Non c’è da cantare vittoria, ma la situazione del Covid-19, in Sicilia, si avvia verso una lenta e graduale normalizzazione. I contagi registrati oggi sono appena 10 in più di ieri, con 6 deceduti (totale 181), 18 guariti (totale 237), su un numero complessivo di 2.081 persone risultate positive. Questo quanto comunicato dalla Regione Siciliana all’Unità di crisi nazionale.

No, non c’è da cantare vittoria, poiché si tratta di un virus infido che colpisce imprevedibilmente, sicché giriamo ai lettori gli appelli di restare a casa lanciato dalle autorità competenti.   

E però consentiteci di incrociare questi dati con gli ultimi studi effettuati da alcuni autorevoli scienziati per potere dire che è arrivato il momento – proprio in una transizione come questa – per gettare le basi su un modello di sviluppo nuovo, sostenibile e moderno che riguarda la Sicilia e il Meridione d’Italia.

Secondo questa recentissima ricerca, sarebbe stato accertato che il coronavirus non ha attecchito nelle regioni meridionali, come è successo al nord, per una serie di fattori, a cominciare dalla scarsa presenza di polveri sottili emesse dalle industrie, condizione che, viceversa, avrebbe favorito l’espansione del virus nelle regioni più industrializzate d’Italia. 

Forse si tratta di uno studio in fase iniziale, o magari di uno studio che necessita di ulteriori approfondimenti, fatto sta che questa ricerca apre prospettive straordinarie per quelle regioni italiane ritenute sottosviluppate dal punto di vista economico.      

Fra i tanti messaggi che stiamo percependo da una tragedia come quella causata dal coronavirus, questo è uno dei più interessanti perché ci porta ad andare oltre la pandemia, oltre la quarantena, oltre il presente.

E ci proietta nel futuro. La politica è chiamata sì ad affrontare l’emergenza, ma deve attivarsi ad affrontare il futuro attraverso i dati che gli esperti ci forniscono. Al Nord è assolutamente necessario avviare le condizioni per eliminare quel capitalismo selvaggio che porta a quello “sviluppo senza progresso” (di cui oltre mezzo secolo fa parlava Pasolini), che a sua volta porta malattie e morte. Occorre adeguare le industrie con nuove infrastrutture che evitino l’inquinamento dell’aria, dei fiumi e dei mari. Solo così possiamo evitare le tragedie future che gli epidemiologi prevedono già da oggi.   

Al Sud la situazione – pur presentando, a macchia di leopardo, circostanze simili alle regioni del Nord (pensiamo ai poli petrolchimici e ai centri siderurgici) – non appare così compromessa dal punto di vista ambientale. E’ indispensabile approntare un piano di sviluppo durante la transizione, in modo da ripartire quando l’emergenza sarà finita. 

Un piano di sviluppo che bandisca il cemento selvaggio e che valorizzi il turismo e l’ambiente, la biodiversità e le tipicità, le tradizioni e la cultura, le intelligenze e le potenzialità, la scuola e l’università. 

Non si scopre nulla di nuovo, ma se è vero che dalle grandi tragedie sono nati i rinascimenti, è anche vero che questa è l’occasione giusta per ripartire.

Nella foto: la spiaggia di San Vito lo Capo (Trapani)

Luciano Mirone