – che l’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020 sia lesiva dell’unità dell’ordinamento e invasiva di settori attribuiti alla potestà legislativa statale”.

E ancora: “Analogamente la Presidenza del Consiglio dei ministri, nella nota di trasmissione n. prot. 4082 del 7 aprile 2020, nel condividere la richiesta di parere del Ministro dell’Interno, ha evidenziato come l’ordinanza sindacale di Messina 5 aprile 2020, n. 105 appaia fra l’altro affetta da un quantomeno triplice profilo di violazione” di una serie di articoli del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, chiarendo che la sua conseguente inefficacia, chiaramente statuita per legge”.

“La giurisprudenza – si legge nella disposizione del Consiglio di Stato – di annullamento è pacifica nell’ammettere la perdurante vigenza, con riguardo agli enti locali, delle norme ora richiamate… Tale orientamento merita in questa sede di essere senz’altro confermato, con l’ulteriore considerazione che la perdurante attualità e rilevanza di tale istituto, in un quadro di razionale equilibrio tra i poteri dello Stato e tra questi e le autonomie territoriali, è resa particolarmente evidente a fronte di fenomeni di dimensione globale quali l’attuale emergenza sanitaria da pandemia che affligge il Paese, dinanzi ai quali l’unitarietà dell’ordinamento giuridico, pur nel pluralismo autonomistico che caratterizza la Repubblica, costituisce la precondizione dell’ordine e della razionalità del sistema, in relazione ai fondamentali principi di solidarietà e di uguaglianza, formale e sostanziale, che ne rappresentano le basi fondative generali”.

“Nell’atto di cui trattasi – è scritto – convivono, dunque, elementi propri dell’ordinario controllo di legittimità insieme ad elementi di straordinarietà della misura che, per essere preordinata primariamente a tutela dell’unità dell’ordinamento e per essere rimessa alla decisione dei vertici istituzionali dello Stato (delibera del Consiglio dei ministri) e alla emanazione del Capo dello Stato, che rappresenta l’unità della Repubblica in tutte le sue articolazioni e manifestazioni istituzionali, si pone su un piano di alta amministrazione e richiede, per il suo esercizio, che gli elementi di illegittimità che viziano l’atto assumano una connotazione e una rilevanza tali costituire una lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale”.

E ancora: È autoevidente, senza che occorra al riguardo aggiungere particolari motivazioni, che è del tutto inconfigurabile, nel vigente ordinamento giuridico, un potere del Sindaco di un Comune di dettare norme che possano trovare applicazione ed avere efficacia obbligante al di fuori del perimetro della propria circoscrizione territoriale…”, anche perché “sotto tale profilo la previsione in esame si pone in contrasto con l’art. 23 della Costituzione”.

“Ma soprattutto l’ordinanza in questione, nella parte in cui introduce, senza alcuna base di legge, un potere comunale di previa autorizzazione all’ingresso e al transito sul territorio comunale (obbligo di “Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina, e per esso della Polizia Municipale . . . del Nulla Osta allo spostamento”), si pone in contrasto diretto ed evidente con la libertà personale e la libertà di circolazione previste dalla Parte I, Titolo I (Rapporti civili) della Costituzione, artt. 13 e 16”.

Per tutte queste ragioni (e per diverse altre che per ovvie ragioni non abbiamo elencato) “è parere della Sezione che sussistano nella fattispecie i presupposti perché si provveda all’annullamento straordinario dell’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020”.

Nella foto: il sindaco di Messina, Cateno De Luca

Redazione