Neanche il tempo di riprendersi dalle fatiche sportive, che Messina torna subito alla ribalta per la notizia, riportata dalla stampa nazionale e locale, dei funerali di Rosario Sparacio, fratello del boss Luigi, diventato in seguito collaboratore di giustizia.

Tristi esequie che, sempre secondo la stampa, si sarebbero svolte nel pomeriggio di sabato, con la viva e commossa partecipazione di un centinaio di persone. Ma come, si chiederanno in molti, i funerali non erano proibiti? Non erano forse state emesse focose ordinanze, inappellabili diktat, severi verboten e inflessibili ukase? Dov’erano gli sbarramenti, i reticolati, i cavalli di Frisia, le truppe cammellate bivaccanti a ogni crocicchio? Possibile che, mentre il lento e mesto corteo si snodava lungo il centro cittadino, fino a raggiungere il Cimitero Monumentale, non ci fosse nemmeno un Milite Ignoto, un Grande Puffo, un cosacco in grado di notare il composto, ma inequivocabile assembramento?

Che ne è stato del mitico drone fescennino, che avrebbe dovuto ingiuriare, mercé la viva voce del primo cittadino, i malcapitati trasgressori con stile elegante e forbito? E di tutti gli zelanti delatori, usi a segnalare con spietata efficienza ogni movimento dei vicini?

Una vicenda che, nella provincia con la più alta incidenza regionale di contagiati rispetto alla popolazione, se fosse vera, avrebbe dell’incredibile.
Perciò andiamoci piano, prima di emettere sentenze.

Si dice un centinaio, per poi scoprire che erano tutt’al più trenta e non trotterellanti dal Trentino, ma in immobile e ordinata schiera, come previsto da ogni tipo di norma presente, futura e futuribile. O forse nemmeno quelli. Magari non c’era neppure il morto ed è solo un’altra delle tante, grottesche fake news. Dev’essere senz’altro così.

Alessio Pracanica